lunedì 25 febbraio 2013

Santi, navigatori, poeti e... buffoni

Il Paese vuole sogni? Vuole onestà e competenza? No, vuole bugie e... buffoni. Fino a ieri ne avevamo uno, oggi ne abbiamo due: Berlusconi e Grillo. Siamo all'apoteosi della politica show.
Si spengano le luci e lo spettacolo, quello vero, cominci! Pulcinella rida e sogni.
Santi, navigatori poeti e... buffoni.
E quelli, e non sono pochi, che sono diversi?

Voto e "vuoto".

Certezze politiche poche, pochissime, e - questo è uno dei miei problemi - soltanto su ciò che non voglio.
Non voglio Berlusconi e nemmeno Marchionne. A spasso Maroni, Formigoni, Monti, Fini, Penati e la Polverini. Ah, dimenticavo: Bersani e Casini. Soltanto questi? No, la lista è ben più lunga, ma la mia memoria sui nomi s'impappina...
Può una manciata di uomini provocare tanti danni? No, quegli uomini avevano un seguito, una buona parte del Paese dietro! Quegli stessi uomini fecero emanare leggi da loro stessi definite "una porcata", ma furono comunque scelti dal popolo, dal pueblo. Per ottusaggine? Anche, ma non solo. Ricordo bene i miei alunni milanesi e il plauso generalizzato con cui accolsero la comparsa sula scena politica di Berlusconi e Bossi, e ricordo anche i miei (inutili) sforzi per farli ragionare.
 Poi, accantonata l'etica in soffitta, dilagò la nuova morale, sempre più scarna di valori, sempre più striminzita, fino al momento in cui prevalse su tutto quel grido di guerra, quasi un imperativo categorico, quel "fare soldi, tanti e subito" che avrebbe portato non soltanto alla supremazia del mercato, all'economia di carta, al predominio della finanza, ma anche (dietro pagameto di mazzette ai politici) a quella spregiudicata gestione degli affari che ora ben conosciamo.
La crisi non è una creazione divina, è umana, umanissima conseguenza di umane, umanissime scelte. Sbagliate
E allora? E allora dobbiamo fare altre scelte ripartendo non dalla politica, ma dall'etica. Il recupero dell'etica sarà lento e difficile, impegnerà la scuola, la famiglia, la chiesa. Sì, anche la chiesa ha le sue (gravi) responsabilità...
Ma l'onestà è sufficiente o è solo condizione necessaria che debba coniugarsi anche con la competenza?
Ho davanti agli occhi tante (troppe) liste civiche, troppi partiti e partituncoli, troppi nomi. Scelti soprattutto dalle segreterie dei partiti. Il pueblo (a eccezione delle primarie del Pd) non ha messo beccco. Non basta essere giovani per essere onesti e competenti. E, men che meno, essere donne. E nemmeno non avere avuto nulla a che fare con la politica...
Dalla breve analisi che ho tentato di fare s'intuisce l'estrema difficoltà e pericolosità di questo voto che siamo chiamati a dare. In economia si direbbe che è carente l'offerta rispetto alla domanda. Ma stiamo parlando di politica...
Il pueblo inferocito, ha bisogno di una politica nuova, capace di coniugare onestà e competenza. Un po' di passione, in aggiunta, non guasterebbe.
C'è in queste lunghe liste di nomi, in questa abbondanza di simboli (i programmi, come le promesse elettorali si assomigliano tutti) qualcuno onesto, competente, capace di fare, quindi, ma anche e ancora di sognare? 

giovedì 21 febbraio 2013

Farfalle di brina

La donna che sarei potuta essere
e non fui
mi guarda
si china:
raccoglie neri sogni spezzati
Intorno
Di chiaro?
Soltanto la neve
che danza
e bianche farfalle di brina

giovedì 7 febbraio 2013

BUON COMPLEANNO  A  JACOPO!!

mercoledì 6 febbraio 2013

Lettera a una dottoressa (numero due)

