domenica 30 dicembre 2012

Raccconto greco

Koufonisi  aveva trovato scritto su Facebook sotto una macchia d'azzurro e l'onda dei ricordi era arrivata come uno tsunami. Koufonisi, il suo primo impatto con la Grecia.  Una sorta di barcone l’aveva scodellata sulla spiaggia, assieme a due capre, qualche turista e un anziano del posto che accompagnava una barella su cui languiva, più morta che viva, una vecchia avvolta in un vestito nero che sembrava un sudario. Sul fondo della barca erano stati stipati sacchi, damigiane e valigie legate con lo spago, in quantità tale da farle ritenere miracoloso che con quel carico il barcone fosse riuscito a raggiungere la riva senza sprofondare. Era partita con un'amica e le figlie.
Sull'isola pochissimi turisti, le solite onnipresenti capre, quattro ragazzotti seduti sui gradini della chiesa a seguire con gli occhi le ragazze, e qualche vecchio a bere uzo nell'unico bar del paese, anche se ci voleva un bel coraggio a chiamare paese quella spruzzata di case.                                                             Circondata dal mare che l’isolava dal mondo, battuta dal vento, che strappava profumi d’oriente a quei cespugli bassi ai quali bastava un pugno di terra tra le rocce per mettere radici, l'isola era di una bellezza sconvolgente, quasi irreale, come i luoghi che popolano i sogni.
Una mattina, mentre passeggiavano sulla spiaggia deserta, avevano incontrarono una zingara: nera di occhi e di capelli, indossava una gonna scura, lunga, e un giubbetto coloratissimo. Al collo, ai polsi e alle caviglie, a ogni suo passo, tintinnavano monili che il sole faceva brillare. Immotivato, un lungo brivido le aveva percorso la schiena. 
"Liberiamocene!" aveva borbottato l’amica, cercando nella borsa che teneva a tracolla degli spiccioli, ma la donna, che ormai le aveva raggiunte, facendo un cenno di diniego con la testa, le aveva già afferrato una mano, rivoltandola sul palmo. Un'occhiata ai segni che la percorrevano... rapida, prima di rialzare la testa e guardarla, in silenzio, mentre lei avvertiva il soffio del vento sulla pelle e di nuovo rabbrividiva.
"Lasciala perdere; vuole leggerti la mano" le aveva detto l'amica, aggiungendo a bassa voce: "Vuole soltanto spillarti un po' di soldi".
"Capisci le sue parole?" lei le aveva chiesto.
"Un po'..." le aveva risposto.
La zingara stava ora sussurrando qualcosa ma, improvvisamente, sembrava incerta. Esitante. Aveva abbassato lo sguardo e ora sembrava fissare l'impronta che il suo piede aveva lasciato sulla sabbia.
"Allora?" lei aveva chiesto interrogativa.
La zingara aveva alzato la testa e mosso un passo, facendole capire che aveva deciso di andarsene.
La razionalità si era scontrata in lei con qualcosa di arcaico, lontano. Indefinibile. Al suo fianco l'amica diceva qualcosa che lei non ascoltava.
"Dille... che la pagherò"
"Vuole il vestito che indossi. Non vuole denaro."
Ormai una specie di frenesia si era impossessata del suo cervello. Volevo sapere... Cosa voleva sapere?
Si era sfilata l'abito di dosso: era un vestito zingaresco, rosso fuoco; la gonna a balze si era gonfiata di vento, la camicetta le era sfuggita di di mano, volando come una nuvola. La zingara aveva alzato gli occhi, il vento aveva smesso di soffiare. Di  colpo. Il vestito ondeggiando nell’aria era  caduto ai suoi piedi.
Si era chinata a raccoglierlo, prima di parlare di nuovo.
"Ha tre figli" aveva tradotto l’amica.
Giusto!
"La polizia verrà a casa sua a comunicarle una disgrazia... "
Si sarebbe rivelata un’informazione corretta.
Le aveva snocciolato, davanti a quel mare che mormorava il canto senza fine dell'acqua, tutto il suo futuro...
"Se perderà questo  semino – e guardandola negli occhi le aveva deposto sul palmo della mano aperta un seme color sabbia - avrà una vecchiaia funestata da una malattia incurabile... "
L'aveva vista allontanarsi lungo la spiaggia, la macchia rossa del suo vestito tra le braccia, l'orma dei passi cancellata immediatamente dall'acqua. Era scomparsa, mentre il semino le scivolava dalla mano, confondendosi con la sabbia.
L'aveva cercata i giorni successivi; nessuno l'aveva vista, nessuno la conosceva, soltanto una vecchia cieca, che parcheggiavano sotto un pergolato, le aveva detto: "Ho sentito il tintinnio dei suoi monili quando mi è passata accanto... viene una volta all'anno, il giorno del solstizio d'estate. Un anno si veste di nero, un anno di rosso e… svela un destino. Indossa abiti bellissimi... A me predisse la cecità".
"Tutte superstizioni" lei aveva mormorato, stringendosi inquieta nello scialle.
"A me chiese un abito nero…” aveva continuato, a bassa voce, l’anziana cieca.
"Non l'ascolti, non ha più il cervello a posto! Taci nonna!" aveva gridato aspra, in uno stentato italiano, la nipote all'anziana donna, dallo sguardo perso nel vuoto
Lei si era chinata all'altezza dell'orecchio della vecchia e le aveva sussurrato : "Il mio... era rosso!"

