sabato 16 novembre 2013

Help me


"Oh, che fortuna!, la trovo... "
Silenzio, più aggressivo di qualunque parola.
"Andiamo male".
"In che senso?"
 Mi verrebbe voglia di urlarle "In tutti i  sensi umanamente possibili", ma, educatamente, comincio a elencare: "Gli spasmi/crampi non sono diminuiti sospendendo il farmaco: come si chiama? Jou...?"
Storpio il nome, lei corregge, non suggerisce. A me, chissà perché, torna alla mente la maestra delle elementari. Mentre la mia mente cerca nei ricordi, lei sospira.
Torno a bomba.
"In compenso (forse sarebbe meglio "aggiunta" al posto di compenso, lei è così precisa!), sono debolissima, rigida e traballante... "
"Ha provato a prendere il farmaco miorilassante che le ho prescritto?"
"Sì".
"Le  serve?"
"Si!,  ma.... "
"Ma... "
"Ho la minima a 45"
"Minima cosa!?"
"Pressione , dottoressa, pressione... la minima!"
 Anche se mi sto irritando e "agitando" per cui, probabilmente, in questo momento, ho una pressione da ictus.
"Lei ha sempre questo problema; dovrebbe consultare il cardiologo... "
"Già fatto!"
Silenzio.
Attesa.
"Mi ha consigliato di consultare il neurologo: lei"
"Ah!"
Asciutta.
Il silenzio si protrae, mentre io, imbarazzata, ricorrendo alle frasi fatte (perché la testa mi si vuota, ma provate voi a essere brillanti con una pressione minima capace solo di  garantirvi la sopravvivenza) sbotto in un: "Perso per perso (?), tanto vale tornare alla vecchia terapia e posologia... "
"Si... Ora la lascio; mi stanno chiamando".
"Arrivederci, dottoressa, e... GRAZIE"
"Si figuri".

venerdì 15 novembre 2013

 Emil Cioran, "Invano l'Occidente cerca per sé una forma di agonia degna del proprio passato." 

mercoledì 13 novembre 2013

Dov'erano le madri? E i padri?

Le ragazzine sono innocenti: bambine in corpi di donne, bambine che avrebbero dovuto crescere, diventare adulte sotto l'ala protettrice delle madri.
Le madri, le maaaaadri! Dov'erano? Cos'erano? Tutto il perbenismo sociale si unisce compatto e punta l'indice sulle madri. La mistica dell'amore materno è dura a morire.
In una società dove tutto è cambiato o sta cambiando, le madri vengono chiamate  a fare argine a quel fiume impazzito che è l'odierna realtà del Paese. I politici rubano in massa, gli imprenditori, per un profitto più alto, delocalizzano le imprese e sbattono sul lastrico migliaia di lavoratori, la libertà sessuale è una conquista, la bellezza è un "talent" (come dice Freccero, un po' annoiato, durante una trasmissione televisiva) e quindi va sfruttata... Ma le madri no! Le madri, solide come le statue dell'Isola di Pasqua, sono lì, devono essere lì, immobili e immutabili, come l'amore che nutrono nei confronti dei cuccioli. A rassicurarci.
E invece dobbiamo aprire gli occhi e guardarle queste donne, persone che non hanno saputo/potuto  essere madri. E chiederci perché, e cercare di capire e smettere di caricare sulle loro spalle, incapaci di sostenere il peso di una maternità cosciente, anche il peso, ben più grande, del nostro bisogno di rassicurazione.
Queste madri sono lo "scarto" di un processo di crescita che è avvenuto, che era auspicabile avvenisse, ma che è stato tumultuoso, tortuoso, difficile, ha richiesto (e richiede, perché è ancora in corso) aggiustamenti, studio, analisi, confronto... Soprattutto su quel pianeta, ancora poco esplorato, che è il rapporto madre/figlia femmina.
Sono responsabili, eccome queste madri!, ma non sono le uniche responsabili di ciò che è avvenuto, e sta avvenendo, nelle famiglie, nella società.
Quando una società riduce le persone a scarti, numeri, esuberi, esodati (e via discorrendo) è comodo incolpare le madri, ma è stupido. Soprattutto è inutile, non risolve il/i problema/i.
Perché nessuno ha chiesto notizie dei padri? Queste ragazzine sono state partorite per partenogenesi o hanno un padre? Forse le madri erano divorziate, ma si divorzia dalle mogli non dai figli. Oppure non è così?
Chi è assente non può essere giudicato; a scuola (e nella società) si sospende il voto: si usa un acronimo, quel s.e.g. che sta per senza elementi di giudizio. Come se lo scrollarsi di dosso la responsabilità di fare i padri fosse un peccato veniale, solo un peccato veniale...
E quelli che pagavano le minorenni? Uomini, seri professionisti, padri a loro volta di ragazzine della stessa età? Qui il peccato si colora di reato, ma rimane la sensazione di sguazzare nella melma del dejà vu. Non lo ha fatto anche qualche personaggio di primo piano nel Paese, non a caso chiamato "papi"... ma "gli uomini si  sa.... "
Resta il fatto che a queste ragazzine è stata scippata l'innocenza. I colpevoli sono tanti, non tutti perseguibili per legge, ma le madri, senza dubbio colpevoli, lo sono un po' più di tutti gli "altri".
Tanto per cambiare!