Buongiorno dottoressa, 

          come sta? Come ha passato le feste? Chisà perché - come accade agli studenti quando tentano di "vedere" i loro insegnanti  immersi in quella che potremmo chiamare ordinaria quotidianità - anche per noi pazienti è difficile immaginare voi, i nostri medici, alle prese con una cena bruciata, un noioso qualunque week-end, un innamoramento o un mal di pancia. Eh sì, dottoressa, non ha scelto una professione facile, Lei poi,  in particolare, non paga di sguazzare tra malori e dolori, ha scelto(?) di curare l'incurabile: un cervello andato o che, più o meno lentamente, se ne sta andando in "pappa". 
Le ho riferito, nel nostro ultimo incontro, che la mia memoria non funziona più molto bene.
"Memoria?" ha chiesto, celando a fatica una certa irritazione.
"A breve" ho subito aggiunto. Un po' impacciata ho precisato: "Dimentico le cose dal naso alla bocca".
Sì, lo so, non è un modo corretto di esprimersi, ma dà l'idea del problema: insomma, non dimentico il Natale del '67, dimentico il motivo per cui sono uscita in tutta fretta dalla cucina per andare nella mia camera, dove, ora che ci sono arrivata, mi guardo in giro con aria idiota, chiedendomi "Perché sono venuta qui?" e il mio cervello - da Lei studiato con tanta passione - non dà risposte. Dorme come un lattante sazio, lui, mentre io annaspo e, comunque, non ricordo. Nulla. Potrei racccontarle la storia di quell' armadio così bello e capiente, elencare gli oggetti contenuti nel cassettone: uno per uno, glielo posso assicurare, ma il motivo che mi ha indotta a uscire dalla cucina no, quello proprio non lo so.
"Sa, sono sempre stata 'sbadata', un po'  - diciamo molto - distratta, ma ora, ora.... "
"Ora?" ha sottolineato Lei, e mai che le scappasse un sorriso. Mi ha guardata, aspettando.
"Ora... be', ora la situazione è peggiorata!" ho sussurrato, ma aggiungendo subito quel "Sarà l'età?" con  il tono con cui chiederebbe un salvagente uno in procinto di annegare. 
"In parte... " Lei mi ha risposto e mentre io borbottavo "Quale parte, quanta parte... ", in verità piuttosto agitata, lei scriveva una richiesta d'indagine mirante ad  attestare eventuali difficoltà cognitive - o qualcosa di simile - facendomi capire che la visita si era già protratta ben oltre il dovuto e che fuori c'era la fila. In attesa.
Poi, fissandomi, mi ha chiesto: "Mi può lasciare il suo numero di telefono; potrei doverla chiamare... "
Sono in cura da Lei da anni, dottoressa, e non me l'ha mai domandato... Come mai, oggi - mi chiedo - mentre snocciolo sicura un numero dietro l'altro... ?
Lei rivolge uno sguardo d'intesa alla sua assistente che segnandolo sulla cartella clinica, ridacchia.
Perché non chiedermelo, perché non dirmi: "I numeri, le date li ricorda? Per esempio il suo numero di telefono?" Semplicemente, direttamente.
Quante volte ancora dovrò ripeterle che non sono un topo da laboratorio; sono malata (purtroppo), invecchiata (come tutti) ma non ancora scema: almeno non del tutto (test sui deficit cognitivi consentendo).
A presto, dottoressa e... buon fine settimana.

