giovedì 29 novembre 2012

Anna e noi (donne)

Ho riletto Anna Karenina... Perché proprio quel libro a farmi compagnia in queste giornate sempre più corte, scure, fitte di nebbia che avvolge case, colline e pensieri? L'avevo letto anni fa: al mio fianco un uomo che pensavo mi amasse di un amore della stessa qualità del mio - perchè, e già allora lo sapevo, esistono tanti tipi d'amore - nella mia casa la baraonda di tre figli adolescenti, faticosissimi ma vivi, frizzanti e feschi come l'acqua di un ruscello estivo.
L'avevo divorato in fretta quel libro, con quella velocità da folletto che allora caratterizzava il mio modo di leggere, rubando ore al sonno, seguendo soprattutto la storia di Anna, la bellissima, spavalda Anna che alla passione tutto sacrifica, circondata da un mondo falso, stantio, imbalsamato e, apparentemente, immobile. 
Mi aveva colpita che uno scrittore, un uomo, avesse potuto tratteggiare con tanta abilità una figura femminile, dimostrando una conoscenza del "sentire" di una donna così profonda. Amiamo tutti, uomini e donne, ma in modo diverso.
Tolstoj analizza l'amore, inserendolo non solo all'interno di una società che lo imbriglia e lo codifica, ma anche all'interno di caratterialità diversamente sfaccettate. Chi l'avrà tenuto per mano in questo suo percorso di conoscenza, oltre alla sua capacità di scandagliare l'animo umano? La moglie? La madre? Un universo femminile non solo sfiorato ma penetrato con lo sguardo acuto di uno scrittore geniale?
Tolstoj si ferma, basito, solo di fronte al mistero della nascita: il parto della moglie è descritto con occhi  e sensibilità (e terrore) maschili. La descrizione che ne fa è puramente fisica: la donna che partorisce non è più la "sua" donna, è carne strappata e urlante, che si sdoppia dando vita a un fagottino rosso, dal pianto stizzito che lo spaventa e lo allontana. La paternità è fatta di un'altra pasta, è un'acquisizione lenta, legata alla frequentazione, è candela che si accende, fiamma tremula che soltanto nel tempo diventerà incendio. Ma anche la maternità non è la stessa per tutte le donne; Tolstoj infrange il tabù: la passione femminile può sfiorare e modificare il sentimento materno. Anna non ama la figlia avuta dall'amante e - quel che è peggio - non lo nasconde agli altri e soprattutto a se stessa. Anna vive e mostra tutte le sue contraddizioni...
Sullo sfondo la Russia, con i suoi contadini, la nobiltà e l'esercito, i funzionari dello Stato, i salotti, le dame incipriate, i club esclusivamente e rigorosamente maschili. Un mondo che non è immobile, se non agli occhi di chi non vuole cogliere i segnali di un cambiamento che tenta di farsi strada. Intorno ad Anna una folla di personaggi: abilmente descritti e che, ad eccezione del giovane, dubbioso, tormentato Levin (che mi fa pensare a Tolstoj) fa da cornice (perfetta) al personaggio che dà il nome al romanzo.
In Anna lo scrittore racchiude ed esalta la femminilità esasperandone la bellezza, il fascino intrigante, il bisogno di possesso, la dipendenza, gli inganni, il gioco perverso dei ricatti...
Cosa vuole Anna? Vuole l'amore di quel bellissimo ufficiale che incontra in una stazione ferroviaria e che, spudoratamente, la corteggia? O vuole l'uomo, tutto intero, con le sue passioni, la sua mascolinità, il suo mondo che a lui concede ciò che a lei non darà mai? O vuole essere amata di un amore eguale a quello che lei è in grado di dare? Vuole l'imposssibile Anna? Vuole stabilire le regole del gioco, ma (non paga) vorrebbe anche cambiarle?
E sarà questo a perderla?

