venerdì 14 ottobre 2016

Ciao Dario

         Se n’è andato anche lui,  anche Dario Fo … Mi mancheranno la sua irriverenza, il suo candore e quell’ostinazione  che ha messo nel contestare a oltranza il Potere.
     Tutta una vita “contro” la sua usando come arma la risata, quella magnifica risata che gli scoppiava in gola quando derideva  i potenti, a qualunque potentato appartenessero, fossero preti,  politici  o borghesi …


mercoledì 21 settembre 2016

BUON COMPLEANNO MARTINA

La prima volta in cui ti ho vista, sorridevi ... Avevi i capelli scuri ed eri bellissima. Tanti auguri, Martina ... Ti auguro che la vita con te sia lieve come un tocco di farfalla.

domenica 4 settembre 2016

Il Paese delle meraviglie

Faccio una premessa: sarebbe stata  preferibile  la scelta del silenzio rispetto a quella della protesta, ma io non sono capace di subire, adattarmi, cercare un “amico”che mi dia una mano nell’ambito di una qualsivoglia  ”appartenenza “…
Riassumo brevemente:  tredici anni fa mi è stata diagnosticata la malattia di Parkinson all’Ospedale Besta di Milano e la mia vita di professoressa sessantenne in pensione è diventata un inferno.  Il morbo, anche se elevato di categoria a malattia, già di per se stesso è feroce: malattia progressiva, degenerativa  ti distrugge il corpo, avvelena l’anima  e, coadiuvata da una terapia con effetti collaterali pesantissimi, ti offusca il cervello.  Ma questo è solo l’inizio …  “Venghino, venghino signori … Si entra nel Paese delle Meraviglie”.
Cosa significa essere una “parkinsoniana” a Salsomaggiore Terme  -  nel cuore della ricca terra d’Emilia, non di uno sperduto paesino calabro o siculo – nell’anno di grazia 2016?
Beh, direte voi che mi state leggendo, sei fortunata!  Abbandonata in tutta fretta la grande città (Milano),  troppo rumorosa e caotica per le tue gambe malandate, le liste d’attesa interminabili, i “Centri Parkinson” intasati di pazienti, i medici professionali, ma freddi, ora  risiedi in una città a vocazione termale, con attrezzature pensate per il recupero “dolce” (complementare non alternativo) dai danni provocati dal terribile morbo/mostro. Sei tanto fortunata da vivere addirittura a due passi da un Centro riabilitativo che può utilizzare anche una piscina termale e una folta schiera di fisioterapisti.
Faccio una precisazione: l’approccio farmacologico, pur indispensabile, porta, dopo alcuni anni a battagliare con la terapia quasi più che con la malattia. Classico esempio di rimedio peggiore del male – avrebbe detto mia nonna. Importantissima diventa allora tutta quella azione di contorno necessaria  a  dare un po’di conforto al malato d Parkinson: dieta  appropriata, aiuto psicologico, integratori e fisioterapia. In primis la fisioterapia. Ma  qual è il costo? 12 euro a seduta. Poi, come residente  ho diritto a due cicli all’anno di dieci sedute ciascuno a carico del Servizio sanitario nazionale. E’ necessaria soltanto  la richiesta da parte del neurologo o del  fisiatra. Nel mio caso – le disgrazie non vengono mai da sole – mi sono state diagnosticate anche due dolorosissime ernie discali che non impediscono il ricorso alla fisioterapia ma richiedono una alta professionalità  da parte di chi mi prenda in carico.
La mia malattia è molto peggiorata nel corso dell’ultimo anno: il nuovo farmaco appena uscito sul mercato, lo Xadago, ha addirittura aggravato , nel mio caso, la malattia. (Era prevista tale possibilità nel foglietto illustrativo in un caso su dieci!). Mi chiedo, però, e mi sembra un dubbio legittimo, quale sia il senso di dare l’OK a un farmaco con queste caratteristiche.  Come tra moglie e marito, tra l’interesse delle Case farmaceutiche e quello dei pazienti non mettere il dito … Le mie sempre maggiori difficoltà , in termini di autonomia, mi hanno indotta a chiedere delucidazioni sulle terapie di recupero, nel caso specifico del Parkinson al personale del Centro di recupero. Risposte vaghe, infastidite … Mi è stato addirittura detto: “Ma con quello che paga … “.

