domenica 14 giugno 2015

Immigrazione e questione greca

L'Europa? Se è questa non mi piace e, soprattutto, non mi rassicura. Questi burocrati ingessati in abiti grigio ferro che passano da un incontro a una riunione, lasciandosi dietro stitici comunicati fatti di parole vuote, sarebbero i supertecnici che dovrebbero risolvere i problemi dell'Europa? Insieme? Al momento sono alle prese con due emergenze: la questione immigrazione e la questione greca. Per quanto riguarda la prima si sono trovati d'accordo solo sul rifiuto ad accogliere gli immigrati, scaricando il problema sull'Italia.
La "civilissima Europa" ha radici cristiane... così ci era stato detto, ma al "bussate e vi sarà aperto" si è risposto blindando le frontiere e mandando l'esercito a presidiarle. Il nemico da cui difendersi? Poche centinaia di immigrati con donne e bambini al seguito. Alla stazione di Milano distribuiscono acqua, pane e una mela a testa. A pochi metri di distanza, all'Expo, si ciancia sulla fame nel mondo. Non è rimasto qualche avanzo in questi giorni, qualche briciola del gran banchetto da gettare a questi affamati? Per dare loro, assieme al pane e all'acqua, un po' di companatico? 
Sulla questione greca mi limito a osservare che era stato previsto che un paese potesse uscire dall' Unione, ma nessuno, dico nessuno, aveva ipotizzato si potesse uscire dall'euro. Niente Piano B, insomma! Stanno tentando di elaborarne uno ora, in piena emergenza. 
Ci voleva un bambino eritreo, sporco, arruffato e affamato che allungando la mano dicesse: " Il re è nudo!"
perché, finalmente, aprissimo gli occhi. Tutti:

Il naso di Pinocchio si allunga...

Qualcosa non quadra: ci sarebbe in atto un esodo di proporzioni bibliche, i numeri forniti da alcuni mezzi d'informazione parlano di migliaia d'immigrati sbarcati ogni settimana negli ultimi mesi; ora non più soltanto a Lampedusa e sulle coste siciliane ma anche a Trieste e a Udine, la nuova Lampedusa d'Italia. Non dimenticandoci di coloro che bivaccano a Ventimiglia o assediano le stazioni di Roma e Milano... Poi scorro le immagini, mi soffermo con attenzione sui numeri, tiro un po' le somme e il bilancio non quadra. 150 persone che dormono per terra in una stazione - anche di ampie dimensioni come quella di Milano - si "sentono", disturbano, non fanno una bella impressione - si pensi soprattutto ai passeggere delle "Frecce" in visita ai padiglioni dell'Expo- , ma sono 150/200 persone! Portano via il posto ai barboni? E gli altri dove sono? Sembrerebbe nei Centri di accoglienza, già da mesi al limite della loro capienza.
Poi un'altra notizia mi colpisce: il balletto tra la Grecia e la "troika". L' Europa, quella che conta, quella che manda l'esercito alle proprie frontiere per respingere poche centinaia di poveracci, da egoista si fa improvvisamente altruista  e ben si guarda dal far fallire la Grecia. Per generosità? Non direi visto che le loro ricette per superare la crisi e ottenere i tanto attesi aiuti prevedono per i greci "lacrime e sangue":
I giornali strombazzano che "non si può far fallire la Grecia"... Per la Grecia o per l'Europa? Il ritorno a una dracma svalutatissima potrebbe far ripartire le esportazioni, incrementare il turismo e, chissà, indurre qualche altro paese (Spagna, Italia, Portogallo ecc.) a seguire l'esempio della Grecia. E tutta la costruzione europea, che si riduce e concentra soprattutto nell'euro, rischierebbe di crollare...
Allora due domande: quali sono le notizie prioritarie e quali le vere grandezze in gioco e a chi conviene falsare i dati? 

venerdì 5 giugno 2015

Equipaggi nello spazio...

Oggi posso dire con una certa serenità che sono uscita dalla gabbia nella quale la malattia di Parkinson(e la mia iniziale incapacità di gestirla) mi avevano relegato. I medici, con i quali ho avuto rapporti scarsi, poco empatici e a volte tempestosi, in quella gabbia mi avevano rinchiusa, e poco o nulla era stata in grado di fare la mia famiglia per farmi uscire da quell'inferno. Stralunati come me dalla diagnosi, i miei familiari avevano reagito con la fuga, l'aggressività nei miei confronti e/o un ostinato rifiuto ad affrontare una malattia (neurologica, progressiva e degenerativa) che soltanto a nominarla fa accapponare la pelle.