mercoledì 14 novembre 2012

Albe e... pensieri

C'è un momento del giorno in cui, liberi dalla prigione della notte, ma non ancora ingabbiati nelle regole del giorno, siamo più lucidi, più scoperti e sinceri. Sono quelle albe nebulose nelle quali chi ha la fortuna allungando una mano di sentire il calore di un altro corpo si avvicina e a quel calore si riscalda, per sentirsi meno solo nell'oscurità, nel fredddo, nell'umidità sgradevole di una giornata che si si preannuncia piovosa... E' in quei momenti che, improvviso come un coniglio bianco estratto per magia da un cilindro, ci passa per la mente il pensiero "perfetto". Quello che mancava per far quadrare il cerchio, quello sul quale ruminavamo da giorni... 
Quando mi succede, io penso "Appena mi alzo lo scrivo", poi mi abbandono al sonno. Quando mi sveglio, il sole già alto nel cielo che illumina la stanza e illumina quel pensiero, quello "perfetto", mi accorgo che non appare più così valido, inattaccabile. Ha la saggezza di una di quelle frasi che si leggono sui baci Perugina, è banale, è scontato. E allora capisco che la perfezione non è di questo mondo, è pura llusione, è soltanto un'ipotesi, tra le tante,  resa possibile da una combinazione di bisogni, paure ancestrali e arroganza.  E se fosse questo il pensiero perfetto? No, non è il caso che m'illuda, questa altro non è che una considerazione, venata di saggezza, che qualunque vecchietta della mia età potrebbe fare. E senza attendere il momento magico in cui notte e giorno, per un istante si fondono... e ti confondono.

sabato 10 novembre 2012

Parole d'amore in diretta televisiva

Be', una dichiarazione d'amore, in diretta televisiva, pronunciata dall'uomo più potente del mondo, no, non è davvero uno scherzo. O l'uomo, Obama, è astuto come una volpe e, anche opportunamente consigliato, ha sparato l'ultima cartuccia a sua disposizione, non per vincere (l'aveva già in mano la vittoria) ma per consolidare ulteriormente la propria posizione, contrapponendo a una fedeltà "da mormone", un po' stantia, un amore basato sulla comunanza degli ideali, moderno e scintillante, un guizzo di rosso degno di Egon Schiele( il segno di una passione non solo politica), parole d'amore che volano con  la leggerezza di Chagall...  Oppure, oppure l'uomo è proprio così: è moderno, conscio dei meccanismi da usare per ottenere consenso, circondato da uno staff di esperti efficiente e preparato, istintivamente pronto a capire l'umore della folla che lo applaude, ma ancora capace di un gesto di sincerità, di pronunciare parole d'amore, rischiando, impavido, di passare per un personaggio da soap opera...
Mi piace optare per questa seconda ipotesi, mentre mi passa per la mente un altro potente (locale) e la sua schiera di ragazzine (?), pagate e usate, il bunga, bunga, le barzellette sconce, una concezione della donna offensiva e miope. Greve, come il clima che avvolge a soffoca il Paese.

venerdì 9 novembre 2012

Le donne scribacchiano, gli uomini scrivono?


Ho manifestato fin da piccolissima una passione divorante per la lettura e il gusto del narrare. Vennero considerati limiti, cattive abitudini da sradicare. Mia nonna mi diceva "Sempre a leger, te diventeà una falilulela". Sperava, come mia madre, che migliorassi con l'età, ma io leggevo di notte, nascosta sotto le coperte, quella lampadina con la pinza attaccata al libro... Mia madre mi iscrisse all'istituto tecnico. Troppo svagata le sembravo e incantata dalle nuvole; mi guardava sconcertata: la preoccupava il mio attaccamento alla zia Maria, quel mio sottrarmi ai giochi con i cugini... ma noi  avevamo molte storie da raccontarci, in quella Trieste piena di vento e in quella casa con troppi fantasmi. I parenti si stupirono quando m'iscrissi a Economia. Una donna, negli anni Sessanta, si sarebbe iscritta a Lettere. Ma si stupirono un po' di più quando mi laureai dopo pochi anni. "Meno stupida di quanto sembrasse" - mormorarono aggiungendo "Cosa se ne farà di una laurea in Economia? Una donna!" Mia madre, alzando un sopracciglio, sentenziò: "Tempo sprecato".
Stavolta ebbe ragione: tre figli in nove anni mi tagliarono le gambe. Optai, obtorto collo, per l'insegnamento. Ricominciai a leggere di notte. La luce accesa, tanto il marito non c'era: girava il mondo, lui. A far carriera, cambiare lavoro, vivere. I figli dite? C'ero io. Sempre un po' imbranata, ma molto materna.
Avevo cominciato a scrivere, sul tavolo della cucina, quando i bambini si addormentavano. Il marito non c'era più; in quel suo vagabondare per il mondo si era trovato un'altra donna. Una che non leggeva, sportiva, giovane. Negli occhi di mia madre un rimprovero muto ma evidente. Attribuiva anche l'abbandono a quell'insana, inutile passione. A ben pensarci la passione per la lettura è una delle poche che ci accompagnano dalle elementari alla tomba, anche perché apparteniamo (noi lettori) a quella strana razza alla quale un libro può cambiare la vita. A me capitò con "Il brutto anatroccolol " Di Andersen  e... ancora aspetto di svegliarmi cigno. Io le parole, come altri le farfalle o le conchiglie, le ho sempre collezionate e spesso, quando non riesco a dormire, alzo muri di parole per difendermi all'angoscia che le ore notturne mi comunicano... oppure costruisco filastrocche sonore come canzoni per rompere silenzi troppo angosciosi...
Spesso "scribacchio", a volte - forse? - scrivo.