Allora cosa voglio? Provate a immaginarlo.
Vorrei umanità, professionalità, regole chiare, controlli ... Richieste folli in un Paese come il nostro ...

mercoledì 10 agosto 2016

Niente fa paura quanto la libertà

Le giornate hanno già cominciato ad accorciarsi, i lampioni sulla strada rimangono accesi più a lungo, e l’aria al mattino è già aria d’autunno. Un’altra estate se ne va … “Noi” eravamo quelli che “il popolo va educato  non guidato“ . Noi eravamo “quelle”  che “il privato è politico”, che non ho mai capito cosa volesse dire, ma solo il dirlo insieme, unendo la mia voce a quella delle altre, mi faceva sentire bene, mi faceva scoprire la “sorellanza”, l’amicizia femminile che si colora di solidarietà e assume una valenza politica. Finalmente un mondo più giusto. E invece in questo annuncio d’autunno,  noi quelle,  noi quelli più non siamo gli stessi … Passata l’era dei desideri  siamo scivolati in quella dei bisogni, all’urlo degli uni è seguito il balbettio, il pigolio degli altri. Soffocato, inascoltato …  
Niente fa paura quanto la libertà 

sabato 30 luglio 2016

venerdì 29 luglio 2016

mercoledì 20 luglio 2016

Umiliazione


La farmacia sa di erbe medicinali, ci sono alcuni clienti in attesa. Fa caldo. Le gambe, rigidamente molli, mi tremano: è un ossimoro ma è così. Mi guardo intorno alla ricerca di una seggiola: Non c'è: il mondo è fatto per i sani. E i malati, gli handicappati, gli invalidi? A casa, così non rompono... 
Suona il telefonino; ho in una mano le ricette, nell'altra il bastone. Appoggio il bastone. Cade. Tento di raccoglierlo. Il telefonino continua a squillare... 
"Lasci, glielo prendo io ... "
"Grazie"
"Non c'è di che ... "
Mi raddrizzo a fatica. Tento di aprire la borsa, ma la cerniera non scorre. Si è incastrata o sono le mie dita che non riescono a muoversi nel modo giusto?
Il telefonino continua a suonare: amici e parenti sanno che sono lenta, lentissima nel rispondere. E insistono.
Una signora si volta e mi lancia un'occhiata. Evidentemente infastidita. Mi fissa per un tempo più lungo del dovuto, con curiosità malevola ... Certe occhiate ci condannano, senza possibilità di appello. Come sentenze già passate in giudicato. La pena? Una vita all'insegna dell'umiliazione ...

domenica 26 giugno 2016

TANTI AUGURI, FRANCESCA ...

mercoledì 1 giugno 2016

TANTI AFFETTUOSI AUGURI ALESSANDRO

mercoledì 18 maggio 2016

E' consentita a una donna la rabbia? La rabbia vera, il furore, quello che nasce da strati su strati di rabbia negata, compressa, nascosta ... Non credo. La rabbia sembrerebbe essere un sentimento "virile": richiede pugni alzati, voce tonante, parolacce. Bestemmie?! Che "figura" ci farebbe una donna?Le si può concedere il pianto - meglio se silenzioso -, la stizza, quasi si trattasse di un capriccio. Insomma, una donna furiosa richiama alla mente le Erinni o le donnette isteriche. Ci educano fin dall'infanzia a contenerla, a pigiarla con forza dentro, in fondo, sempre più in fondo, a incarcerarla nell'anima, a sotterrarla nei meandri della mente, dandole come "ora d'aria" solo lo spazio dei sogni. Eppure la rabbia, noi donne, la proviamo, la viviamo anche se spesso, troppo spesso, la tramutiamo in depressione, in malinconia, in tristezza. Io, personalmente, quando ero furiosa, camminavo... Camminavo fino a non sentire più le gambe. Ricordo che mi faceva bene, mi aiutava a ritrovare il sorriso e la razionalità necessaria ad affrontare i problemi. Il Pk mi ha portato via anche questo 

