lunedì 23 agosto 2010

Parole, parole, parole...

Le parole, le parole sempre mi sorprendono. Le buttiamo là e, a volte, con superba indifferenza le sprechiamo o giochiamo con loro come il gatto con il  topo. Convinti di possederle, tutte e per sempre.
Invece le parole sono ambigue, pericolose come una femme fatal e altrettanto avvincenti. Capaci di rivoltarsi come boomerang dovrebbero essere maneggiate con attenzione, pronunciate dopo attenta riflessione. Chi non ha usato la parola sempre, impegnandosi ad amare fino al suo ultimo giorno, fino alla tomba, per poi finire tra le braccia di un altro/a appena girato l'angolo?
Chi non ha affermato perentorio un "mai" mentre già dentro gli sbocciava un "forse"?
Questo potentissimo strumento di comunicazione è un'arma. A tutti gli effetti. Multiuso. Può lenire una ferita dell'anima, rassicurare, incitare e portare alla rivolta, blandire, ingannare, suscitare il sorriso o ferire. A morte: come e più di una spada. Gelida come un coltello, la parola, una soltanto, può massacrarci, stampandosi nella nostra memoria a perenne ricordo di qualcosa che ci ha cambiati per sempre.
Possedere (le parole), equivarrebbe a stringere tra le mani un potere immenso, ma non c'è prigione che possa ingabbiarle, cassaforte che possa custodirle: come l'aria, sono di tutti a disposizione, come l'aria non si comperano e non si vendono.
Hanno un solo nemico: l'ignoranza.