“Perché proprio a me? “ si sarebbe chiesta tanti anni dopo, senza mai trovare una risposta.

sabato 29 dicembre 2012

In una grigia giornata di dicembre davanti ai quadri di Picasso...

Inquietanti, nelle sale grigie, senza finestre, ovattate, si materializzano le immagini. All'inizio tradizionali: bellissime e immediatamente percettibili danno la misura di un'abilità tecnica ormai acquisita, ma contemporaneamente preannunciano, attraverso l'inquietudine che comunicano, l'esigenza di una ricerca che porti a un approdo più complesso, che forse accorci la distanza che intercorre tra il vero, a cui l'artista attinge, e il verosimile che ne costituisce la deformazione in chiave artistica, ma soprattutto contenga la traccia di questo percorso.
Un artista deve (è costretto) a comunicare le emozioni che la realtà che lo circonda gli accende nella mente e nell'anima. Testimone di guerre feroci, Picasso vive il  dolore, lo sgomento e l'orrore (che esprimerà a livello pittorico in quel capolavoro che è Guernica) sintetizzandoli nel pianto: accorato, impotente, disperato pianto di donna. Ogni donna che piange è una rappresentazione diversa di quello stesso potente, insondabile e universale sentimento che è il dolore.  Ma questa sintesi è frutto di un percorso acquisito assemblando immagine a immagine, sensazione a sensazione nell'animo e nella mente di Picasso. Esattamente come succede a noi tutti. Uno sguardo schiude un'anima, un profilo si fa netto illuminato da un sole nascente, una bocca ridente richiama il suono di una risata, un seno svetta, giovane e prepotente, a svelare il desiderio maschile che pervade l'immaginario di ogni uomo. Ma l'emozione che affiora compatta è il frutto di  un "disordine" temporale/ rievocativo, di "componenti" essenziali che danno vita quasi miracolosamente, grazie al potere di sintesi della mente e dell'anima, a sentimenti che hanno una loro unicità armoniosa. La mano traccia un segno che materializza i frammenti che sfrecciano nella mente e accendono i sentimenti dell'anima. L'immagine dipinta contiene, smembrandoli, tutti gli elementi che hanno segnato il percorso di formazione di qualunque sentimento.
In modo disordinato? No, soltanto non convenzionale. Nuovo.

mercoledì 12 dicembre 2012

Tentando un bilancio...

E' difficile sfuggire alla tentazione di redigere il solito bilancio di fine anno, prima di archiviare, tra i ricordi, anche questo 2012. Nel Paese un doppio governo: quello tecnico impegnato a salvarci dal "baratro" e quello politico/istituzionale, responsabile del baratro, impegnato a salvarsi dalle indagini della Magistratura e dalla furia popolare. 

In corso d'opera il governo tecnico si è rivelato profondamente politico, facendo scelte che hanno penalizzato la classe media, messo il bavaglio ai lavoratori e tutelato i "ricchi". Lo hanno fatto però con grande... garbo, rendendo di nuovo presentabile il Paese nei consessi internazionali.  I politici, quelli veri (?), dietro un accordo di facciata finalizzato a puntellare il governo tecnico, hanno continuato a sbranarsi, rubare, dividersi ecc. dando di sé ben misero spettacolo. 

I cittadini, pur di prendere le distanze da una classe politica ormai sinceramente ripugnante  e non più credibile, oltre ad  allontanarsi dalla politica (scelta evidenziata dal livello raggiunto dall'astensionismo quando si è votato) sono arrivati al punto di  prendere sul serio (ma ci credono davvero?) un comico come Grillo che ha saputo, a suon di sberleffi e parolacce, dare la stura alla loro rabbia. Ora, primo regalo sotto l'albero di questo Natale da ricordare, è tornato in pista il "grande ammaliatore", quel Berlusconi Silvio che tanto danno ha creato al Paese. Sarà ancora pericoloso o  soltanto patetico?

