mercoledì 29 luglio 2009

La solitudine non è uscire dal mondo, ma entrarvi per imparare, anziché per insegnare. Dal blog di Marco Freccero

Romanzo a puntate I Dellapicca

Maria, nella sua stanza, si avvicinò alla figlia prendendola tra le braccia e affondando il viso nei suoi riccioli mentre lei, con la sensibiltà animalesca dei bambini, nel sentirsi stringere in modo eccessivo, si scostava dalla madre guardandola interdetta, un accenno di lagna nella voce.
" Cosa facevano quando sei entrata? Di che cosa parlavano...", e il tono della voce di Maria era incalzante mentre, rivolgendosi a Tersina appena rientrata nella stanza, chiedeva:" Avrai ben sentito qualcosa, non saranno rimasti lì, come due stoccafissi a guardarsi", senza nemmeno darle il tempo di rispondere, andando avanti e indietro e origliando alla porta per sentire il rumore dei passi nel corridoio.
" Vai, vai, è uscito qualcuno: è il Moro, il padrone ha un passo strascicato che sono in grado di riconoscere. Vai a portargli qualcosa da bere e chiedi se ha bisogno - che ne so - di fumare uno 'spagnoleto'... Ma la ragazza esitava, spaventata, facendo indispettire la padrona, mentre la bambina, lasciando scivolare lo sguardo dall'una all'altra, incominciava a piangere, aggrappata alla gonna della madre.
Finalmente Teresina si decise a uscire, borbottando invocazioni alla Beata Vergine Maria. Nella stanza, rotto soltanto dal pianto, che si andava calmando, della bambina, scese il silenzio. Maria si avvicinò alla finestra in tempo per vedere il Moro attraversare il vicolo e dirigersi verso il porto. Alto e imponente, vestito di nero, la fusciacca e il copricapo rosso, si voltò alzando lo sguardo. Lei si ritirò, ma con la sensazione netta che lui l'avesse vista, mentre un rumore di passi nel corridoio attirava la sua attenzione e la porta veniva spalancata con violenza dal marito che entrava urlando:" Non pensare che sia finita così! Gliela farò pagare cara: io gli ho fatto togliere la corda dal collo e io gliela farò rimettere". Poi, avvicinandosi alla donna minaccioso, le agitò il pugno davanti al viso, continuando " E se pensi di vederlo ancora, ti sbagli di grosso. Avete finito di divertirvi alle mie spalle".
"La bambina si spaventa" disse Maria, tenendogli testa, anzi allungando su di lui uno sguardo colmo di disprezzo, mentre pensava " Forte con i deboli e debole con i forti; ma se pensa di spaventarmi... " e calmando la bambina, che aveva ricominciato a piangere, la depose nel lettino, pensando: "E questo se ne ritorna tranquillo, dopo anni, senza che gli sia passato per il cervello il minimo dubbio di eventuali conseguenze...ma cos'è la paternità per gli uomini? Un fiore all'occhiello da esibire in società? Si rendono conto delle conseguenze di un atto d'amore? Atto d'amore? E' un atto di possesso, una prepotenza, un modo di acquistare valore e importanza agli occhi degli altri uomini. Anche se il Moro mi è sembrato diverso, chi mi dice che lo sia? Di che cosa hanno parlato? Magari soltanto d'affari, sfidandosi l'un l'altro e gettando sul piatto della bilancia anche me? Io devo pensare al mio futuro e a mia figlia. Il Moro, non devo dimenticarlo, è un uomo di mare e come il mare è infido, traditore. Non le vedo intorno a me le donne dei marinai? Un figlio in pancia ogni volta che una nave arriva; poi a ogni partenza, sventolare di fazzoletti, lacrime e la fatica di tirare su i ragazzini da sole. Ah! con quanta ingenuità mi sono comportata e quanto alto è stato il prezzo che ho pagato. Dove sarà l'altra mia figlia? Che ne avrà fatto Sigismondo? Ma io riuscirò a trovarla, la cercherò fino a quando avrò fiato".
Mentre questi pensieri le passavano per la testa, Maria si muoveva efficiente per la stanza, controllando che la figlia si fosse addormentata, il lume fosse al minimo di olio per non infastidirla, sul comodino ci fossero la brocca dell'acqua e il rosario. Il marito, già a letto, la guardava muoversi con quel corpo che la maternità aveva arrotondato rendendolo ancora più attraente. La osservò togliersi il corsetto e sciogliersi i capelli mentre la sua bellezza nel chiarore soffuso della stanza lo soggiogava, quasi indispettendolo.
"Vieni a letto" le sussurrò, con quella voce da segreti appena mormorati che rivelava il suo desiderio.