domenica 3 aprile 2016

Lettera a una solerte custode dell'ordine ferroviario

Se c'è una persona rispettosa della legge, quella sono io, quindi lei, solerte dipendente delle Ferrovie, multando Miki e Lia, viaggiatori in possesso di un biglietto del treno non idoneo, ha pienamente rispettato, sotto il profilo normativo, la legge. 
Miki e Lia, però, non hanno cercato di imbrogliare la società che gestisce "Le Frecce", essendo saliti su quel treno per errore. Sì, ma la legge - lei mi obietterà - non ammette l'errore, anche se lo etichetta come comportamento colposo, non doloso e quindi intenzionale. Lo "spirito" della regola che ha giustificato l'applicazione della multa è quello di snidare e punire i "Furbetti", categoria di cui Miki e Lia non fanno parte, appartenendo invece alla categoria dei malati di Parkinson.
Sarebbe stato sufficiente farli scendere alla prossima stazione facendo pagare loro il percorso fatto. Sarebbe stato auspicabile dare loro una mano, tenuto conto delle difficoltà che evidenziavano.
Per inciso: le leggi sono, per loro stessa natura, "giuste" , ma la loro applicazione può essere sbagliata. I nazisti, per esempio, non discutevano gli ordini e a Norimberga  si difesero per le atrocità commesse con quella frase: "Abbiamo eseguito gli ordini", ripetuta fino alla nausea.
Ci sono casi, solerte custode dell'ordine ferroviario, in cui è auspicabile "disobbedire agli ordini"... valutando criticamente lo spirito della norma che applichiamo. Dovrebbe suggerirlo l'intelligenza, ma non quella del cervello, quella dell'anima ... 

martedì 23 febbraio 2016

Che splendido funerale laico quello di Umberto Eco! Tralasciando gli interventi ufficiali, prevedibilmente scontati, mi ha colpito quella sottile aria di festa, quell'arrivederci, non un addio, ad amici e familiari ... 
Sommerso sotto manciate di margherite, con il giusto sottofondo musicale, si sarà "vissuto" - ne sono sicura - questo ultimo incontro, tutto giocato sul filo sottile dell'ironia intelligente e della cultura,lasciando intravedere quella dimensione di sé privata, accuratamente celata in vita al grande pubblico. Mai come in questa occasione l'ironia mi è sembrata scelta di pudore di fronte al dolore che si vuole contenere, filtrare, rifiutandosi di darlo e darsi in pasto all'occhio invadente delle telecamere.
Ha strizzato l'occhio a tutti, Umberto Eco, e per l'ultima volta, accomiatandosi da noi con quella frase (messa in bocca a Moni Ovadia) su un Dio che mal sopporta i credenti e strizza l'occhio, a sua volta, ai non credenti... 
Mi mancherai, ci mancherai ...

domenica 14 febbraio 2016

Se la smettessero di crocifiggerci con quegli sguardi prima curiosi, poi malevoli, infine impazienti...
Se la smettessimo di dare tanto peso a quegli sguardi ...

venerdì 12 febbraio 2016

La Vita è diversità


Ieri è stata una bella giornata... be', diciamo una giornata delle solite con alcuni momenti molto belli. Su Fb ho scoperto quell'uomo incredibile  - di cui nulla sapevo - dalla cui bocca digrignata, ma non rassegnata al silenzio, sono scaturite parole bellissime sulll'umanità, sulla musica, sulla solidarietà e la bellezza del vivere...
Ho visto la gente, quella "normale" alzarsi in piedi e applaudirlo. Ho osservato, stupita e ammirata ma soprattutto commossa, quella lotta all'ultimo sangue con la malattia, restando basita di fronte a quelle mani che volavano come farfalle sui tasti del pianoforte... Poi ho letto la testimonianza di Giulio, malato di Parkinson, e di nuovo commozione e ammirazione mi hanno stretto la gola
Anche se il mondo che mi circonda si ostina  a ricercare una ripetitiva e rassicurante uniformità , la Vita lo sconfigge, sparigliando le carte e rimettendo tutto in gioco: niente e nessuno possono impedire a un bucaneve di sbocciare nel ghiaccio, a un bambino di nascere su un barcone da una madre illividita dalla paura e dal terrore, all'arte e alla bellezza, se non di salvare il mondo, perlomeno di regalarci momenti di profonda serenità...

martedì 9 febbraio 2016

Il grande assente?