giovedì 8 novembre 2012

Le prugne non sono sempre dolci

Datemi una parola e vi restituirò un racconto.
"Una parola qualunque?"
"Sì"
Breve silenzio, cercano qualcosa di difficile, i maledetti - penso. E non mi sbaglio.
"Prugna"
"Prugna?"
Ah, la mia maledetta arroganza! Cosa posso...

"Il sole era  estivo, quel giorno di maggio, e inondava la collina penetrando nel fitto del bosco che frusciava di foglie nuove. Sotto, il mare s'infrangeva sulle rocce schiumando. Giovanni, nome di battaglia "Corvo", si voltò, impaziente. Dietro a lui, sul sentiero stretto, aspro, arrancava la ragazzina. Lui l'aveva detto al "Nibbio", il suo capo, di non prenderla quella mocciosa che sapeva ancora di latte, ma il "Nibbio" aveva fatto un cenno  d'assenso con la testa,  senza degnarlo nemmeno di una risposta, e lei era entrata nel gruppo.
Le donne sono già un guaio in condizioni normali, figurarsi in montagna, tra uomini... a dormire tutti insieme.
Aveva visto gli occhi del "Nibbio" addolcirsi, il suo sguardo scivolare su quel corpo di ragazza infagottato nei pantaloni troppo larghi, sperdersi sulla camicia a quadretti, maschile, prima di tornare rapido al volto, agli occhi, quegli occhi scuri, quasi violacei... Eccome se l'veva visto lo sguardo del capo.
"Muoviti!" le disse. Sgarbato.
"Questa è la strada che porta al paese e al pozzo. Dopo il pozzo, girando a sinistra, c'è un oleificio abbandonato, con un magazzino che crolla a pezzi. I messaggi sono convenzionali, sul bordo del pozzo troverai dei sassi: da uno a tre. Per il momento non è necessario che tu "decodifichi", è sufficiente che tu ci sappia dire quanti  sassi hai trovato". E sorrise, sornione, facendo sfoggio di quel "decodifichi" perché lui, il "Corvo" era uno studente universitario...  E lei? Lei non parlava mai: si rannicchiava tra le foglie secche, mangiava il suo pezzo di polenta, le castagne, e ascoltava, zitta. Nessuno sapeva da dove venisse; intuivano nei suoi sguardi spaventati una delle tante storie tragiche che la guerra aveva reso abituali, ma non facevano domande. La Rosina, l'altra donna del gruppo, l'aveva presa sotto l'ala, forse perché aveva perso la figlia sotto un bombardamento o semplicemente perché le donne sono fatte così: a un cuccciolo sperduto offrono sempre asilo. 
Intanto erano arrivati al pozzo. Il "Corvo" avanzava guardingo, il fucile spianato tra le mani che gli tremavano leggermente. Lei dietro, appiccicata, come una mosca sulla carta moschicida.
Sembrava non ci fosse nessuno... Avanzarono  ancora di qualche passo. Si fermarono: intorno a loro, solo la voce del vento e, sul mare, lo stridio dei gabbiani.
Sul bordo del pozzo i sassi. Quattro. Quattro!? E quel bruciore al centro della schiena? - pensò, mentre nel petto gli dilagava un incendio, e le gambe gli si si piegavano e lo stupore si mescolava al dolore storcendogli il viso.
"Perché?" mormorò, e aveva il tono deluso di un bambino umiliato dalla maestra.
Lei rise: una risata aspra che, come un singhiozzo, la squassò... 
L'ultima cosa che vide, gli occhi di lei, erano scuri, grandi, violacei... Come le prugne quando sono mature".

