sabato 8 marzo 2014

Un grazie di cuore

Domenica di marzo: la luce s'insinua attraverso le fessure delle tapparelle, curiosa. "Sono sveglia, sono sveglia... " vorrei dirle. Non ho fretta di alzarmi, tanto non potrei uscire. Il piede mi fa male e posso fare solo qualche passo stentato, lento, appoggiandomi al bastone. Il mal di schiena è praticamente scomparso. Un sollievo indescrivibile.
Ozio. Non riesco a scrivere, anche i pensieri scivolano via. 
Ho avuto paura, ma nessuno mi ha prescritto psicofarmaci. L'anestesista mi è stato accanto, ha condiviso la mia paura, ha sorriso. Tanto. Pacca sulla spalla, ironia, allegria, e tanta professionalità. Colori intorno a me: viola, arancio, verde mela e verde sottobosco. Ho pensato ai prati della mia terra d'adozione, al  fruscio dell'erba, alle margherite, alle viole... Il bianco assoluto, quel candore da obitorio, qui è bandito.
La sala operatoria azzurra mi ha accolta come un mare. Ho tremato: di freddo e di paura, ma l'anestesista è riapparso e io mi sono aggrappata al suo sorriso, come un naufrago allo scoglio. Fuori c'era  Elena: la "piccola" non manca mai. Anche lei con il sorriso e gli occhi lustri. Non è bello veder sparire la barella dietro quella porta con sopra scritto "Sala operatoria" e poi, lei e io, siamo un po' piagnone...
Scorrono le immagini sul monitor: il chirurgo spiega a due ragazzi ciò che sta facendo. Fa domande e scherza. Non sento nessun dolore. La paura è passata.
"Finito!" esclama e si toglie il berrettino. Una stretta al braccio, un ultimo sorriso e... via.
Cigolano le rotelle, mi sembra la "Marcia Trionfale" dell'Aida. 
La "piccola" è lì: aspetta, fumando una sigaretta.
Eccola la Sanità che  funziona. Allora esiste!- penso.
Tanta professionalità, competenza, rispetto, calore, allegria, umanità.
"Grazie dottore" , e questa volta non è ironico: è un grazie di cuore.