mercoledì 6 luglio 2011

Storia di nebbie e acquitrini (puntata n°20)

Erano ripartiti in tutta fretta, il giorno seguente, e sul treno Gualtiero, seduto accanto al finestrino, si era perso in quel mare verde che il tepore della primavera aveva fatto dilagare sulla terra della Bassa. Qua e là emergevano a tratti vigneti, casolari e boschetti  che svanivano immediatamente nel nulla come fantasmi nella notte, facendogli provare un dolore acuto in mezzo al petto. In lui - sempre più spesso gli accadeva - affiorava acidulo il rimpianto, facendo smarrire la sua mente nei ricordi del passato, quasi non ci fosse più un futuro da sognare e, prima che i sogni potessero acquistare il gusto amaro dell'illusione, realizzare. Certamente non era più un ragazzo, ma era ben lontano dall'essere un vecchio... Perfino suo padre gli era sembrato più, più... , ci sarebbe voluta Marilena per dare le giuste parole al suo malessere, ma la moglie, che cercò con lo sguardo, appariva anche lei spersa nella contemplazione del paesaggio che il finestrino del treno inquadrava. Non riusciva ad analizzare le motivazioni del suo malessere, ne coglieva solo il disagio e i  motivi che anche un osservatore superficiale avrebbe individuato, come la mancanza di un figlio e il rimpianto per il mondo nel quale era nato e cresciuto. Suo padre - stappando il vino per aspirarne il profumo prima di berlo, tastando il ventre delle vacche per valutare il tempo mancante alla nascita del vitello, macellando il maiale e gustandone il sanguinaccio -  aveva convalidato, con quei gesti antichi, un modo di essere, stabilito una gerarchia  rispettata e da rispettare, muovendosi nel solco già tracciato di una tradizione che lui, Gualtiero, non aveva continuato. Come il fiume della sua terra, aveva rotto gli argini infrangendo un equilibrio... Era stata Marilena, con quella frase buttata lì alcuni giorni prima, a dare la stura al suo malessere, Marilena che, ora, sedeva accanto a lui silenziosa, con quell'aria un po' austera , riservata, che tanto l'aveva colpito e che la rendeva così diversa dalle donne che si era visto intorno fin da bambino. Sua madre, quando l'aveva conosciuta, scrollando la testa aveva detto: "Ma con tutte le ragazze che ci sono qui... Perché con questa che viene da lontano, che non sa nemmeno 'tirare la sfoglia' o ammazzare una gallina... E' diversa da noi, è estranea al nostro mondo". E così la diversità di Marilena era diventata estraneità, estraneità che aveva finito per contagiare anche lui, insinuandosi tra loro... Ma non solo tra loro. Al pranzo pasquale del giorno prima, ai suoi riti, lui, Gualtiero,si era piegato, ma senza riuscire più a sentirsene parte. Contadino mancato, padre mancato e... ? Desmo, se fosse stato presente, avrebbe aggiunto "fascista mancato". Se fosse stato ancora vivo, davanti a un bicchiere di vino o a caccia, con il fucile a tracolla, a fare strage di anatre, lo avrebbe ascoltato e poi, assestandogli una pacca sulla spalla, sarebbe scoppiato in una delle sue risate... e tutto gli sarebbe parso più chiaro, comprensibile.
Ma l'amico non c'era più: riposava accanto a Decimo, nel cimitero vicino al fiume. Decimo! Decimo volato  nell'aria e ricaduto nel fango in quel pomeriggio d'estate, Decimo dal quale era partita la scia di lacrime e disperazione, rabbia e dolore che avevano insanguinato il paese e fatto strage anche dentro di lui.
(continua... )
http://falilulela.blogspot.com/2011/07/storia-di-nebbie-e-acquitrini-puntata_05.html