sabato 14 marzo 2009

L'ingrediente che non può mai mancare

La cucina era gravida di vapori e profumi: rosmarino, timo, menta, mentuccia, origano, ginepro. Lei, avvolta in un grembiule azzurro, mescolava, tritava, annusava e assaggiava.
Crepes ripiene di spinaci, e sua nonna si materializzava: un donnino alto una spanna. Occhi dallo sguardo tagliente che s’intenerivano solo quando lei, la nipotina prediletta, l’abbracciava chiedendole: “ Nonna, me lo fai lo strudel di mele?” E sua nonna s’infilava il grembiule, la divisa d’ordinanza della casalinga, mentre lei si metteva in moto, decisa ad aiutare, ma finendo per essere più d’intralcio che d’aiuto.
“ Il pangrattato appena scottato, deve diventare solo biondo, un filo di burro, una mescolata e via…È già troppo, è già troppo” le gridava, strappandole la padella dalle mani.
Poi distribuiva il composto sulla pasta e …arrotolava, con maniacale precisione chiudeva lo strudel su entrambi i lati e infornava.
Non avrebbe mai osato cimentarsi in quell’opera d’arte – pensò, mescolando gli spinaci passati in un soffritto di pangrattato e aglio. Sarebbero rimasti a consumarsi a fuoco bassissimo per alcune ore, poi abbondante parmigiano e via nelle crepes, sottilissime – un vero e proprio velo. Quindi qualche fiocchetto di burro, salvia, parmigiano e forno caldo.
Le crepes: il piatto della riconciliazione, del superamento di un momento difficile o del Natale. Servite sui piatti di porcellana del servizio, che usava soltanto in circostanze particolari, avrebbero gareggiato in leggerezza con i fiori e gli uccelli che facevano il girotondo sui bordi.
Mescolò di nuovo: richiedevano un’attenzione costante e lei sapeva che sarebbe stato sufficiente il tempo di una breve telefonata per farli aderire al fondo della pentola e, come diceva la nonna ” farli diventar amari”. Riscaldò il latte con la stecca di cannella per il gelato di vaniglia e la memoria le parò davanti agli occhi i figli bambini, che ancora pendevano dalle sue labbra, avidi delle sue storie, capaci, con quei gelati alla vaniglia che nel suo freezer non mancavano mai, di far dimenticare malumori e amarezze.
Seduti a chiacchierare in salotto, mentre lei preparava il caffè “ Ve lo ricordate il gelato alla vaniglia della mamma? Mai più mangiato un gelato così…” li aveva sentiti dire, facendole pensare che il cibo fosse fatto anche d’amore, ingrediente capace di dare quel tocco particolare a un piatto ben riuscito. Il cibo curato come coloro che amava, osservato con la stessa attenzione, misurato con il bilancino come quando si prendeva uno dei ragazzi, lo faceva sedere davanti a sé, con una fetta di coke di semolino e uva passa tra le dita e, contando anche le virgole gli chiedeva “Cosa c’è che non va?” e lui, mentre ingollava lacrime e semolino, incominciava a parlare.
Ora per farli parlare non sarebbe stato più sufficiente sfornare un buon dolce. Ora erano diventati adulti, uno era lontano, le altre sempre di fretta, come passeri sorpresi su un ramo pronti a volar via. Lei cucinava pochissimo, e i piatti che preparava per sé sapevano di cartone o erano sciapi, risentendo insomma di quella mancanza di attenzione che riservava a se stessa.
Assaggiò gli spinaci. Perfetti: una crema dalle mille sfumature di gusto, un’apoteosi di sensazioni che partivano dalla bocca e invadevano il corpo, come una marea una spiaggia.
Ridacchiò soddisfatta: sulla tavola accuratamente preparata un raggio di sole giocò con le sfaccettature dei bicchieri di cristallo. Per un istante si sentì, giovane, intatta, dimenticando che la festa era in suo onore. Cominciò a contare le candeline, mio Dio quante: settantasette, settantotto, settantanove...ci siamo, c'erano tutte. Ottanta!