lunedì 13 luglio 2009

Romanzo a puntate I Dellapicca

Un rumore molesto, ripetitivo, al quale invano cercava di sottrarsi, svegliò Sigismondo che, borbottando con la voce impastata di sonno, disse: "Entrate...", allungando le braccia e sbadigliando. La porta si aprì lentamente facendo intravedere il viso spaventato di Teresina che si affacciava titubante, riportando di colpo il padrone all'angoscia in cui gli avvenimenti del giorno precedente l'avevano precipitato. Con un balzo l'uomo scese dal letto, avventandosi sulla ragazza. "Dammi le chiavi della stanza della padrona!" le ordinò mentre lei, borbottando " Non le ho, entro facendomi aprire dall'interno", si sottraeva alle sue mani e alla sua collera indietreggiando.
Ma il Veneziano, ormai deciso a affrontare la moglie, la stava già sospingendo fuori dalla stanza lungo il corridoio, fino a quella porta sprangata sulla quale, mettendosi il dito sulla bocca, a gesti, la invitò a bussare facendosi riconoscere. La ragazza tamburellò con le nocche, due rapidi colpetti intercalati da un suono sommesso, e la porta si schiuse, permettendo all'uomo di inserire un piede e con una spallata entrare, mentre Teresina, in lacrime, scappava allontanandosi lungo il corridoio.
All'interno della stanza i due, per qualche istante, si fronteggiarono: Maria, avvolta nella vestaglia, i capelli sciolti a incorniciarle il volto, la bambina tra le braccia e i seni pieni che la camicia conteneva a stento. Negli occhi, che scivolavano sul marito, immobile davanti a lei, pallido di rabbia a stento trattenuta, non c'era traccia di paura mentre chiedeva: " Dove hai portato mia figlia?"
" Non lo saprai mai! Non ti scaraventerò fuori dalla mia casa a calci solamente perché ho una reputazione da salvare e quello che mi preme, ora, è ritrovare il Moro..."
" Non sarà così stupido da farsi prendere a meno che non decida lui di ritornare"sussurrò la donna che, dopo aver ripetuto: " La bambina non è colpevole" aggiunse "Il Moro te la farà pagare. Tu senza il suo aiuto..." ma il marito già l'interrompeva, afferrandola per un braccio e strattonandola mentre, paonazzo dalla rabbia, la copriva d'insulti e la schiaffeggiava
" Sono stato un idiota, ti avevo tolta dal fango elevandoti alla mia altezza, dandoti il mio cognome...Avevo fatto di te una Dellapicca e tu, tu..." ma Maria, dopo aver adagiato la bambina nella culla, tenendogli testa gli urlava: " Ha fatto quello che avevi tentato di fare tu..."
" Quando?"
La moglie taceva.
" Quando?" e il tono era minaccioso.
" Che importanza ha?" lei rispose.
" Perché?"
Lei fece un gesto vago con la mano e poi, fissandolo, disse: "Sentivo il tuo disprezzo. Noi non siamo fatti della stessa pasta mio caro conte ..." Lui la interruppe " Il tuo avventuriero, quel pendaglio da forca è adatto a te. Io, il conte Sigismondo Della..."
" Conte dalle braghe onte " lei borbottò in dialetto, ironica, aggiungendo " E' così che noi, gente del popolo, vi chiamiamo" andando alla finestra e spalancando le imposte.
Il sole entrò di prepotenza nella stanza scivolando sulla culla e infastidendo la neonata. Sigismondo, che si era avvicinato, fissandola con attenzione fu colpito dal candore della sua pelle e dalla peluria dorata che le incorniciava il viso, impreziosendolo. Le sue labbra, mentre la guardava, si strinsero riducendosi a un taglio che gli indurì l'espressione mentre le nocche delle mani nei pugni contratti sembravano forare la pelle. Ci fu un lungo minuto di silenzio, poi l'uomo, girati i tacchi, uscì imprecando dalla stanza. Maria, emesso un impercettibile sospiro di sollievo, crollava, esausta, sulla poltrona.(continua...)