martedì 1 novembre 2011

Storia di nebbie e acquitrini (Parte seconda - Puntata n° 8)

Marilena si guardò intorno, lasciando scivolare su quella devastazione un'occhiata incredula. 'Non sarebbe rimasta un minuto di più in quella casa... con quell'uomo. Con quel bugiardo che l'aveva ingannata, facendosi passare per ciò che non era: un uomo d'ordine, gran lavoratore, persona semplice ma quadrata, solida. E invece, invece... '
Prese una valigia dal ripostiglio e incominciò a riempirla disordinatamente: biancheria raffinata, abiti sartoriali, scarpe eleganti, il profumo, la crema... Mio Dio, ma cosa stava facendo? Pensava forse di partire per una vacanza? Avrebbe dovuto trovarsi una camera in affitto, cercarsi un lavoro. Un lavoro? Era una maestra, o meglio, lo era stata, ma ci sarebbero stati problemi di graduatorie e termini per iscriversi da rispettare... E dove sarebbe finita? In qualche paesino sperduto, in montagna, tra bambini pieni di pidocchi e geloni...
Crollò a sedere sul letto nell'appartamento silenzioso, mentre la pendola del salotto cominciava a scandire i suoi rintocchi,  riportandola alla realtà. Si affacciò alla finestra: la strada buia, illuminata fiocamente da un lampione, sfumava in una nebbia leggera. Non passava nessuno, solo un'ombra sembrò sfiorare, per un secondo, il muro di una casa per scomparire subito, quasi si fosse trattato di un fantasma. Si vide in quella strada, la valigia troppo pesante da trascinare, il buio e quel silenzio poco rassicuranti intorno. Senza una direzione da prendere, un posto dove andare. Sola! Una dona sola a conoscenza di  segreti pesanti,  pericolosi.
Dov'era Gualtiero? Dov'era l'uomo l'uomo che l'aveva sempre protetta, difesa dalle brutture del mondo - pensò. Non esisteva più! In quel letamaio, ora, aveva trascinato anche lei, a forza, obbligandola a condividere quell'orrore. Perché non aveva cercato un amico, un prete, un fascista della sua stessa pasta per sfogarsi? Ma la risposta era lì, sotto  suoi occhi, nel vuoto di quelle loro solitudini affiancate. Gualtiero era, come lei, solo, senza amici. Dopo la morte di Desmo, gli era rimasta lei... e quel segreto, quelle spedizioni punitive, quel morto - uno soltanto? - sulla coscienza. Era un fascista, l'aveva sempre saputo... Ma non aveva mai pensato fosse un assassino. Era uno 'spione', e anche di questo era a  conoscenza... ma, ma che cosa? Il suo lavoro, quel lavoro che l'aveva resa un'agiata borghese, era un lavoro sporco, nero come quella notte senza luna, nero come i suoi pensieri, nero come la disperazione che si stava impossessando di lei, che la stava attanagliando alla gola, mentre capiva che restare con il marito avrebbe significato essere complice delle sue oscure trame, abbassarsi al suo livello, scendere a patti con la propria coscienza, vendersi per qualche vestito di seta e un abbraccio frettoloso a riscaldare per un istante la notte. Solo per un istante.
Tolse un appendino dall'armadio e vi sistemò sopa un abito, poi ne prese un altro e un altro ancora; fino a quando la stanza riprese il suo aspetto usuale. Rassicurante.
Sentì il marito rientrare e chiuse gli occhi, fingendo di dormire. Lui si spogliò, allungandosi lento al suo fianco.
Come sempre.
(continua... )