Il suono della sveglia rompe il silenzio e la strappa, se
non al sogno, certo al riposo, al tepore del piumone che l'avvolge e che dovrà
abbandonare. Alza la tapparella, una tortora le passa davanti al naso e
raggiunge il/la compagno/a. Tubano; sono tortore e, almeno loro, si amano. A
differenza di quelli del piano di sopra che, se non si odiano, si amano poco o
male.
Il suono aspro delle loro voci arriva fino a lei, invadendo
il silenzio della stanza. Tra poco scenderà il silenzio, unica alternativa alle
urla. Perché non si lasciano? E perché lei, l’inquilina del piano rialzato, non
si fa i fatti suoi? Alla prima domanda non è in grado di rispondere, alla
seconda… pure. Ha poco da fare, lei, e troppo tempo per pensare… Ma è una
risposta banale, che non la soddisfa. In realtà è curiosa, non pettegola, curiosa.
Di storie, di alternative possibili o, perlomeno, ipotizzabili. Lei scrive e se
ciò che scrive deve essere verosimile, non occorre che sia vero. E’ bastata la
tortora, in volo alla ricerca del compagno, e il suono aspro, ringhioso, di una
discussione per dare il via a una storia. Lui, lei… e se ci fosse l’altra?
O l’altro? Fuorché per le tortore, eccezione che conferma la regola, prima o
poi la coppia diventa triangolo: rettangolo, isoscele o scaleno, ma comunque
triangolo. Ma se è già difficile in due? In tre è più eccitante, ci vuole poco
a sentirsi madame Bovary…
Eccola che scende: batte i tacchi nervosamente sui gradini. I
tacchi? Per andare al lavoro? Ore e ore
sui trampoli? Mai cercare lontano il “terzo” che si è insinuato, lesto come una
lepre: o è l’amica del cuore o il collega di lavoro. Un’ipotesi non esclude l’altra…
Eccola: tacchi a stiletto, calze nere, capelli sciolti. Gonna corta,
naturalmente con lo spacco. Ma non girava in jeans e scarpe da ginnastica, un elastico
a legarle i capelli? E poi, che ore sono? E’ in anticipo… Lui, dove l’aspetta?
E’ partita, a tutto gas, l’onda scura dei capelli a coprirle
lo sguardo.
Tra poco scenderà il marito, ma un po’ più tardi: lui va in
ufficio a piedi.
Sorseggia il caffè. Aspetta.
Il marito scende lento, non ha voglia di affrontare la
giornata, l’ufficio, la vita. Ha il giubbotto jeans gettato sulle spalle, i
capelli arruffati, lo sguardo spento, le scarpe da ginnastica slacciate... Non
vede le tortore, si limita a guardarle, non sente l’odore della primavera. E’
immerso nell’inverno, il disgelo per lui non è ancora iniziato… Che spreco. Di
vita.
Il caffè le va di traverso: quanto a vite sprecate, lei, è
preferibile taccia o, al massimo, si conceda di giocare con le parole e con le
ipotesi. Già.