sabato 9 gennaio 2010

Lavoratori: cittadini di serie B

I banchieri delle più importanti istituzioni finanziarie, tra cui l'Italia, si riuniscono per fare il punto sulla situazione. Con notevole sussiego, a denti stretti com'è loro abitudine, rilasciano stitiche dichiarazioni, manifestando comprensibile preoccupazione per un debito pubblico in forte crescita. Quello privato, fortunatamente, risulta avere un andamento più virtuoso. Ma cosa nasconde l'arida elencazione dei numeri?

L'aumento del debito pubblico è dovuto sia al salvataggio di alcuni fra i colossi del credito, di cui questi signori occupano lo scranno più alto, sia agli interventi nel settore dell'occupazione a sostegno dei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro. E il contenuto aumento del debito privato è legato alla crisi industriale che non favorisce certamente gli investimenti, alla contrazione dei consumi, al crollo del credito immobiliare e a una politica di concessione di prestiti più attenta alle garanzie da fornire.

Quindi i registi occulti dello psicodramma a cui stiamo assistendo, dopo aver contribuito pesantemente a provocarlo, ora protestano. Loro? Sì, proprio loro. Si riuniscono a confabulare perché sono scesi i profitti, che l'introduzione dei famigerati prodotti derivati di loro invenzione aveva fatto crescere a dismisura, e perché si profila all'orizzonte una normativa di controllo sul loro operato che li renderebbe meno liberi di scorrazzare a loro piacimento sui mercati finanziari.

Il vertice ha quindi l'obiettivo di elaborare una strategia difensiva dei privilegi bancari e, non a caso, il ministro dell'Economia, Tremonti, punta il dito su di loro. Perché il bisogno di liquidità dello Stato si soddisfa stampando carta moneta, e/o facendo sottoscrivere titoli ai risparmiatori, e/o aumentando le tasse e/o chiedendo soldi alle banche. Non occorre essere esperti di economia per capire la forza contrattuale di cui dispongono i "Signori del Credito".

Troppo grandi e importanti per fallire - causando un inevitabile ma non quantificable "effetto domino" - molte tra le banche partecipanti hanno scaricato le perdite sul bilancio statale, dando vita a degli ibridi di fatto che, pur godendo dei privilegi della società privata, non disdegnano i vantaggi dell'ente pubblico.

La lunga marcia (meglio sarebbe dire il vorticoso balletto) dei prodotti derivati a quale terra è approdata? Non si sono volatilizzati nell'aria e non sono giunti tutti a scadenza. E allora dove sono? Molti dov'erano: nei Fondi d'Investimento, nei portafogli gestiti dalle banche per conto dei loro clienti e... e nei Fondi Pensione. Con questo il cerchio si chiude: i lavoratori dipendenti (gli unici che non evadono le imposte) hanno pagato le perdite della banche e hanno investito buona parte degli accantonamenti del Tfr in prodotti derivati.

Capisco che il presidente del Consiglio volendo adeguare la Costituzione all'attuale realtà del Paese non possa che modificarla. Infatti, il dettato costituzionale parla di eguaglianza dei cittadini...