Confusamente, come una gallina cieca alla ricerca del suo chicco, ho avvertito l'ostinato bisogno/desiderio di potermi confrontare, farmi consolare e ottenere delle informazioni in merito alla mia malattia. A queste diverse necessità hanno risposto, in modo eccellente,  i GRUPPI PARKINSONIANI che sono sbocciati, nel nostro Paese,  come margherite sui prati in primavera. Animati (tutti?) dalle migliori intenzioni.

Questi gruppi, che si sono dati delle regole, un organigramma, obiettivi e strumenti per conseguirli, hanno acquisito una fisionomia diversa e distinta uno dal'altro.

Alcuni hanno puntato soprattutto sulla necessità di fornire informazioni sulle problematiche  relative alle difficoltà che incontra un parkinsoniano ancora impegnato sul fronte del lavoro: valutazione del deficit da parte delle Commissioni di invalidità, documentazione da fornire, individuazione dei farmaci a carico del Servizio sanitario e ticket, corsi riabilitativi gratuiti o a pagamento, fornitura di sussidi (materassi per invalidi, girelli, stampelle, poltrone, eliminazione delle barriere architettoniche nei condomini di residenza, nonché computer e automobili soggetti non solo a riduzione dell'Iva ma anche a deduzione della imposte da pagare nella dichiarazione annuale dei redditi).

Altri hanno puntato soprattutto sulla necessità di dare «visibilità» a una forma di handicap che non è conosciuta per ciò che effettivamente è, dando adito a discriminazioni spesso offensive che portano a confondere il malato parkinsoniano con un alcolista, un drogato, un demente, o comunque con persona non in grado di intendere e volere, a causa delle manifestazioni esteriori della malattia ( tremori, balbettii, incertezza nella deambulazione, espressività del volto ridotta o mancante, fissità dello sguardo, lentezza di riflessi ecc).

Altri, ancora, hanno privilegiato il contatto tra i soci, gli incontri, la valorizzazione di rapporti empatici puntando a spronare gli iscritti a combattere la malattia e a non arrendersi.

Non mancano i gruppi che si propongono la valorizzazione dei talenti nascosti che il Parkinson, o meglio i farmaci che lo curano, sembrerebbe non solo svelare ma anche (complice la terapia?) potenziare, stimando che la creatività possa avere una valenza terapeutica da non sottovalutare.   

Ciò detto, quale sarebbe il problema? Alcuni dei responsabili di queste associazioni, al grido di «l'unione fa la forza», ritengono che si potrebbero riunire tutti i gruppi sotto un'unica bandiera, standardizzando regole e obiettivi, con un organigramma ben studiato e informatizzato. Altri, resi diffidenti dalle difficoltà già sperimentate nei gruppi di dimensioni ridotte incontrate nell'armonizzazione di istanze diverse, si dichiarano restii ad aderire a questo progetto. L'unione fa indubbiamente la forza, specialmente in un mondo che la globalizzazione ha abituato ai «grandi numeri», ma richiede la capacità (e la volontà) di rinunciare al proprio potere in favore di un potere di gruppo e in ossequio al principio democratico che fa vincere la maggioranza. Richiede che non ci sia un «capo», o che sia un primus inter pares. Dare una «struttura» non rischierebbe di burocratizzare, spegnendola, la fantasia, la spontaneità, l'entusiasmo dei gruppi? E se invece i gruppi, mantenessero la loro autonomia e si stabilissero solo incontri periodici per «confrontare» i risultati conseguiti?

Per formare gli equipaggi da inviare in missione nello spazio, gli scienziati americani si erano accorti che non potevano inviare un solo astronauta. Si intristiva. Due, già meglio, anche se litigavano. Tre, impensabile: due si coalizzavano, isolandolo, contro il terzo. Quattro? Si combattevano due contro due, ma almeno ad armi pari…


Ahahahahah, il problema è serio e l'alternativa antica quanto il mondo: l'Europa e la difficoltà di renderla autenticamente unita, ci insegnano qualcosa. Io mi sono limitata ad alcune riflessioni…

lunedì 1 giugno 2015

TANTI CARI AFFETTUOSISSIMI AUGURI, ALESSANDRO!