mercoledì 19 agosto 2009

Romanzo a puntate I Dellapicca

La carrozza correva nella notte e Sigismondo, legato e imbavagliato, giaceva sul sedile. I tre uomini, dopo averlo trascinato nel palazzo del conte Pivani, quel Giovanni che Sigismondo aveva riconosciuto, si erano tolti i costumi e, a pugni e schiaffi, l'avevano obbligato a ragiungere la locanda dove lo aspettava il suo cocchiere. L'uomo, spaventato, aveva obbedito immediatamente agli ordini ricevuti e ora guidava sicuro la carrozza ripercorrendo in senso inverso la strada in direzione di Trieste.
Il Veneziano si lasciava nuovamente alle spalle Venezia riprovando, come allora, una disperazione sorda, uno sgomento così profondo da annientarlo. In quella sua prima fuga non si era reso conto di avere ancora delle carte da giocare e un asso nella manica rappresentato dalla giovinezza, dai gioielli, ma soprattutto dal Moro. A quell'uomo sembrava che il suo destino avesse assegnato il compito di salvarlo o annientarlo... Ma era stato davvero così ingenuo il suo astuto socio da non subodorare l'inganno? E se invece avesse capito tutto e si fosse prestato al gioco per far cadere lui, Sigismondo, nella trappola e prendersi poi la sua donna, la figlia e, forse, anche la Capinera? Magari, mentre lui era lì, legato come un salame, il Moro, vele al vento navigava già in acque sicure diretto chissà dove! In fondo lui l'aveva trattato sempre con condiscendenza altezzosa e forse era arrivato il momento di gettare la maschera delle finzioni anche tra lui e il suo ex servitore. Ma mentre questi pensieri gli attraversavano la mente, la speranza, che ci sostiene nelle situazioni disperate, gli prospettava ancora vie di fuga, soluzoni rocambolesche da porre in atto per salvarsi e salvare la moglie e la figlia.
Ogni tanto qualcuno degli uomini che, stravaccati all'interno della carrozza, dormicchiavano, apriva un occhio per controllare la situazione e gli sferrava un calcio borbottando insolenze che aggiungevano alla paura e al groviglio di sentimenti contraddittori che provava anche il gusto amaro dell'umiliazione mentre il disprezzo per l'uomo che era stato, per la debolezza del suo carattere e la stupidità che lo aveva fatto cadere ella trappola che gli era stata tesa, gli calavano addosso cupi come una notte senza luna su un viaggiatore perso in una terra sconosciuta.(continua...)