giovedì 23 aprile 2009

La scrittura non è solo malia

La scrittura? Quale?
Quella incontenibile come un fiume in piena, densa e sfibrante come una notte estiva? Quella che aggredisce per capire, che scava nel dolore, nello sgomento del protagonista contando su una sensibilità che è invalidante come una ferita e salvifica come un'ultima spiaggia? Come trovare tecnicamente la capacità di controllo del mezzo espressivo, come piegare alle proprie esigenze emotive le parole?
Ci sono tanti modi di esprimere, per esempio, il dolore: il dolore arrivava a ondate che si susseguivano incalzandola, senza lasciarle spazio, sommergendola, togliendole il respiro. La testa le girava intorno a poche parole, ossessive, ma che non riusciva a pronunciare. Per pochi secondi s'illuse di non aver capito, ma fu un sollievo momentaneo...

Tentiamo ancora:
aprì la bocca per respirare e boccheggiò cercando invano un po' d'aria, una via di fuga.
Capì di essere accerchiata, imprigionata, braccata, in balia di un dolore dilagante, nero come una notte abbandonata dalla luna, aspro come un terrore infantile, bruciante come una ferita inferta all'orgoglio.

Oppure:
il dolore provato avrebbe sfigurato per sempre la sua anima, rendendo il suo sguardo
azzurro freddo come un lago d'inverno, oscurato da brume e spazzato, senza tregua, da un vento di tramontana.

E se:
il dolore la ingoiò, svuotandola di tutto ciò che era stata.

Ultimo tentativo:
tagliente come un coltello, il dolore la straziò.

Ancora uno:
negli occhi, vuoti, non c’era più posto, nemmeno per il dolore.

Quale tra queste modalità espressive del sentimento del dolore può considerarsi la migliore? Dipende dal
contesto? Qualcuna è troppo ridondante e le ultime troppo scarne?
(continua)