Nella sua cabina il Moro si rivoltava, incapace di prendere sonno, imprecando contro il vento
che continuava a soffiare facendo aumentare il rollio del veliero, ben sapendo che era quella finestra da cui filtrava un accenno di chiarore, là, oltre i magazzini del porto, in quel vicolo stretto dove aveva rivisto Maria affacciata con la figlia alla finestra, che gli impediva di prendere sonno o, meglio, ciò che quella finestra proteggeva...
Conosceva quella stanza, quel letto a baldacchino dalle tende leggere e trasparenti che davano l'idea delle vele. E i ricordi, che gli impedivano di dormire, partivano da lì, da quelle bianche vele che in una notte d'estate avevano raccolto risate e sospiri che ancora gli bruciavano dentro e che non avrebbe mai più dimenticato. (continua...)

Amicizia e computer.

E bravo Bill, se n'è reso conto anche lui: una delle virtù della Rete, la possibilità di spaziare, diventa o potrebbe diventare uno dei suoi limiti. Oh, non per quanto concerne l'accesso alle informazioni, il travalicare tempo e spazio, ma per ciò che che ha a che fare con quella nebulosa, intricata questione che fa riferimento alle emozioni che, a loro volta, scaturiscono dai sentimenti o con questi s'intrecciano.
Diecimila richieste di amicizia! Be' lui, il destinatario delle richieste, è Bill Gates. Ma io, pensionata sul baratro della vecchiaia, un po' stralunata, sempre in difficoltà a smanettare in quella giungla di tasti e "bottoni" che mi risulta ancora incomprensibile, io che da donna, mentre mi aggiro per le vie della città risulto ormai completamente invisibile, un Fantomas in gonnella agli occhi degli uomini, ricevo quasi una richiesta d'amicizia al giorno.
Una richiesta d'amicizia? Abbiamo valutato il significato di questa frasetta alla quale diamo il via con un tic? L'amicizia è il più consolante, tenero, disinteressato, imputrescibile sentimento che la natura umana ci abbia dato da vivere...Su quale spalla abbiamo pianto quando abbiamo mollato quel vigliacco che ci aveva tradite affossando una storia, che avremmo giurato eterna, in un mare di bugie. Chi ci accetta, sempre, anche quando siamo pesanti come macigni e ripetitivi fino all'ossessione? Con chi abbiamo passato nottate a confidarci i reciproci segreti, il fumo delle sigarette che si faceva nebbia nella stanza, mentre esalava il suo profumo il caffè, caldo nelle tazze, e prendevano corpo i progetti? Eravamo giovani, intatte, ma l'amicizia è rimasta - forse ancora più forte - quando la vita ha dato, come un dinosauro risvegliatosi di colpo, i suoi tremendi colpi di coda. Non condividevamo più i progetti e le speranza, ma le delusioni e le ferite: eravamo disincantate ormai. Su tuttto, ma non sull'amicizia. Poi è arrivato lui, il pc, a parlare di un mondo irreale che chiamavano virtuale e...virtuale è diventata anche l'amicizia. Per molti, ma forse erano quelli che non l'avevano mai vissuta perché la sottoscritta, su centinaia di nomi che si allungano sui suoi web spazi, di amici ne ha trovati, in anni sul computer, solo due. Il terzo è in forse. Dovrei guardarlo negli occhi, davanti a una tazza di caffè per capirlo. Ma questo il pc non me lo concede: uno sguardo, un semplice sguardo, che a volte vale più delle parole, non rientra tra i suoi potentissimi programmi. E allora chiamiamoli contatti, che l'amicizia non è un sentimento con il quale si possa scherzare. E alle due amiche che ho trovato in Internet - preziose, come tutto ciò che è raro - mando il più tenero dei saluti.