giovedì 9 aprile 2009

Noi siamo il futuro

Ieri sera da Santoro sfilano di nuovo le immagini devastanti del terremoto, si accendono le polemiche e gli schieramenti contrapposti si delineano con chiarezza, mentre le magagne stantie di un Paese che non cambia, l'intreccio melmoso di politica e mafia, il volto bieco del potere che esibisce pietismo perché non ha anima per esprimere pietà, occupano la scena. Poi in quel dejà vu arcinoto irrompe un soffio di freschezza: due ragazzi sono davanti a un microfono nel luogo dell'orrore: poche parole di lui, un po' impacciato di fronte alle telecamere, poi, il microfono passa a lei. Sicura, dice, ripete, ribadisce decisa quel suo "Noi siamo il futuro, il vostro futuro e ci dovete tutelare, ci dovete permettere di averlo, di viverlo questo futuro.."
Scatta, sentito, l'applauso. Intuisco che soltanto dalla loro forza vitalistica scaturirà il cambiamento e che, se un futuro non glielo concederemo, giustamente se lo prenderanno perché è loro di diritto, per legge di natura. E mi rinasce dentro la speranza mentre quel volto, serio e deciso di ragazzina diventata donna in una notte di terrore, mi riconcilia con la vita.

terremoto show

Lo schermo inquadra il presidente del Consiglio, vestito di nero. In segno di lutto? Senza cravatta, con un maglione girocollo come chi, scaraventato giù dal letto, si fosse infilato il primo indumento capitatogli tra le mani. Nei giorni successivi l'abbigliamento sarà lo stesso. Chi vuole può pensare che sia in piedi da tre giorni con addosso gli stessi abiti. Ha in testa un casco. E' l'immagine dell'efficienza, non disgiunta dalla competenza. Non dimentichiamoci che a lui si devono le repliche in serie (anche se in formato ridotto) di Milano: Uno, Due ecc. Franceschini, invece, se ne va solo, soletto a fare un giro tra le rovine. Non vuole disturbare nessuno, né tanto meno pubblicizzare e sfruttare per altri fini questa sua passeggiata, della quale, tanto per fare due chiacchiere con gli amici al bar, ci dà subito comunicazione e attraverso un canale, quello televisivo, che viene usato solo, come sappiamo, per confidenze susurrate.
Le polemiche, in questo momento, sarebbero di cattivo gusto, nonché decisamente inopportune.
Chiedersi il perché di tanti, troppi morti per una scossa di terremoto che in altri paesi, che presentano gli stessi rischi sismici, avrebbe causato qualche danno e pochissime vittime, è fare polemiche. E quando ce le dovremmo porre queste domande? Quando incrociamo l'argomento sulla Settimana Enigmistica?
Questo "perché?" balbettato, susurrato o urlato, l'abbiamo letto sulle labbra dei genitori che aspettavano, davanti alle macerie, che li venissero restituiti se non i figli, almeno i loro corpi. Si leva da tutto il Paese una domanda, una richiesta di spiegazioni, di chiarezza. Rispondere che non è il momento equivale a non rispondere perché, se non è questo, in cui la gente ha perso parenti, casa, ogni sicurezza, qual è?
Importante sembra essere cavalcare la tigre, aumentare la propria popolarità, studiare l'effetto scenico nei minimi particolari. Devo dirlo: ci troviamo di fronte a grandi attori e a uno spettacolo a effetto; c'è un solo problema: i morti, come la disperazione e l'orrore, non sono comparse, sono veri.