martedì 5 febbraio 2013

Rimpianto


Erano passati tanti anni – contarli non avrebbe avuto senso – da quel suo ultimo, e forse unico, amore. Si erano incontrati, era bastato quello sguardo a isolarli dalla gente che li circondava, a renderli indifferenti alle parole che fino a quel momento avevano ascoltato. Perché proprio lui, non particolarmente bello, troppo magro e scuro tanto quanto lei era chiara, quasi slavata? Si erano inseguiti – lei soprattutto aveva cercato di fuggire – lui l’aveva acchiappata, lei si era lasciata prendere…
Un amore fatto di parole; ah, se sapeva parlare quell’uomo, le parole gli gorgogliavano in gola come rosolio mentre la guardava e il sorriso gli esplodeva sulle labbra, scacciando la malinconia dai suoi occhi, quella malinconia vischiosa, che avrebbe dovuto farla riflettere e invece aveva scatenato  soltanto la sua tenerezza. Per lui era diventata donna, lei che fino a quel momento era stata solo madre e casalinga. Per lui aveva comprato sandaletti dal tacco alto, abiti scollati e gonne con lo spacco; per lui aveva tolto gli occhiali affrontando spavalda un mondo nebuloso. 
Poi la prima lite, le parole taglienti come coltelli, la malinconia che diventava rabbia, rabbia cattiva, nei suoi occhi. Non conosceva le mezze misure, lui. Come lei.
Aveva provato la paura di perderlo, il rumore secco di quella porta sbattuta che se lo ingoiava, il telefono che suonava a vuoto, il mondo che perdeva i suoi colori e il suono della sua risata. Aveva conosciuto la gioia di ritrovarlo: in attesa davanti alla scuola o seduto sui gradini della sua casa, infreddolito, la barba lunga, la sigaretta tra le labbra, la camicia azzurra stropicciata e lo sguardo da bambino, arrogante e spaventato. La pace - armistizi sempre più brevi - aveva avuto l’odore, il sapore della sua pelle.
Si erano lasciati in un bar; lui era scomparso tra la folla lasciandole dentro un vuoto che niente e nessuno avrebbero più riempito...
Si sentivano ancora a Natale, a volte, non sempre. Tra loro poche parole, tanti ricordi e - tenace - il gusto amaro del rimpianto.

lunedì 4 febbraio 2013

Impossibile, ma vero...

La sala d'attesa del medico sa di nebbia, di sofferenza e... di vecchio. Ce n'è sempre qualcuno, stanco di vita, che con occhi rassegnati attende il proprio turno.
Entrano due uomini; età: tra i quaranta e i cinquant'anni. 
Si siedono.
"Chi è l'ultimo?" chiede uno di loro.
"Io" risponde una voce, aggiungendo "mi serve soltanto una ricetta... Devo aspettare, fare la fila?"
Spera (la donna che ha appena parlato) che qualcuno le proponga di entrare subito; sbuffa e controlla l'orologio borbottando: "Devo tornare al lavoro... "
"Ah. il lavoro... " mormora qualcuno.
Cala il silenzio.
"Almeno lei ce l'ha; non si lamenti... "
Voce maschile con forte accento meridionale, 
"Mio figlio è andato all'estero, qui lo pagavano una miseria e... rischiava pure il posto" dice la donna seduta alla mia destra.

"Tutti che si lamentano... " commenta uno dei  due appena entrati, dando la stura a una rabbia repressa che aspettava una parola qualsiasi per esplodere.
Non è passato un secondo: parlano tutti, o quasi. Ognuno dice la sua. Soldi? Sempre meno.Tasse? Solo tasse e... ruberie. Dalle ruberie ai politici il passaggio è immediato. E siamo alla politica...

"Sono tutti  eguali: rubano tutti, però lui...".  
Il silenzio cala di botto, interrotto da una stizzita voce maschile.
"E chi se ne frega del bunga, bunga... Perché quell'altro non andava con i travestiti? E poi a prostitute ci vanno tutti, solo non si fanno vedere... "  
Su questo argomento le donne presenti  tacciono.
"E' uno che di economia ne sa, si capisce da come parla... anche se io non riesco sempre a seguirlo". 
Dove ha detto che lavora la signora che ha appena espresso il suo  parere? A scuola? Mio Dio,  fa che non insegni! - penso.
"E poi 'capisce' gli arabi. E capire gli arabi... " , pausa ad effetto, "non è da tutti! Bisogna essere intelligenti!"
Questa considerazione è maschile.
"Si sa come sono gli arabi", conclude, e sembra soddisfatto del suo intervento.
"Già, lui non era amico di Gheddafi?" chiede un altro. 
"Be' , amico... ci faceva affari".
"Speriamo che rimetta a posto le cose... lui" conclude qualcuno.
E' arrivato il mio turno. Mi alzo.
"Non ha detto nulla?" osserva l'ultimo che ha parlato piantandomi gli occhi addosso.
"Sono stanca" rispondo e, traballando, attraverso la sala d'attesa, seguita dai soliti sguardi di compatimento.
"E non è a causa delle mie gambe... " preciso, prima di chiudermi la porta alle spalle.