domenica 8 gennaio 2012

Mario Monti: gatto, volpe o faina?

Ieri sera sera, a "Che tempo che fa" ho visto un gatto (?) bianco e grigio, cravatta azzurro intenso, giocare con un topolino. Seduto sull'orlo della poltrona, il presidente del Consiglio Mario Monti, volto serio ma non serioso, studia le parole a una a una, ne fa frasi brevi, concise, intervallate da pause a effetto; ma l'eloquio ormai lo conosciamo, quindi è sul linguaggio gestuale - che non risulta facile controllare - che s'appunta la mia attenzione.
Fabio Fazio ha una bella lista di domande birichine; il problema è che s'accontenta di risposte evasive e pure false. Inoltre perde la concentrazione quando l'interlocutore, ad arte, lo loda.
"Avremo altre tasse o basterà questa manovra e, soprattutto, possiamo ora considerarci "salvi"? E la Tobin tax? La Francia  e la Germania vogliono applicarla, ma l'Italia? Ricorda l'opposizione di Berlusconi? E quel mare di denaro assegnato alle banche europee dalla Bce? Ma non sono loro - le banche - le maggiori responsabili della crisi attuale?".
"Dovrebbero bastare le tasse contenute nella manovra appena varata, anche se il condizionale è d'obbligo..." risponde il gatto, e intanto lo studia, il topolino, mentre passa al mondo (e ai problemi) del lavoro, e conclude, sguardo trionfante, chiedendo l'opinione del Presidente sul blitz fatto dalla Guardia di Finanza a Cortina.
Ma è sulle banche (di cui è stato consulente per anni negli Usa) che Il gatto diventa volpe.
Di botto cambia espressione, abbassa lo sguardo. Anche lui. Come Trentin alla prima intervista seguita all'eliminazione della scala mobile. Come Bersani quando appoggia il Governo, questo governo, ma affermando che lo fa per i giovani, perché abbiano un futuro.
E chiede, il Presidente, ma imponendolo senza attendere la risposta come chi allunga la mano sui biscotti pronunciando un "Posso?" puramente formale, di spiegare, "di fare il professore". La cultura, come la ricchezza, non vanno esibite, men che meno ostentate, ma - ovviamente - utilizzate.
Parte quindi da lontano...
Le banche, beh! bisogna fare una premessa: negli anni Sessanta e Settanta il mercato, non ancora Mercato, era stato messo al bando, regolamentato in maniera eccessiva. Diciamo: soffocato. Poi, ai tempi della Thatcher e di Regan, la situazione cambiò e il mercato s'impose, soprattutto il mercato finanziario, e i politici non si opposero, anzi s'inchinarono(?) abdicando un po' troppo ai loro doveri. Le leggi, che pure esistevano per regolamentarlo, non venivano applicate. (Le leggi non venivano applicate? Professor Monti, le leggi?) La Finanza s'impose, assunse un peso eccessivo e il sistema subì un primo scossone. Fortissimo. 
Il mercato fu salvato (a spese dei contribuenti, facendo salire il debito pubblico) per evitare il disastro.
La volpe ammette le responsabilità dei politici (e delle banche); il topo gongola, convinto di aver messo alle strette quello che ancora crede sia un gatto, l'altro lo loda, lui, Fazio, s'imbroda e il Presidente passa alla crisi. Basta dietrologia, lo sguardo va rivolto al futuro, in senso strategico, adottando tattiche che tengano conto del presente. E' la crisi il vero problema, quello di cui ci si  deve occupare. Ora. Poi si penserà a regolamentare un po'(?) il mercato. 
Pardon Professore, sarebbe più corretto dire: a emanare nuove leggi in sostituzione di quelle abrogate!
Fazio non tenta nemmeno d'interromperlo deglutendo soddisfazione e timore reverenziale per la lezione graziosamente impartita.
L'altro è tutto concentrato sulla tattica attuale, il passato è alle spalle, le responsabilità ci sono, ma ci si deve occupare e preoccupare di consentire un futuro al Paese. Ora la priorità è fare cassa e far  ripartire il mercato. Non c'è tempo per punire i colpevoli. (E nemmeno la voglia di farlo, aggiungerei io)
"Ma le banche italiane sono sane?" domanda Fazio, occhieggiando sulla lista delle domande.
"E Unicredito?" Ma il Professore si è stancato di fare lezione a un allievo ottuso e si limita a borbottare/dare una risposta squisitamente tecnica.
E ora passiamo al lavoro. Qui la volpe non si nasconde più.
I giovani devono lavorare, poche balle!, il lavoro si aggancia alla produttività, altro che regole d'oro o principi. Senza profitti le imprese licenziano. Quindi la priorità in questo campo è rappresentata dai profitti. Tutto ciò che consente di conseguirli è ammesso. Anche licenziare il personale per delocalizzare l'impresa in Serbia? Come è successo per l'Omsa che ha cercato non il profitto (che già conseguiva), ma un più alto profitto? L'imprenditore che delineano le sue parole è Marchionne, che non viene nemmeno nominato, ma aleggia nell'aria come un convitato di pietra. 
La Ministra piagnona - precisa - è comunque impegnata in incontri bilaterali, un sindacato alla volta per carità, per sentire i rappresentanti sindacali; senza ascoltarli, tanto i giochi sono fatti, ma la forma è  salva.
Quanto all'euro non diciamo sciocchezze. Ha conservato il suo potere d'acquisto in questi dieci anni. Parola di economista!
A parte l'iniquità iniziale che ha favorito i detentori di beni rispetto ai salariati, agli stipendiati e ai pensionati, questa  domanda Fazio avrebbe  dovuto rivolgerla alla moglie del Presidente che forse, anzi sicuramente, fa la spesa... Chieda a lei, alla sua signora se la spesa dieci anni fa costava come ora. Il problema è il debito, quello pubblico. No, professore! sono i debiti, quelli nostri, quelli di una classe media che non arriva più alla fine del mese.
Ormai il Presidente è rilassato: ridiventa gatto e gioca, le zampe diafane e morbide hanno rinfoderato le unghie. Il linguaggio gestuale privilegia le mani che, a differenza della mimica facciale, soprattutto dello  sguardo, sottolineano il discorso ma non tradiscono le emozioni.
Conclude lodando la ricchezza. Che va rispettata! La povertà no, professore?
Quindi sì alla lotta agli evasori, ma con rispetto e misura. Non si sa mai, potrebbe capitare di trovarsi faccia a faccia con un amico o un amico di un amico. Il gatto ha ceduto il passo alla faina.
E, per concludere, questo è l'uomo che avrebbe avuto i numeri per opporsi a Berlusconi. Ma avrebbe dovuto fare una scelta politica e lui dichiara di non essere un politico (?). E' un talentuoso che è diventato ricco in virtù delle sue capacità, dei suoi meriti. Ma sembra dimenticare che molta della ricchezza italiana è nata, e nasce anche oggi, dalla corruzione, dal "sommerso" e dall'evasione.
E' uomo ricco, potente e preparato.
Ma i potenti non si combattono sempre. A volte si alleano per diventare ancora più forti.