venerdì 19 febbraio 2010

Ehi, misterioso lettore californiano che mi segui da un mese, perché non ti fai vivo?
Ti ringrazio, comunque, per l'attenzione che mi dedichi e... BUONA LETTURA!

Creatura d'acqua (racconto a puntate)

Da quando lei Adalgisa, la Gisa come la chiamavano in famiglia, la figlia matta, era stata rinchiusa in quel casermone dalle finestre sbarrate, sua madre si era sempre vestita di nero perché - ripeteva al marito - una figlia matta è peggio di una figlia morta. E ora, ora avevano deciso di rimandarla casa? Guarita?!
Sparuta e nera come un corvo, aspettava esitante dall'altro lato della strada mentre le macchine le sfrecciavano davanti facendola sobbalzare. Per primo si era mosso suo padre: aveva attraversato in fretta per raggiungerla, poi, impacciato, afferrata la valigia, l'aveva presa per mano: come a Venezia, quando lei era piccola e lui andava a prenderla a scuola per riaccompagnarla a casa.
"Andiamo, la stazione è a due passi" le aveva mormorato aggiustandole il colletto del vestito. Si erano incamminati: la madre davanti, lei,la Gisa, dietro e suo padre per ultimo. In silenzio. Sotto quel sole che per anni le era stato negato - aveva pensato Adalgisa allungando le braccia davanti a sé e alzando la faccia per goderselo tutto, quel sole tanto a lungo desiderato. "El Diretor", quando l'aveva, anche lui come suo padre, presa per mano, nel giardino giallo di sole del manicomio  le aveva gridato: "Bevilo Gisa! Bevilo! Ubriaca e rende allegri come una coppa di champagne".
Era passata una coppia: la donna si era voltata a guardarla mentre lei mormorava: "Bello. Caldo!" e sua madre la strattonava, arrossendo.
Sul treno aveva guardato scorrere i campi, osservando la gente che saliva, le ragazze in jeans e maglietta, alcune scollate e abbronzate. Sua madre davanti a lei sedeva muta, i capelli tinti, bianchi alla radice e le occhiaie nere di chi dorme poco, e male.
Si era alzata cercando di aprire il finestrino. Resisteva. "Siediti, è in funzione l'aria condizionata, non si può aprire!"
Aveva capito in quel momento di essere in gabbia? Di nuovo. O se ne rese conto a casa affacciandosi alla finestra per rivedere il canale e la piazzetta davanti alla quale dondolava una gondola, le mani di nuovo appese alle sbarre, come un uccello imprigionato?(continua...)