Ebbene sì, confesso: sono diffidente, profondamente - anche se forse ingiustificatamente - diffidente nei confronti di questo LIBRO: bianco, giallo o azzurro che sia. Nomi prestigiosi presenziano al convegno indetto per pubblicizzare il progetto, obiettivi da Libro dei sogni vengono snocciolati con convinzione...
Sembra che  "chi conta" si sia accorto di questa sorta di mondo parallelo abitato dai parkinsoniani, delle sue dimensioni, destinate a crescere, delle implicazioni che comporta la sua, anche se ancora silenziosa, presenza nella società. La malattia di Parkinson colpisce non solo il malato, infetta e attacca anche la sua famiglia e la società nel suo complesso. Grandi problemi se uniti a grandi numeri sono una bella iattura. Ma anche una grande opportunità. Di cosa? Di guadagno che, in questi tempi grami in cui il denaro risulta essere il re incontrastato del pollaio (leggi mercato), non mi rassicura per nulla. 
Il primo obiettivo che ci si propone è la conoscenza: della malattia, del malato, dell'impatto sulla famiglia che lo cura e sulla società di cui è membro. Per conoscere è necessario non solo guardare, ma anche vedere, fare domande.Tante e a tanti. Riassumo la mia esperienza: è solo la mia, ma arriva direttamente dal fronte, dalla prima linea... Indipendentemente dal neurologo che mi ha curata ( ne ho cambiati parecchi e diversi sono stati quelli incontrati nei miei ricoveri ospedalieri ) ho fatto - se non di fronte a problematiche impreviste e gravi, pagate di tasca mia -  non più di una visita ogni 6 mesi. Si possono riassumere in 15/20 minuti di colloquio le problematiche legate a una patologia progressiva e degenerativa, complessa, incurabile e variabile come sintomatologia e intensità da soggetto a soggetto? A volte trovo medici diversi ai quali devo "riepilogare" la mia storia personale di malattia, a volte sono stanchi - e posso capirli  -, ma non giustificare la loro scarsa disponibilità, soprattutto umana. 
Quasi mai fanno domande, aggiustano la terapia e concludono con quel formale: "Se ha problemi, mi telefoni... " che già so non avrà seguito perché rintracciarli è possibile solo ricorrendo a "Chi l'ha visto". Per quanto riguarda la fisioterapia te la devi pagare ed è costosa  e se non hai un familiare che ti possa accompagnare paghi qualcuno o ci rinunci. Quando le patologie da cui  sei affetta aumentano e si intrecciano vieni scaricata da Ponzio a Pilato, da un medico all'altro, non esiste lavoro d'équipe... Non parlo della malinconia - inevitabile come i momenti di tristezza, almeno in chi ancora ragiona - subito etichettata come depressione e deputata alle cure dello psicologo e agli psicofarmaci (dannosi per il Parkinson), invece che a qualche parola di conforto e incoraggiamento.
Per concludere: quando vedremo riservare al malato lo scranno più alto e la dovuta attenzione? Non vorrei che il malato fosse il "grande assente"...

domenica 7 febbraio 2016

TANTI CARI AUGURI, JACOPO ...

