domenica 30 giugno 2013

I "grandi vecchi" se ne stanno andando.

Se n'è andata Margherita Hack, si prepara ad andarsene Nelson Mandela... Ricordo un'intervista fatta alla Hack, già anziana, quel suo raccontarsi con grande sincerità e pacatezza. Non deve essere stato facile per una ragazzzina cresciuta all'ombra della retorica fascista  -  il padre licenziato perché non iscritto al Fascio, la madre costretta a farsi carico del mantenimento della famiglia  - fare, in quegli anni, le scelte che lei fece. Parlò, in quella intervista, della sua insegnante di Scienze, suicidatasi in carcere, dopo essere stata allontanata, in quanto ebrea, dalla scuola che lei frequentava; raccontò quelle lezioni all'Università in piena guerra, la tesi fatta sotto le bombe... Ne uscì il ritratto di una bambina molto sola ma anche estremamente decisa e indipendente che non avrebbe fatto figli -  in un mondo di  donne unicamente "fattrici" - ma sarebbe diventata una scienziata e un'antifascista. Non ci sono ragazzini o ragazzine che non abbiano sognato di fare i pompieri, gli astronauti, le esploratrici, scrittrici, attrici, ma la Hack e Mandela hanno saputo trasformare i sogni in progetti riuscendo a realizzarli. La Hack decise che avrebbe studiato le stelle, quelle misteriose stelle dalle quali noi proveniamo, per carpirne i segreti e far  fare al mondo un altro passo avanti sulla strada della conoscenza. E a quel sogno la Hack ha dedicato la vita.
Anche Nelson Mandela aveva in testa - e nel cuore - un sogno: un Sudafrica libero dal razzismo, una terra abitata da bianchi e neri capaci di convivere inseme, in pace e da eguali. Come i gettoni bianchi e neri nel gioco della Dama. A quel sogno, diventato progetto e poi progetto realizzato, Mandela, anche lui, ha dedicato la vita. 
Ho visto parecchie interviste fatte a Mandela: anche lui sorrideva sempre, parlava con grande pacatezza e non sembrava provare rancore. Forse perché il rancore motiva la vendetta e non la giustizia.
"Persone" come queste danno l'impressione di avere fatto solo la scelta normale, giusta, quella che chiunque avrebbe potuto e dovuto fare. La loro vita è una freccia che, scoccata da un arco, va dritta al bersaglio, quel bersaglio che, una volta individuato, non può, né potrebbe più essere cambiato. Confessano gli errori commessi con umiltà, la stessa con cui raccontano i loro successi. Guardano l'interlocutore in faccia, non abbassano lo sguardo, quello sguardo che mostra una punta d'innocenza quasi infantile, un grande amore per la vita e un'intelligenza non solo del cervello ma anche del cuore.
Hanno vissuto come normalità la loro eccezionalità, meravigliandosi - loro! - del nostro stupore.. Senza la loro presenza ci sentiremo un po' più soli...