mercoledì 7 novembre 2012

Comincia un'altra giornata

Fa freddo questa mattina,; la Miki smiagola fame e desiderio di coccole, ma io non ho voglia di alzarmi e affrontare le abituali difficoltà dei primi ( e fossero solo i primi) passi... , ma ci sono anche le medicine da prendere. Maglione, calzettoni di lana, l'acqua del tè che già bolle e, e Obama rieletto! La sensazione di calore si fa più acuta; ci mancava solo il "mormone" - penso e mi metto a canticchiare. Miki, a stomaco finalmennte pieno, ronfa di suo...
Macchine scivolano veloci sulla strada: la gente va al lavoro, i ragazzini a scuola; comincia un'altra giornata...

domenica 4 novembre 2012

Gli uomini non cambiano...

Gli uomini non cambiano sussurra, grida, urla Mia Martini e la canzone è molto bella, di alto livello, come appassionata e "sentita" è l'interpretazione della cantante.
Gli uomini, l'altra faccia della luna: quella in ombra... Gli  uomini, quegli esseri strani, fatti di arti e tronco, occhi e orecchi, come noi donne... Io ne ho visti pochi girare per casa: non ho avuto nonni, né cugini, né fratelli; soltanto alcuni zii, lontani, che non hanno mai giocato con me e non mi hanno mai letto una favola. Il padre?, assente. La mia infanzia trabocca di donne, ha il profumo della loro lavanda, della cipria, ha il suono delle loro voci, un'eco lontana di risate e bisbigli. Ho il ricordo di un amico, un ragazzino scatenato, impavido, che mi preferì mia sorella, altrettanto scatenata e temeraria.
In terza media, calzoncini corti e gambe improvvisamente lunghe, la rivincita: lui, il ragazzino che mi osservava dalla finestra della sua classe mentre facevo ginnastica, era un liceale. Mi manderà un bigliettino, mi inviterà a uscire: non lo farò, ma mi guarderò allo specchio con altri occhi, i suoi. All'orizzonte sono apparsi, ormai, quegli strani esseri, quella fauna sconosciuta. Entreranno nella mia vita, emergeranno nei discorsi tra donne, quelle chiacchierate interminabili - sostanzialmente inutili - in cui pianti e risate si incroceranno arrivando ad una sola conclusione: l'immodificabile diversità dei due sessi. Scoprirò, e non sarà piacevole, che questa diversità, a livello sociale, si colora d'inferiorità; scoprirò che il potere è maschile. Scoprirò che la forza delle donne e la loro fragilità sono legate a doppio filo alla maternità. Forse non per tutte, come non per tutte il lavoro, la professione, la carriera sono importanti allo stesso modo, ma certamente per molte. Dopo anni di discussioni, confronti... e contatti diretti, esperienze di pelle e di anima con "loro", i maschi, cosa potrei, in estrema sintesi, concludere? La "diversità" è ricchezza, da conservare e di cui andare fiere: "copiare" gli uomini non è soltanto stupido, è inutile. Le donne vogliono rispetto e libertà di scelta. Facile da dirsi, ma con la crisi che stiamo attraversando è cambiato l'ordine delle priorità e le donne, di nuovo, ne escono e ne  usciranno svantaggiate.
Le donne continueranno a raccontarsi agli uomini che, invece, non smetteranno di "mostrarsi", esibendo medaglie al merito e... muscoli? Non lo so; sono solo pensieri sparsi che mi attraversano il cervello, come nuvole in corsa un cielo che l'inverno già scolora...

giovedì 1 novembre 2012

L'antipolitica diventa politica.