martedì 2 febbraio 2016

Sono tranquilla... come dice Brecht

Sono sempre più educata, dottoressa. ci sguazzo nell'educazione. Ci tengo ad apparire tranquilla, si signora gli indigeni sono calmi signora, non si sentono quasi più. La rivolta è sedata, signora, la folla è placata: non strepita, non urla, non alza il pugno, né la voce, al massimo applaude Zalone e ride.lasciandosi deridere.
Dottoressa, non rispondi alle mie domande, insisti puntigliosa a rettificarle, a renderle adeguate a te, al tuo sapere, ma io voglio risposte e tu non ne hai, mentre ci guardiamo con "odio cortese" (è di Brecht, letto questa mattina, non mio).  Uno sguardo vale più di mille parole - così dicono. Cosa voglio? Che tu mi dica la verità, tutto qui, che tu mi dica che non potete, tu e i tuoi colleghi, fare altro, per me. Sarebbero apprezzati anche una pacca sulla spalla e un sorriso, ma di quelli veri che increspano gli occhi come capita a chi piange. Con pochi sguardi ci siamo dette tutto. Tutto? Migliaia di parole sono volate tra noi., a oscurare questo cielo pallido di gennaio. Se il silenzio non le avesse private della loro forza ci avrebbero uccise. Sei stanca anche tu - ti vedo sai. Ti ho conosciuta all'ospedale, dove ti stavi specializzando in neurologia. Sapevi poco, di Parkinson pochissimo, ma eri allegra; le tette che debordavano dal camice e rendevano ghiotti gli occhi dei tuoi colleghi... Gli uomini, si sa, quando si tratta di sesso, perdono il loro "aplomb". Sei giovane, per questo non lo sai. Sei giovane, dottoressa, teneramente giovane: tu guardi e vedi, quando vedi, ciò che io ho già guardato e visto. Déjà vu, lo chiamano i francesi. 
Su queste basi potremmo farci una chiacchierata, ma tu non ci stai e, forse, non ci starei nemmeno io. La verità, a differenza delle bugie, non rassicura. Ci vogliono spalle forti per reggerla e le mie non lo sono più.
Quindi scrivi puntigliosa la nuova terapia:: togli un farmaco, aumenti un'altro - se cambia l'ordine dei fattori il prodotto non varia - e poi mi dai la mano. 
Una stretta virile, quasi maschile.
Ti lascio fingere di credere che la parità (con i maschi) sia questa e ti consento di fingere di credere tante altre cose... in nome della tranquillità.

DOLORE

Avido
il dolore
morde
il mio corpo

Ghigno
con le ultime forze
risate
sprezzanti

lunedì 1 febbraio 2016

Paura e curiosità nel Parkinson

Ho scritto, e detto, tante volte che il Parkinson cambia il carattere, quindi fino qua nulla di nuovo, ma non avevo forse analizzato il problema più a fondo. Sono sempre stata coraggiosa, forse addirittura un po' temeraria. Mia madre mi diceva: "Tra il dire e il fare non hai mai messo di mezzo il mare, tutt'al più un rigagnolo...". Ero impulsiva, decisionista, sempre pronta  a vivere un'esperienza nuova,  a esaminare un problema da un'altro punto di vista, a modificare un atteggiamento. I cambiamenti mi spaventavano-  come succede a tutti - , ma contemporaneamente mi eccitavano perché la curiosità era più forte della paura.
E ora, ora cosa mi succede?
Ho una voglia matta di tornare a Venezia, di vedere quella città ancora una volta, ma poi mi si concretizzano davanti agli occhi quelle stradine strette, quei bar senza seggiole, la mancanza di panchine, la folla che ti sospinge in avanti come una foglia nel vento e i crampi alle gambe , l'instabilità, l'assoluta mancanza di forze ... La prudenza la vince sull'entusiasmo, spegnendolo come una pioggia d'agosto il calore estivo. Mi si parano davanti agli occhi tutte le difficoltà dell'andare e, volete ridere, più l'invalidità segna il corpo, più la mente - unica oasi di libertà che mi rimane - accarezza progetti grandi, anzi grandiosi.
E' giustificata questa paura o è frutto di una percezione errata della realtà? Ho qualche problema di equilibrio: in casa mi è capitato di cadere, ma mai per la strada, Poi, se dovessi cadere sarei soccorsa dai passanti. L'idea di ruzzolare a terra, di sopportare sguardi curiosi e... malevoli mi blocca. Raccolgo spesso, e filtro, sguardi che mi umiliano, che mi etichettano senza pietà e senza ironia, confinandomi a forza in un universo di diversi. Ho scoperto che i diversi non piacciono e io sono "diversamente sana". Ora i pensieri sono diventati velocissimi, ma nel momento in cui li traduco in parole si sfaldano come neve al sole, perdono pezzi facendo apparire il mio eloquio  povero, impacciato. Sulla voce stendiamo un pietoso silenzio: monotona, priva di enfasi... Una litania da rosario recitato in chiesa nel mese di maggio. Poi, a condire il tutto, un'emotività dilagante, devastante: mani sudaticce, saliva azzerata, rossore che monta e tremazzo che mi scuote, come se fossi davanti a un collegio di emeriti esaminatori. anche quando mi confronto con la cassiera del supermercato. L'ironia che si perde nel cielo e la paura  - di tutto, anche della mia ombra - che monta come un temporale estivo. Ingiustificata assolutamente ingiustificata. Questo è un altro devastante effetto della malattia di Parkinson ...

