venerdì 17 ottobre 2008

Che Paese è?

Se ne andarono, abbandonando il loro Paese, prima le "braccia", a spalare carbone nelle miniere del Nord Europa.
Partirono per fame.
Poi, alla chetichella, cominciarono a partire i "cervelli": emigrarono negli Usa, in Inghilterra, in Olanda...
Per fare ricerca.
Ora partono le "coscienze".
Per sopravvivere.

Tradimenti

Cosa succederebbe se avessimo il coraggio di dire ciò che pensiamo?
Al nostro uomo che sussurra, con voce troppo dolce; - Non posso venire, ho un impegno imprevisto.. - e noi, aiutandolo a mentirci: - Di lavoro? ... Possibile che non colga l’ironia sulle nostre labbra? Non la coglie, abbocca all’amo e conferma, sicuro: - Sì di lavoro - aggiungendo - una seccatura, una vera e propria scocciatura.
Forse si aspetta una nostra partecipazione, almeno verbale, del tipo - Mi dispiace, ma non preoccuparti: ci vedremo un’altra volta; fa’ lo stesso ?
Se invece gli dicessimo: - Un impegno di lavoro alla domenica? Altamente improbabile - che è il linguaggio statistico usato per definire un evento impossibile.
Se dicessimo - Non mi bastano più le briciole del tuo tempo, sai che ti dico: voglio un uomo che stia con me perché io gli piaccio, perché si diverte, perché ama sentirmi ridere e il tempo, quando stiamo insieme, gli vola, gli vola via così rapidamente da fargli scoprire una ruga o un capello grigio ogni volta che mi lascia.
Tu, invece, quando siamo insieme, sbirci l’orologio di sfuggita con occhi colpevoli, gli stessi occhi che hai quando il telefonino suona e, sbuffando, ti alzi e ti allontani.
E non ti rendi conto che hai continuato a sorridere ininterrottamente mentre parlavi, quasi baciavi il telefonino, ed è un po’ strano che tu mi dica, di nuovo ( sta diventando un’abitudine? ) - che scocciatura, un collega.. -
Se ti dicessi: - Avevi lo stesso sguardo che, tanto tempo fa, incrociò il mio lungo il corridoio della scuola, quando ci presentarono e tu sembrasti avere occhi solo per me, per il mio volto giovane, intatto, per la mia bocca che eruttava parole in libertà che, allora, tanto tempo fa, ti facevano ridere .
Se ti dicessi - Avevi lo stesso sorriso, quello che ti increspa la pelle intorno agli occhi, rendendoti interessante perché le rughe su voi uomini non disturbano. Danno al vostro sguardo un’aria vissuta, al nostro, di noi donne intendo, solo un’aria pesta, stropicciata.
E invece ti dico: - Un collega o una collega? - , ma cambio subito discorso per non metterti a disagio o, più probabilmente, per non farti venire la tentazione di dirmi quello che non voglio, non posso sentirmi dire.
A volte stai lì muto, l’aria svagata, lo sguardo assente e io ti chiedo : - Sei stanco ? -
e tu mi rispondi:- Sì! - e poi, tra noi il silenzio, che nemmeno il gracchiare rumoroso del televisore riesce a superare del tutto, un silenzio che ci penetra nelle ossa come il freddo, un silenzio che ci portiamo dentro, ormai, come un compagno indisponente che ci siamo imposti di tollerare. Un silenzio strano soprattutto per me, che amo le parole, le colleziono quasi, le scelgo con cura, le colleziono e catalogo come reperti preziosi.
Se io avessi il coraggio di aggiungere a quelle parole - Sei stanco? - un - Di me?- e se tu avessi l’onestà di rispondermi: - Sì! - , forse, entrambi potremmo smettere di ingannare noi stessi e l’altro e la vita ci potrebbe ancora sorprendere.