giovedì 11 febbraio 2010

E il blog...

Lei teneva un diario un po' ripetitivo, rassicurante. Accogliente. Ispirandosi a questo retroterra di esperienza, quella mattina aveva cominciato a scrivere sul blog, un brivido, quasi una sottile inquietudine mai provata prima sulla pelle, all'idea che forse, prima o poi, qualcuno avrebbe letto le sue parole.
Differenza non da poco perché comportava l'assunzione di responsabilità necessaria per affrontare un eventuale confronto. Ma il blog non è fatto soltanto di contenuti, è, o potrebbe diventare, anche un frammento di quella bellezza da qualcuno ritenuta, e forse non erroneamente, salvifica per il mondo. Vagabondando per blog dalla grafica raffinata, leggendo post impreziositi dall'accuratezza ma anche dall'originalità aveva avuto modo di rendersene conto mentre, davanti agli occhi, le si srotolava il mondo che cominciava a esplorare come un viaggiatore partito senza una meta precisa, portandosi in spalla solo la curiosità. Mentre andava alla ricerca, come un cercatore d'oro, della vena che avrebbe cambiato la sua vita, questo spazio diventava palestra in cui addestrarsi alla scrittura in tutte le sue forme e modalità, diventava via d'accesso, ulteriore, alla scoperta di ciò che aveva sempre intuito essere ma che soltanto l'inquietudine e il malessere che le serpeggiavano sotto la pelle avevano fino a quel momento segnalato. Poi la scrittura diaristica si era fatta fantasiosa, slegata dalla sua realtà aveva acquisito leggerezza aerea... in quella babele di domande che individuava nei blog aveva cominciato a trovare anche delle risposte, si era riflessa nelle emozioni degli altri leggendovi le proprie e, finalmente, aveva visto, non intravisto ciò che avrebbe voluto essere o forse ciò che era, era sempre stata, e il blog l'aveva soltanto aiutata a scoprire.
Digitò racconto e... sorrise.
La nebbia della Padania svaporava lieve oltre la finestra mentre le parole si rincorrevano sul video come rondini in un cielo bianco di calura estiva.

Ultimo carnevale

Si erano appena sposati e lei non aveva ancora conosciuto i parenti del marito, suocera in testa. Erano partiti subito dopo la cerimonia, diretti a quel paesino, poco più di una spruzzata di case, a qualche chilometro da Chieti, dove lui, il marito, era nato e cresciuto.
Le prime ombre della sera già si allungavano a lambire i muri quando la loro macchina si fermò e Valeria, intimidita e quasi soffocata di baci e complimenti, venne fatta entrare.
“Non avete fatto festa per il matrimonio, festeggeremo il carnevale e la maschera più bella sarà premiata”, la suocera borbottò, volteggiandole intorno curiosa. Valeria sorrise scusandosi, poi con sollievo uscì dalla stanza lasciandosi alle spalle quell'atmosfera un po’ soffocante.
Entrò nella camera: sul letto un abito ‘Charleston’ in velluto di seta nero, una cloche che risultò essere della sua misura e scarpine di vernice. Di lato una maschera, nera e avorio come le scarpe.
Eccitata come una bambina, indossò il vestito, poi, lentamente, si voltò verso lo specchio dell’armadio.
Si guardò, percependo una sensazione di estraneità mentre la stanza si animava di presenze furtive, sospiri, mormorii; una risatina di gola gorgogliò alle sue spalle.
Alle sue spalle?
Che sciocca! La stanchezza e l’emozione di quella lunga giornata le stavano giocando un brutto scherzo – pensò, annodando il nastrino di velluto intorno al collo e fermandolo con un bocciolo di rosa color avorio. Troppo stretto le dette una sensazione di soffocamento. Tentò di allentarlo ma riuscì soltanto a stringere ulteriormente il nodo. Le sue mani afferrarono la rosa di tulle. Sentì sotto le dita inturgidirsi i petali, una spina le punse la mano. La rosa si apriva, viva. Viva? Spalancò la bocca cercando l’aria. Il nastro, quasi fosse stretto da mani invisibili, la stava strangolando.  Annaspando con le dita intorno alla gola, si gettò contro la finestra spalancandola con le ultime forze, ma sbilanciandosi nel movimento.
Il suo corpo piombò nel cortile senza un grido, mentre il nastro di velluto si scioglieva, roteando libero nell'aria della sera in uno spampanio di petali luccicanti.

Nel salotto il cicaleccio cresceva d’intensità e tutti commentavano, stupiti, la straordinaria somiglianza di Valeria con la bisnonna del marito, morta suicida precipitando dalla finestra, oh mio Dio!, alla vigilia di carnevale alle otto di sera del….
L’orologio a pendolo emise il primo rintocco. Tacquero le voci, mentre altri sette colpi rimbombavano uno dopo l’altro nel silenzio attonito della casa.