lunedì 25 gennaio 2016

MORTE STELLE




Sazi d'amore
Restavamo

dopo

a guardare
quel cielo
zeppo di stelle

Qualcuna già morta
come noi

ancora splendeva
come noi

martedì 19 gennaio 2016

La neve danza.


Si era alzata presto e aveva, per prima cosa, sbirciato oltre il vetro della finestra. Il bianco assoluto del paesaggio, coperto dalla neve, le aveva rimandato una sensazione di estraneità. Non una macchina aveva osato avventurarsi sulla strada e anche sul marciapiede non doveva essere passato ancora nessuno. I fiocchi continuavano, incessanti, a scendere, in uno sfarfallio lieve.
Odiava la neve: la faceva sentire in trappola, segregata tra le quattro pareti del suo appartamento. Roteando le braccia a mulinello per riscaldarsi, andò in cucina, accese il riscaldamento e mise sul fuoco la moka. Qualcuno si muoveva nell'appartamento sopra al suo, ma la neve ottundeva i rumori, impadronendosi non soltanto delle cose che riserrava nel proprio abbraccio gelato, ma anche dei rumori. Comandava, spadroneggiava e, se fosse scesa la temperatura, avrebbe cristallizzato il paesaggio in un'istantanea di gelo. Allora sì, sarebbe stato un bel problema.
Il caffè borbottò, schiumando. Il calore dalla tazza si propagò allo stomaco, ma la sensazione di ottundimento mattutino permaneva. Ebbe la sensazione di essere osservata. Con la coda dell'occhio avvertì un movimento, quasi un guizzo, oltre il vetro della finestra.
Si voltò; sui vetri scivolava solo la neve, placida.
Si avvicinò alla finestra che il cortile del palazzo separava dalla strada. Piccole orme scure indicavano un passaggio: qualcuno aveva attraversato il cortile, giungendo fino sotto alla sua finestra, ma chi? Le orme erano minuscole, anche se sagomate in modo da non lasciare dubbi. Sembravano orme di bambino. Di nuovo ebbe la sensazione che qualcuno la guardasse e, per la seconda volta, il cortile sembrò animarsi, quasi un mormorio salisse dai tronchi, propagandosi alle siepi e ai roseti genuflessi sotto il peso della neve.
Aprì la finestra e si sporse, sospettosa. Tutto taceva, mentre la neve che continuava, incessante, a cadere già ricopriva le piccolissime impronte.
Tintinnò, o fu soltanto una sua impressione?, un suono di campanelli.
" Manca soltanto che mi suonino Jngle bells..." pensò, richiudendo la finestra, mentre lo sguardo le cadeva sul davanzale dove un pettirosso intirizzito la fissava, apparentemente senza temerla. Immobile. Quando lo raccolse si rese conto che il gelo l'aveva ucciso. Era bellissimo, perfetto nella sua immobilità. Il vetro le rimandò la sua immagine: biondi capelli di grano incorniciavano il volto piccolo, dagli zigomi pronunciati. Negli occhi, chiarissimi, il gelo dell'inverno.
Rimase immobile, impietrita.
Si infilò il pettirosso sotto il maglione, vicino al cuore, e rimase in attesa.
Il frullo d'ali fu più lieve di un sospiro, ma lo gnomo lo percepì.
Lei sobbalzò e i campanelli tintinnarono festosi nella sua testa. Guardò fuori dalla finestra e sentì sussurrare la neve, perché, voi bambini ben lo sapete, la neve sussurra. E canta. Canta.
E, sempre - è inutile che ve lo ripeta - scendendo, danza.
Sussurra, canta e danza per la felicità dei bambini e di chi conserva, nell'anima, una traccia d'infanzia.