domenica 10 novembre 2013

E ancora....


Colava gerani il terrazzo,
rossi come sangue,
e rondini
il cielo

Girasoli di luce
sbocciavano
nella notte.

Sfinita
mi addormentavo
sulla tua spalla.

La vita
era allora,
e ancora,
arcobaleno di colori.

Pensieri sparsi...

Fatta su, quasi rattrappita, osservo il mondo da questo fazzoletto di terra emiliana che le colline, quasi un brivido avesse increspato il terreno, movimentano dolcemente. Piove, è novembre; non piovesse l'aria sarebbe comunque impregnata di umidità sotto questo cielo grigio perla che le rondini hanno appena abbandonato. Non capisco o, forse, non voglio capire. Dentro, un terremoto ha cambiato la geografia dei luoghi: c'è ancora tutto, ma confuso, spaiato. Forse lo è sempre stato? Rifiuto l'aggressione dei ricordi, non mi fido. Nemmeno di loro. Si scelgono ad arte i ricordi: per falsare la storia: soprattutto la nostra. La fatica non la ricordo mai e quella solitudine, che ancora oggi mi ostino a chiamare libertà nonostante i suoi fantasmi, quei desideri insoddisfatti  e le speranze che avevano già allora il sapore amaro dell'illusione, è diventata da tempo una costante e, proprio per questo motivo, non pesa. Le donne conoscono l'ingiustizia più degli uomini perché, ancora lontane dall'eguaglianza, sono  immerse nel terreno paludoso della diversità che ancora significa inferiorità... spesso ai loro stessi occhi. Purtroppo.

domenica 3 novembre 2013

Vecchia crisi e nuovi barbari.

