sabato 27 novembre 2010

Doppio binario (Racconto a puntate: puntata n°7)

Eh sì!, per la prima volta nella sua vita aveva provato a essere dall'altra parte della barricata, in quella zona d'ombra di cui le donne - quelle serie - non parlavano, se non con disprezzo e... rabbia. Rabbia per quelle squinziette, quelle rovinamatrimoni, quelle pantere che dava sollievo immaginare tutte curve e poco cervello, quelle donne che accendevano i loro stanchi partner di una vitalità nuova, inimmaginabile, stimolandone la fantasia erotica e la capacità, non meno fantasiosa, necessaria per organizzare una doppia vita, fatta di bugie a go-go, impegni di lavoro fasulli da inventare, doppio telefonino, maglioni di cachemire rosso rubino di cui giustificare l'insolita presenza nell'armadio, abitualmente immerso nella ripetitività tranquillizzante del grigio e del marrone /beige. Ora era lei quella presenza inquietante, erano i suoi quegli umori che rimanevano sulla pelle, tenaci e ineliminabili, quasi l'amore, quell'amore scatenato, avesse un profumo capace di resistere a qualsiasi doccia o bagnoschiuma... ora sarebbe stata lei, l'altra, quella che avrebbe annullato il tepore, la sicurezza delle abitudini, il fremito appena accennato di rasssicuranti amplessi coniugali.
Era stato esaltante essere l'oggetto della gelosia, non la vittima di quel sentimento doloroso, avvilente, acidulo e corrosivo come l'acido muriatico usato per scrostare il water; essere quella che scalzava, non quella che,  scalzata, veniva messa in disparte; essere la donna alla quale si regalava un profumo o un completino sexi o le autoreggenti, non la pentola a pressione o i guanti abbinati alla sciarpa.
Eh sì, il musicista aveva una moglie: molto impegnata, molto efficiente, bella, intelligente. Una donna che spesso era assente per motivi di lavoro, una donna che mai avrebbe pensato di poter essere tradita. Ma quale donna lo pensa?

(continua... )

Doppio binario (Racconto a puntate: puntata n°6)

Dopo aver lanciato un'occhiata verificando che non ci fosse nessuno sul pianerottolo o lungo le scale,  lei aveva raggiunto in tutta fretta la porta del suo appartamento dove l'aveva accolta la sua immagine, riflessa nello specchio dell'ingresso - scapigliata, le scarpe in mano, quelle labbra arrossate e lo sguardo chiaro insolitamente allegro - che le era apparsa improvvisamente estranea.
Eccitata e insonne si era affacciata alla finestra, contemplando la città che si andava svelando alla luce chiara dell'alba. Quella selva di case, dove le finestre sembravano buchi lasciati da sventagliate di proiettili, non le aveva comunicato l'abituale sensazione di solitudine; piuttosto le era sembrato che la città le strizzasse, complice, un occhio, proteggendola con il buio delle strade e il silenzio mai privo di suoni della metropoli. C'erano, come  sempre, porte che scricchiolavano, sbattevano e imprecazioni che seguivano, quasi a sottolineare la contemporanea presenza, nascosta dalla notte, di una vita sotterranea, vagamente peccaminosa, impudica e pericolosa.
Era cominciata così  quella storia, mai raccontata a nessuno, tenuta segreta non per vergogna, ma per la paura di vederla svanire come nebbia al sole, quasi si fosse trattato di un sogno, ritenuto per un istante nel passaggio allo stato di coscienza del risveglio già parte della realtà.
Era cambiata, quasi una luce le si fosse accesa dentro a illuminarne lo sguardo. Il suo corpo snello si era un po' ammorbidito, il  passo si era fatto più sicuro, le spalle si erano raddrizzate dando al suo portamento, già timido e dimesso, una sicurezza nuova.
Tutti, anche in famiglia, l'avevano notato. 
Al compagno, sicurissimo della sua fedeltà, aveva raccontato di improbabili disturbi ginecologici e lui, con pietose bugie, alle quali lei fingeva di credere, si era già interessato alla sua migliore amica che, quando parlava di lui, arrossiva e sbuffava, incolpando del fatto altrettanto improbabili scalmane da menopausa. 
Aveva scoperto il fascino potente della trasgressione e l'eccitazione dell'ambiguità...
(continua... )