mercoledì 10 agosto 2011

Storia di nebbie e acquitrini (puntata n°31)

L'osteria aveva quell'odore aspro e denso - di umanità accaldata, vino e sottofondo di voci e risate un po' false - che rende questo posto rassicurante come un faro luminoso per ogni marinaio sperso tra le onde di un mare in tempesta. Luogo di progetti un po' folli, che il vino rende per una sera credibili, l'osteria è anche il palcoscenico privilegiato in cui tessere complotti, organizzare incontri, ordire piani, mentre il tavolino si riempie di bottiglie vuote e negli occhi rinasce la speranza o s'acquieta l'angoscia.
Seduti a un tavolino d'angolo, Primo e Giuseppe parlavano a bassa voce.
"Lo conosco Debosi... , era amico di Desio - quello però ha avuto ciò che si meritava! - ma è sempre stato più nell'ombra... Io me lo ricordo, e come potrei aver dimenticato il suo viso?, anche se ero un ragazzo. Devi sapere che mio padre i fascisti non li aveva mai potuti sopportare. Una sera vennero alla cascina, faceva già buio, erano parecchi... gridavano, Desio davanti a tutti. Era chiaramente il capo! Il Debosi dietro a lui, incerto, sudato - più adatto a fare lo spione, lui non amava, come non ama ora, sporcarsi le mani - e non andarono per il sottile. Uno sparì in cantina ad arraffare del vino, due scomparvero con mia madre in camera da letto. La sentivo gridare, piangere... implorare. Gli altri sbeffeggiavano mio padre obbligandomi ad assistere. 'Impara, ragazzo, questo è ciò che merita chi si mette contro i fascisti', dicevano. 'Ti faremo cagare anche le budella... Chissà che non ti passi la voglia di parlare a vanvera... '. Mio padre non emise un gemito, si piegò sotto i pugni, si contrasse quando, ormai a terra, lo colpirono i calci, ma non una parola gli uscì dalla bocca. Poi, ultima umiliazione: l'olio di ricino. Ricordo il puzzo di merda e il viso di mia madre, il  suo sguardo opaco, vitreo, la sua mano che cercava di accostare i bordi della camicia strappata... Lui non mi ha riconosciuto, sa chi sono, ma non credo mi abbia ricollegato a quel ragazzino spaurito, terrorizzato... anche perché era ubriaco. Sono diventato un antifascista quel giorno e... per sempre".
La mano di Primo si contrasse a pugno, le vene viola sulla pelle callosa si gonfiarono, mentre gli occhi s'incupivano, intorbiditi d'odio e furore. Giuseppe, seduto davanti a lui, taceva.
Il silenzio si protrasse per alcuni secondi; poi Primo sibilò: "Desmo ha già pagato, e anche il "Biondino" - come lo chiamavano - un giorno non è tornato a casa... "
"Mah.... ?"
"Non ha importanza sapere chi... La giustizia può avere volti diversi, ma sempre giustizia è!" lo interruppe, brusco, Primo.
Dal tavolo vicino, occupato da un gruppo numeroso di operai del loro stesso stabilimento, un ragazzo piccolo e tarchiato, li osservava tendendo l'orecchio: il rumore all'interno del locale e il tono appena sussurrato della conversazione tra Primo e Giuseppe rendevano impossibile l'ascolto, ma non impedivano di cogliere la gestualità del linguaggio e quegli sguardi potevano far pensare solo a un dialogo tra i due estremamente coinvolgente.
(continua... )
http://falilulela.blogspot.com/2011/08/storia-di-nebbie-e-acquitrini-puntata_08.html