Il Paese si aspettava una protesta, e la protesta è arrivata. Nelle democrazie occidentali la protesta seria, ripeto seria, è affidata al voto. Un politico ha deluso? Si rimanda a casa e se ne nomina un altro. Renzi (il giovanotto che vuole "svecchiare" il Pd a cominciare dall'età anagrafica per finire dove non si sa, o si è capito fin troppo chiaramente...)  l'ha chiamata "rottamazione". Largo ai giovani e ai nuovi linguaggi.
Cos'è successo in Sicilia? Di tutto e di più, a partire da un astensionismo mai registrato prima che già falsa in partenza ogni nostra osservazione; infatti è soltanto la metà dei siciliani che non ha  disertato le urne.  
Se l'astensionismo nell'isola ha radici antiche che affondano soprattutto nel menefreghismo, e quello nuovo (che giustifica l'incremento numerico del fenomeno) si alimenta di rabbia, impotenza, indignazione, c'è tuttavia qualcosa che lega tra loro gli "astenuti" (tutti  gli astenuti) ed è la sfiducia. La sfiducia, più che giustificata, nei confronti dei politici e della politica rende però lo sguardo corto e poco critico e tutto appiattisce in una lunga linea grigia che a nessuno interessa più scavalcare. Prevalgono le generalizzazioni che banalizzano la politica. Capisco quanto possa essere forte la tentazione di gettare dalla finestra i poitici e la politica con loro, ma è arrrivato il momento di fare dei distinguo. La politica non si può "gettare" nella spazzatura, i politici, invece, si possono cambiare (legge elettorale consentendo). 
Ma quale politica dobbiamo salvare? La migliore, quella che non c'è (come la famosa isola) ma che ognuno di noi ha dentro, quella che si alimenta di speranza, di giustizia... Quella rigorosa, di ampio respiro, orientata a dare opportunità ai giovani, trasparenza ecc.? Sì, proprio quella.
I siciliani (più del 50%) però hanno scelto di rottamare il voto, rinunciando all'esercizio di un diritto previsto dalla Costituzione, un diritto costato lacrime e sangue e, non dimentichiamolo, concesso a noi donne soltanto dal 1946. I siciliani che hanno scelto di  protestato votando, hanno scelto Beppe Grillo. In spregio ai politici di professione considerati, in buona parte non a torto, impreparati e ladri.
Beppe Grillo la politica la conosce, l'ha praticata? Sì, sui palcoscenici dei teatri e nelle piazze perché il soggetto in questione è un guitto, è un comico... e ha iniziato la sua carriera politica facendo ridere. Ridi tu che rido anch'io, ha riempito le piazze dopo aver dato vita a un movimento che ha spopolato soprattutto tra i giovani. Perché lo hanno votato? Non è giovane, non sa nulla di politica ma promette una politica da Paese dei Balocchi: libera, anarchica, inventata sul momento, non preparata a tavolino.
Dopo Mussolini, Berlusconi e Bossi, dopo il meno acclamato Di Pietro, oggi l'ultimo Uomo della Provvidenza scelto dagli italiani è lui: Beppe Grillo che, diventato simbolo della protesta, ora sarà però chiamato a governare, quindi, con i suoi, a prendere decisioni, a fare scelte. A  fare politica. Lui si è affrettato a precisare da "attivista", non da politico. Per il momento ciò che emerge di nuovo è ancora e solo il  linguaggio, mentre stantia appare la scelta di tirarsi fuori, restare a guardare e criticare; e basta.
I"grillini", vincendo in nome dell'antipolitica, l'hanno trasformata in politica. Lo hanno capito e promettono che cercheranno d'imparare... 
Sul Pdl disgregato c'è poco da dire. I numeri ci comunicano che è finito. Poi c'è Rosario Crocetta, la "Sinistra" che vorrebbe e saprebbe essere seria, ma potrebbe non avere i "numeri".
Il cambiamento è un'altra cosa. Faticosissimo, fatto sulla propria pelle, sofferto, quotidiano...
Per il momento siamo davanti al "vecchio" che resiste (con tentativi di rinnovamento fatti dall'interno), il al "nuovo" che gioca ancora con le parole. E le promesse.
L'antipolitica diventa, nei numeri, la nuova politica. Vedremo di che "pasta" sarà fatta!