L'adozione dell'euro, il ruolo assunto dai  banchieri, la prevalenza della finanza e dell'economia di carta su quella reale, il matrimonio d'interesse tra finanza e politica e la sempre più smaccata mancanza di spessore morale della classe dirigente del nostro Paese sono, a mio avviso, tra le cause più importanti che stanno all'origine della crisi che stiamo vivendo.
L'euro  fu per il Paese un errore e... una grande ingiustizia sociale. Avvantaggiò, infatti, i proprietari di patrimoni, dimezzando il potere d'acquisto di salari e stipendi, con la conseguenza di rendere più debole, sotto il profilo economico e quindi sociale, la classe operaia, già messa a dura prova dallo sviluppo tecnologico.
L'ammissione dell'Italia all'Unione europea non fu certamente indolore, ma l'astuzia fu quella di far credere al Paese che l'appartenenza al club degli eletti avrebbe avvantaggiato tutti, spalancandoci di fronte le porte dell' Eldorado. Fu, invece, un vero e proprio "patto leonino": i sacrifici, in termini di maggiori  imposte, colpirono stipendi, salari e pensioni,  ma i vantaggi, in seguito, privilegiarono i soliti (pochi) noti.
Il Paese di europeo aveva ben poco (particolare che avrebbe dovuto indurre i nostri governanti a una scelta diversa) e, quanto più si scendeva lungo lo stivale, tanto più aumentava il divario con la Germania, l'Olanda, la Norvegia e gli altri Paesi facenti parte dell'Unione.  Ma Prodi &Co. si erano impegnati ad attuare un profondo cambiamento: burocrazia più snella, inflazione sotto controllo (quindi Debito pubblico in diminuzione a causa dei ridotti tassi d'interesse), mercato libero da interventi statali e via promettendo...
Resta il fatto che entrammo in Europa come ultimi della classe, con un cambio lira/euro svantaggioso, la consueta furbizia dei bottegai (che immediatamente ritoccarono all'insù tutti i prezzi), l'inveterata mancanza di controlli a sanzionare i comportamenti scorretti e l'abituale disonestà della classe politica. Se i beni vanno costruiti, per i prodotti finanziari basta la fantasia: infatti esplose sui mercati la "finanza creativa", facendo aumentare le agenzie bancarie e assicurative, ma portando al fallimento molte imprese manifatturiere.
La finanza corruppe la politica imponendo leggi a tutela del mercato bancario e, in ultima analisi, della cosiddetta "economia di carta" che s'impose sull'economia reale. Il mondo del lavoro dipendente risentì ulteriormente del cambiamento ma il tasso di disoccupazione subì una vera e propria impennata quando le imprese manifatturiere iniziarono a "delocalizzare" la produzione.
Smembrata, impoverita, la classe operaia è passata dall'urlo dei cortei al belato della disperazione dei licenziati, dei cassaintegrati, degli esodati.... poco e mal tutelata da una "Sinistra" allo sbando, in piena crisi ideologica e politica.
L'Europa, politicamente inesistente, costretta a fare i conti con la concorrenza dei paesi in via di sviluppo, in difficoltà sulle esportazioni verso gli Usa (artefici di una politica monetaria orientata alla svalutazione del dollaro) e presa d'assalto da una massa di disperati in fuga dall'inferno dei loro Paesi, non è stata certamente in grado di realizzare quell'armoniosa fusione strombazzata per anni nei convegni e negli incontri. E' rimasta, e rimane, un'entità vaga, divisa, rissosa, dove tentano di coesistere Paesi troppo diversi tra loro (come Germania e Italia o Grecia e Svezia). Ovviamente, senza riuscirci.
Il cambiamento, anticipato da segnali ben precisi ma ostinatamente ignorati, è scoppiato come una bomba: rottamati i valori prevalgono ora gli interessi, mentre la generazione dei figli guarda ai "padri" con rancore, i politici sono un esempio di squallore difficilmente superabile, la disoccupazione dilaga, l'insicurezza aumenta, la paura del domani attanaglia un po' tutti.
All'interno di questa realtà ha senso continuare ad accapigliarsi sulle cause? Sì, ma proponendo (e tentando) soluzioni, rimedi. Ma possono cambiare le scelte se non cambiano le persone? Valori come la correttezza, l'onestà possono essere imposti per legge? No, la legge si limita a sanzionare i reati che la disonestà alimenta. E allora? Chi saranno i nuovi barbari che spazzeranno via il vecchio impero? Sono già qui, tra noi? Camminano al nostro fianco, ma noi non li identifichiamo? Oppure stanno arrivando e quella polvere sulla strada è sollevata dagli zoccoli dei loro cavalli? No, i nuovi barbari non useranno i cavalli, non saranno inquadrati dai cannocchiali... Avranno altre armi, useranno altre parole.
Volete vederli? Accendete la televisione...