lunedì 18 gennaio 2016

Checco Zalone

Ieri sera ho visto Sole a catinelle. Come l'ho trovato? Divertente, direi. Tratta temi importanti, a partire dal rapporto padre/figlio, fino a toccare - meglio sarebbe dire sfiorare - la crisi, la grande Crisi: politica, morale, economica e sociale che sta triturando il Paese. Al centro della crisi l'uomo, l'italiano medio che, come tutto ciò che è medio, è un po' mediocre, ma, facendo tesoro di tutte le italiche virtù e soprattutto di ogni italico vizio,... sta a galla. Se si  accetta di farsi prendere in giro, se si accetta che di noi si rida e non si derida, il divertimento è assicurato. Anche se, alla fine, a furia d ridere il sorriso si trasforma in ghigno e il cervello si mette in moto. Forse non per tutti, ma per qualcuno senza dubbio e qualche domanda si fa o dovrebbe farsi strada. 
E' una comicità nuova, un po' surreale, aggraziata ma dolorosa come la zampata d un gatto. Copia un po' da tutti - Sordi in testa - ma imprime la sua impronta Luca Medici, il mastro Geppetto di Checco Zalone, imponendo allo spettatore la sua visuale, e meritandosi, a mio modesto avviso, uno spazio nella galleria degli artisti, perché riuscire a proporre qualcosa di nuovo, che non sia dejà vu a livello di spettacolo, non solo non è facile, ma è difficilissimo. Mi ha colpito il suo sguardo sull'infanzia: quel figlio che gli fa da padre e che sembra essere passato indenne  - già adulto prima di diventarlo anagraficamente - attraverso quella stagione magica che è il tempo dell'infanzia senza esserne stato nemmeno sfiorato e che quell'infanzia la scopre nel padre, lui sì bambino... Insomma i confini tra generazioni appaiono dove non dovrebbero, scompaiono dove dovrebbero segnare un territorio... Il caos la fa da padrone, le certezze sono morte, si svendono valori e non si vendono aspirapolveri, ma se si ha la fortuna o la sfortuna di essere italiani medi, e quindi furbi, si sta a galla. Goffamente, ma si sta a galla.

martedì 12 gennaio 2016

Colpe dei padri?

Eh no, non esageriamo. Noi, i vecchi, avremmo vissuto sopra  le nostre possibilità, danneggiando voi, i giovani. Così, non paghi di fomentare guerre tra coloro che sono comunque, per un qualsiasi motivo, "diversi", apriamo un nuovo fronte per dichiarare una guerra generazionale? 
Motivo del contendere, il debito pubblico, frutto soprattutto del Walfare State (lo Stato assistenziale). Il deficit è il saldo di segno negativo tra le  entrate e le uscite dello Stato riferite a un periodo di un anno. Il debito pubblico è dato dalla somma dei deficit annuali. Esaminando, poi, la composizione del debito, scopriamo che sono gli interessi, che paghiamo sul debito, a renderlo da un sasso una montagna. Quindi il tasso d'interesse (leggi prezzo del denaro) è  importante quanto il costo dell'energia o il tasso di cambio o il costo del lavoro. E' stata una decisione politica che ha dato il via all'incremento del debito. All'inizio degli anni '80, Ciampi e Andreatta hanno sancito per legge il "divorzio Banca d'Italia/Tesoro", cioè la decisione da parte della Banca centrale di non sottoscrivere più, automaticamente, la parte di titoli emessi in sede d' asta e non sottoscritti dal mercato. Da quel momento per solleticare il mercato ad acquistare i titoli è stato necessario aumentare i rendimenti; alzando quindi i tassi d'interesse e facendo prendere il volo al debito...
Questo per quanto riguarda l'aspetto tecnico. Quello che dovremmo chiederci è non solo il motivo dell'accordo Ciampi/ Andreatta, ma anche a chi andò il vantaggio economico rappresentato da quell'aumento di tassi, chi si volle colpire, quali interessi, quale gruppo di potere tutelare... E qui si entra nel campo delle ipotesi, più o meno fantasiose che richiedono però un'analisi più approfondita.  
Ma ciò che non sottoscrivo è la colpevolizzazione di una generazione, la mia, a danno della vostra, i trenta/quarantenni di oggi, soprattutto.
Vogliono soltanto dividerci per renderci più fragili...
(continua...)