Non snocciolo i numeri della crisi che, greve come una cappa di nebbia sulla Padania, rinserra il Paese in un abbraccio mortale. Fino a quando durerà? L'incertezza, unica certezza,  regna sovrana...

Mi gravano, e mi graveranno, sull'anima certi sguardi che lo schermo televisivo ha rubato di soppiatto alle gente: la disperazione di chi ha perso il lavoro, la paura negli occhi dei terremotati, il dolore infinito delle madri che hanno perso le figlie, vittime di femminicidio...


A livello personale, con la malattia che mi porto in spalla, archivio un anno di vita: dura, difficile, con vuoti pesantissimi, paure, ansie, incertezze... ma anche emozioni, speranze, qualche battaglia vinta, nuove conoscenze, il calore e la complicità dell'amicizia. 

Insomma un altro anno di Vita.

domenica 9 dicembre 2012

Si avvicina Natale...

La cucina esala vapori azzurrini e mormorii femminili. E risate. Si muovono, a loro agio, le due giovani donne in quella che fino a poco tempo fa è stata la mia cucina. "Possiamo?" hanno chiesto, educate. Ho fatto un cenno d'assenso con la testa, un semplice segno d'assenso che ha sancito un passaggio di consegne. Ora guardo, seduta. Loro affettano cipolle, sminuzzano noci e mandorle, dosano, poi assaggiano. Preparano la tavola e chiacchierano: di lavoro, di politica di uomini. Parlano anche di figli, cambiando tono di voce ed espressione. E' arrivato il tempo (e il desiderio) della maternità? Non indago.
Le ragazzine, che appena ieri mi giravano per casa, ora sono due donne: belle, intelligenti, profondamente amiche. Hanno deciso di sottrarmi non alla tempesta di neve che investirà il paese per le festività natalizie, ma alla tempesta dei ricordi, ai bilanci affettivi in "rosso", a quella casa troppo ordinata dove i miei nipoti non irromperanno confusionari e rumorosi, dove la loro madre non porterà più (a Natale) la solita confezione di tè, infiocchettata di rosso con il nastro dorato, dimenticandosi che, da anni ormai, la teina e la caffeina sono veleno per me. Mi porteranno altrove, hanno già organizzato tutto. 
Il risotto è buonissimo; il mio stomaco, abitualmente contratto, gradisce e non protesta. Telefonano il padre dell'una e il moroso dell'altra: sono preoccupati per il ghiaccio che potrebbero trovare al ritorno, ma loro, dopo aver riordinato la cucina, si fanno un caffè e saltano in macchina. Dalla finestra vedo la strada e la notte inghiottirle. 
Prima di partire mi hanno abbracciato. Stretta. Sapevano di giovinezza, spezie e... affetto.

lunedì 3 dicembre 2012

Bersani sembrava ringiovanito, felice, come una sposa il giorno delle nozze...

Com'è strana la vita. Bersani esulta... niente come la vittoria cancella i dubbi dalla nostra mente. Si analizzano le sconfitte, minutamente, sotto ogni aspetto, ma mai nulla di simile si fa o si farebbe in caso di vittoria: è la stessa vittoria che convalida la correttezza delle scelte fatte. Ma chi ha votato alle primarie del centrosinistra per la sinistra  tradizionale? Non certo chi, come spesso i giovani, ricerca un cambiamento ma gli elettori tradizionalmente di sinistra, quelli che si sentono rassicurati dalla continuità delle tradizioni, che non amano i ribaltoni. I "fedeli" a oltranza, quelli della critica sì, ma non distruttiva e... soprattutto dall'interno. Non dimentichiamo che i panni sporchi si lavano in famiglia.
E così la vittoria, nello stesso momento in cui si delinea all'orizzonte, in un tripudio di sorrisi, risate e bandiere al vento, incomincia a scavarsi la fossa. Ha ben poco da ridere Bersani: il lavoro che gli si presenta davanti è difficile, spaventosamente difficile e, non dimentichiamolo, gli errori che il partito che rappresenta ha commesso sono stati elencati, sviscerati, analizzati e... sbandierati. Ai quattro venti. Altri non saranno consentiti.
Il "ragazzino" ribelle che ha sfidato l'autorità del padre ha perso. Sì, ha perso, ma si è fatto un'esperienza sul campo, ha fatto entrare aria fresca nelle stanze del potere e ha acceso dubbi, non convalidato certezze. 
Non ho mai nascosto la mia scarsa simpatia per Renzi, certe sue frequentazioni mi hanno insospettita, il "fuoco amico" è quello che causa la morti più dolorose da accettare... Ebbene sì, però è al linguaggio gestuale che ricorro nei momenti in cui la diffidenza per le parole si fa più acuta, e il volto della sconfitta del ragazzino era una faccia da uomo: sconfitto ma non perdente. Il sorriso scomparso, la parola più  lenta, soppesata finalmente, la stanchezza nello sguardo mescolata al dubbio... ma anche, e non paradossalmente, la precisa consapevolezza che la sconfitta possa aprire le porte a una futura vittoria. Perché, a differenza delle storie (dove il finale scontato è "E vissero per sempre felici e contenti"), la Storia ci ha insegnato che i vincenti di oggi saranno quasi sempre i perdenti di domani e viceversa. Per questo a quel Bersani ringiovanito, felice come una sposa il giorno delle nozze, vorrei raccomandare prudenza, attenzione, e ricordargli che vincere una battaglia, a suon di chiacchiere, non significa vincere una guerra. 

