venerdì 6 novembre 2009

Ultima puntata de I Dellapicca

Al ritorno a casa dal funerale del Moro, Sigismondo ebbe una sgradita sorpresa: Maria gli comunicò che aveva venduto la locanda e che sarebbe andata a vivere nel paese di Blanko, tra i boschi che salivano rincorrendosi in un mare verde alle spalle del porticciolo. La figlia le aveva confidato di essersi innamorata di Zastros e di aspettare un figlio da lui.
"Perché? Ormai siamo vecchi..." aveva balbettato incredulo Sigismondo, aggiungendo " Ma come è potuto accadere? Mia figlia non sposerà mai quello slavo!"
"Lo immaginavo. Riemergono sempre in te l'arroganza e la presunzione. E' proprio questo che non voglio: che mia figlia soffra come ho sofferto io".
Sulla stanza era calato il silenzio.
"Ho riflettuto su tante cose: avrei dovuto farlo prima" aveva detto Maria, mentre aggressivo il marito le chiedeva: "Perché non lo hai fatto?"
La donna davanti a lui aveva fatto un gesto stanco con la mano: "La gente... il bisogno di sicurezza. Quale sicurezza poi? Ho tirato avanti la baracca da sola, lavorando dalla mattina alla sera..."
Poi rialzando la testa e dicendogli "Adesso ho da fare: devo raccogliere le mie cose" gli aveva lanciato un'ultima occhiata ed era uscita, le spalle dritte, il collo lungo che sosteneva la crocchia di capelli che cominciavano a imbiancare rendendo il volto ancora più chiaro e sempre bello.

"La figlia sposò Zastros, nonna?" chiese Mielita.
"No! Zastros e suo padre vennero uccisi in un agguato teso loro dai Sokol".
"E il figlio che attendeva?"
"Nacque una femmina: una bambina"
Mielita tacque pensosa. Alle sue spalle, appeso al muro, un quadro ritraeva una donna bionda, i capelli raccolti che incorniciavano il volto. Una traccia di sorriso la rendeva ancora più bella, ma soprattutto le conferiva un riserbo, una sorta di distacco, quasi la bellezza della donna che il ritratto evidenziava l'avesse isolata in uno spazio tutto suo.
La bambina accennò con il capo al quadro: "Come lo hai avuto, nonna?"
"Lo trovai da un rigattiere qui a Trieste nella città vecchia, il quartiere che aveva ospitato il ghetto ebraico. Dietro, oltre alla firma del pittore era scritto il nome della donna del ritratto: contessa Maria Dellapicca. Lo acquistai, incuriosita dal cognome che sapevo essere quello della mia bisnonna. E cominciai le ricerche: una mattina sul mio pc scoprii un sito che si chiama "Ritrovarsi e Incontrarsi"...
"Ora capisco l'accenno alla tecnologia che mi facesti iniziando il racconto. Hai trovato i discendenti di Sigismondo e Maria?"
"Be', mia cara Mielita, lo sai che io sono un'inguaribile cantastorie! Ti confesso che qualche aggiunta di fantasia me la sono concessa".
La nipote l'interruppe, poi scherzosamente si avvicinò al quadro e accostando il viso a quello della donna ritratta, chiese: "Le assomiglio?"
La nonna sorrise: un raggio di sole danzò per un istante sulla parete. Mielita aveva gli stessi occhi, azzurri e bellissimi di Maria, gli zigomi alti e il taglio degli occhi tipicamente slavi di Zastros, ma la pelle ambrata e la bocca tumida che indicavano un'ascendenza negroide sbandieravano ancora ai quattro venti il segreto che Sigismondo aveva invano cercato di cancellare e che la natura, beffarda, continuava a rivelare in quelle splendide mulatte che nascevano nella loro famiglia ogni due o tre generazioni, per ricordare, come le acque carsiche che riemergono a sorpresa quando meno te l'aspetti e nei posti più impensati, che nelle loro vene scorreva sangue d'Africa. (fine)