domenica 27 luglio 2014

Sono quel che rimane sul fondo di un bicchiere

Sono quel che rimane sul fondo di un bicchiere
un goccio
un goccio ancora da scolare
non certo per gustare
solo per ricordare
quel gusto che fu pieno,
che fu intenso,
prima di lavar via,
insieme,
vita e gusto.

Misteriose, miracolose alleanze

Messa sghemba sul letto, agitata da un tremore continuo, A. seguiva tutti i miei lenti, impacciati movimenti. Era arrivata la sera prima; il medico che l'aveva visitata aveva scrollato la testa … Formalmente, medici e infermiere le chiedevano il permesso: d'infilzarla, come tutte noi, con gli aghi della flebo, di prelevarle il sangue, di farle ingoiare delle pappe dall'aria poco invitante. Senza aspettare una risposta procedevano. Lei allora esplodeva in quei suoi "NO" urlati con tutte le sue forze. Si poteva sentirla fin dall'ingresso del reparto.
Io l'osservavo, ascoltavo i suoi monologhi, e quando mi puntava addosso quei suoi occhi folli le sorridevo. Giorno dopo giorno dai commenti delle infermiere e dei medici scoprivo qualcosa su di lei… Veniva da una "Struttura", aveva avuto un malore e l'avevano portata al Pronto Soccorso.
Anziana, affetta da numerose patologie "sragionava". Pure.
La prima notte passata insieme A. non chiuse quasi occhio e io nemmeno. Tentai di comunicare con lei…  «E' inutile, non capisce nulla», sussurrò l'infermiera, ma io non avevo niente da perdere.
Mi erano tornate alla mente le notti passate con mio figlio insonne, le nenie canticchiate, le storie sussurrate… Cominciai a raccontarle quelle fole, mentre lei alternava sorrisi ai ghigni e le urla, quando le accarezzavo la mano, cominciavano a scendere d'intensità. Anche le altre ammalate avevano iniziato a farle ciao con la mano, rassicurandola con dolcezza a  bassa voce. Pian piano sembrò accorgersi di noi, le sue compagne di stanza. Per tutto il periodo in cui fu ricoverata non smise mai di ribellarsi e continuò a esigere rispetto battendo i pugni ossuti sulle stanghe del letto.
La mattina in cui la dimisero A. "la matta", quella che non capiva nulla, mi disse: «Ti voglio bene».

Negli ospedali, trincee di quella guerra senza esclusione di colpi che è la malattia, coraggio e paura, debolezza e forza, ribellione e sottomissione, vita e  morte siglano improponibili, misteriose, miracolose alleanze.