sabato 1 dicembre 2012

Che nottata, ragazzi...

Cosa starà  facendo Renzi? Alle 5 e trentasette minuti è probabile che stia dormendo, sfiancato dalla fatica accumulata in questa ultima settimana di propaganda elettorale. Ha tre figli e una moglie. Parla nel sonno: a raffica, com'è sua abitudine. Ma lei, la moglie, a quel mormorio ininterrotto ha fatto l'abitudine e, nel cassetto del comodino, ha i tappi per le orecchie. Oggi niente camicia (rigorosamente bianca) con le maniche rimboccate e i jeans un po' stinti, oggi giacca e cravatta. Si raccoglie, non si semina, non occorre convincere.. Forse, oggi, è giunto il momento di vincere. Una macchina sfreccia nella notte e illumina, per un istante, il volto del marito. Lo staff ha preso la decisione: i nei andranno tolti. Disturbano, non sono lentiggini. Non ispirano sentimenti di simpatia: fanno pensare piuttosto a Bruno Vespa e a "Porta a Porta"... Eppure lei l'ha conosciuto così e a quei nei è abituata: la rassicura sentirli sotto le dita quando gli fa una carezza. Almeno quelli sono rimasti eguali, a differenza del sorriso. Il sorriso non è più il suo: è diventato meccanico, non contagia gli occhi; appare e scompare a comando; non l'aveva notato: Matteo sorride molto, ma non ride mai. Parla a raffica, sorride, gesticola: convincerebbe chiunque. Le ricorda qualcuno, ma è meglio non ne faccia il nome... 
"Dormi, Matteo, dormi... " sussurra e lui le risponde "Dormire sì, sarebbe la cosa migliore, ma tre ore per notte possono bastare: Mussolini e Berlusconi..."
Lei di politica ci capisce poco ma Mussolini e Berlusconi sarebbe meglio lasciarli stare - pensa, mentre la sveglia inizia a suonare e Matteo a...  parlare. Lei sbuffa, non risponde. Le viene il dubbio che l'abbia conquistata così: a chiacchiere. Forse lo ha sposato come si compera un'edizione extralusso della Divina Commedia da un venditore incollato alla porta.  Per sfinimento.
Bersani, che pure lui ha moglie e due figli, non ha quasi dormito. Ha bevuto troppi caffè, ha digerito male e non è sicurissimo di vincere. Matteo gli ricorda quei botoli ringhiosi che si attaccano agli stinchi e non mollano.
Per tutta la notte, appena si assopiva Matteo gli appariva in sogno e attaccava. Critiche: in buona parte valide, ma... ma lui ha fatto quello che ha potuto. Il conflitto d'interesse, beh, si sarebbe potuto fare meglio, ma c'era in ballo la Bicamerale  e poi... D'Alema e Veltroni non la pensavano come lui. Se avessero avuto più tempo, ma già rivede Matteo che alza la mano e allarga le dita... Sì, cinque anni non sono pochi. E la Politica industriale, la lotta all'evasione fiscale? Il botolo ringhioso non smette di attaccare. Ma scusa, una volta - quanto tempo fa? - le critiche feroci te le facevano gli avversari, non i "tuoi". Vabbè che non c'è più rispetto per gli anziani, ma c'è un limite a tutto! Perché il "ragazzo" non si è messo con Berlusconi  o Casini (no Casini è meglio tenerlo di riserva) o Fini? Perché vuole vincere e governare? Ma basta parlare con chiarezza, se serve le lucciole le lustriamo per benino anche a novembre... 
"Dormi, Pier Luigi, smettila di agitarti" gli dice la moglie, ma fan presto le donne - pensa lui, Bersani, vinca o perda quel Matteo, perché stanotte ha sognato di essere a Troia a rimirare quel cavallo di legno, così bello e misterioso, abbandonato sulla spiaggia... Reminescenze scolastiche?