sabato 7 marzo 2009

Qualcuna nemmeno si muove, tanto poi arriva il nove

“A tuo padre sarebbe piaciuto avere un maschio”. Breve momento dedicato al sospiro, di rimpianto per quell’ometto rimasto nel mondo dei sogni, poi, fasulla, la rassicurazione “Ma è stato felicissimo quando sei nata tu.”
Ma va! Almeno mia madre avesse aspettato qualche annetto a dirmelo, in modo da mettermi nella condizione di replicare. Dal televisore del soggiorno mia figlia canticchia all’unisono con Cristina D’avena “Oh lady, lady, Lady Oscar, come un moschettiere batterti sai tu…” Anche la sottoscritta si è battuta come un moschettiere, chissà se mio padre sarebbe stato orgoglioso di me? Ormai non posso più chiederglielo.
Oggi è il sette marzo: la nebbia si sfalda, sfuma, intravedo di nuovo il profilo delle colline, morbide come fianchi di donna. La bellezza femminile, che è di tutte le donne, di questi nostri corpi lisci e curvilinei disegnati con il compasso, ma che in alcune deborda, straripa e incanta. E ingabbia. “Per una donna conta soltanto la bellezza” e l’occhio di mia madre mi soppesava, critico, scivolando sulle mie prime rotondità, appena accennate, sul mio viso in ansia.
“ E…io? Sono bella?” “Tua sorella è più bella” , poi, nuovamente fasulla, la rassicurazione “ma sei un tipo”. Cosa vuol dire “un tipo”? Lo specchio mi inchiodava, rimandandomi un’immagine che non riuscivo a definire, che gli altri dovevano delineare consegnandomela accompagnata da una valutazione di merito. Se fossi piaciuta sarei stata bella. Dovevo piacere. Le donne devono piacere
A costo di massacrarsi camminando sui trampoli, strappandosi peli, soffocandosi in corpetti, forandosi le orecchie, liposuzionandosi e arrivando a fracassarsi il naso come pugili per ricostruirselo alla francese. Ancora oggi? Soprattutto oggi!,almeno così sembrerebbe, poiché viviamo nella società dell’immagine, in una società dove il predominio maschile è ancora una certezza e dove la crisi economico –finanziaria in atto sta rimandando a casa le donne. La battaglia per l’emancipazione femminile langue, le donne sono disorientate, non sanno in quale direzione muoversi.
Molto più tutelate delle loro madri e nonne sotto il profilo giuridico, rischiano ancora molto a uscire sole di casa alla sera, pagano spesso con la vita la decisione di ribellarsi al marito o al compagno, sono gravate della cura dei figli molto più degli uomini e discriminate sul lavoro, ma, ciò che è più grave, non hanno ancora affrontato, in massa, la palude melmosa e invischiante del loro rapportarsi con l’affettività nei legami con la madre, il compagno, i figli e le altre donne. C’è ancora molta strada da percorrere, in salita e accidentata, ma le donne sono forti, molto forti anche se, spesso, poco coscienti della loro forza, della tenacia, dell’intelligenza, dell’intuito e della sensibilità femminili.
Dalla copertina di “ Wired” Rita Levi Montalcini si mostra in tutta la sua decadenza di donna e grandezza di scienziata e oggi mi sembra un segnale positivo. Un giornale nuovo, al suo primo numero non esibisce una delle tante “bellone” di turno, ma punta il suo obiettivo fotografico su una donna, quasi centenaria, che non ha avuto figli e che, quando viene intervistata, non parla dei suoi amori, ma dei suoi progetti professionali e delle sue scoperte di scienziata, ammettendo anche, con insopprimibile grazia femminile, la sua vanità che ancora oggi le fa scegliere gli abiti che indossa, i gioielli e l'acconciatura con grande cura. La scelta editoriale di questo giornale mi gratifica, oggi come donna, molto più di un rametto di mimosa.
Forza ragazze di belle speranze: questa donna straordinaria con il suo sguardo altero e consapevole ci indica una strada: seguiamola!