martedì 7 aprile 2009

Kappa si ribella

Kappa scivolava verso la depressione mentre Venezia si velava delle prime nebbie d'autunno. Dorina lo criticava aspramente, affermando di non sentirsi capita. Disorientata dalle sue capacità dialettiche lo accusava di freddezza, di mancanza di sensibilità. In una delle loro liti gli aveva gridato:" Chi sei? Da dove vieni?" e, per un secondo lui si era sentito scoperto, ma paradossalmente non come umanoide, ma come creatura in crisi. Avrebbe dovuto farsi sostituire, rientrare a Urano, sottoporsi al programma di disintossicazione e riprendere la sua prevedibile vita di sempre.
C'era un uomo che lo tallonava. Aveva scoperto che alloggiava nell'albergo sul canale di fronte al suo palazzo. Da casa, quando usava il cervello da uranoide, poteva guardare nella sua stanza e vederlo. Chi era, per conto di chi lavorava? Aveva mandato un rapporto a Urano e sapeva che altri due umanoidi erano già sulla Terra, ma la scelta operativa che era stata fatta non prevedeva, almeno per il momento e per ragioni di sicurezza, che s'incontrassero.
Ed era una semplice coincidenza che l'uomo che lo stava pedinando alloggiasse nell'albergo di Dorina? Non aveva la minima intenzione di abbandonare la missione pur sentendo che stava rischiando molto con la sua scelta.
Sulla Terra c'era il marasma che precede i grandi cambiamenti. Una crisi economo-finanziaria, di dimensioni mai viste prima, attanagliava il cosiddetto mondo occidentale, quello di cui faceva parte anche la città nella quale lui viveva: quella città la cui bellezza oltre a fare da sfondo scenico ideale alla sua storia con Dorina, lo stava emozionando, turbando, condizionando.
Su Venezia cadeva, in quella sera di settembre in cui l'aria rabbrividiva, una pioggia leggera e insistente che dava a Kappa la sensazione di essere in un acquario. (continua)

Coraggio

Che notte avranno passato? La paura, quella che si installerà dentro definitivamente, quella che si fisserà nella memoria per sempre, quella che farà sobbalzare ogni volta che sentiranno il tintinnio dei vetri di una finestra, sarà arrivata camminando furtiva, in punta di piedi. Si sarà intrufolata nelle tende, sotto alle coperte per invadere l'anima e rinserrarsi nella memoria. Arriva dopo: dopo la grande paura, quella che mette le ali ai piedi e fa volare, nel buio, sotto ai calcinacci, oltre ai portoni che cedono spalancandosi davanti ai pugni chiusi.
E' una paura con la quale dovranno convivere.
E' la paura che umilia le sicurezze tracotanti, forse le sicurezze tout court.
E' la paura antica dell'uomo davanti alla natura infuriata.
E' la paura che ti prende quando saltano le sicurezze elementari, come alzare un piede e, posandolo, trovare un piano d'appoggio stabile.
In un sussurro possiamo soltanto dire loro "Coraggio" perché dovranno tirarlo fuori tutto, fino all'ultima goccia, per uscire da questo orrore.