martedì 19 gennaio 2016

La neve danza.


Si era alzata presto e aveva, per prima cosa, sbirciato oltre il vetro della finestra. Il bianco assoluto del paesaggio, coperto dalla neve, le aveva rimandato una sensazione di estraneità. Non una macchina aveva osato avventurarsi sulla strada e anche sul marciapiede non doveva essere passato ancora nessuno. I fiocchi continuavano, incessanti, a scendere, in uno sfarfallio lieve.
Odiava la neve: la faceva sentire in trappola, segregata tra le quattro pareti del suo appartamento. Roteando le braccia a mulinello per riscaldarsi, andò in cucina, accese il riscaldamento e mise sul fuoco la moka. Qualcuno si muoveva nell'appartamento sopra al suo, ma la neve ottundeva i rumori, impadronendosi non soltanto delle cose che riserrava nel proprio abbraccio gelato, ma anche dei rumori. Comandava, spadroneggiava e, se fosse scesa la temperatura, avrebbe cristallizzato il paesaggio in un'istantanea di gelo. Allora sì, sarebbe stato un bel problema.
Il caffè borbottò, schiumando. Il calore dalla tazza si propagò allo stomaco, ma la sensazione di ottundimento mattutino permaneva. Ebbe la sensazione di essere osservata. Con la coda dell'occhio avvertì un movimento, quasi un guizzo, oltre il vetro della finestra.
Si voltò; sui vetri scivolava solo la neve, placida.
Si avvicinò alla finestra che il cortile del palazzo separava dalla strada. Piccole orme scure indicavano un passaggio: qualcuno aveva attraversato il cortile, giungendo fino sotto alla sua finestra, ma chi? Le orme erano minuscole, anche se sagomate in modo da non lasciare dubbi. Sembravano orme di bambino. Di nuovo ebbe la sensazione che qualcuno la guardasse e, per la seconda volta, il cortile sembrò animarsi, quasi un mormorio salisse dai tronchi, propagandosi alle siepi e ai roseti genuflessi sotto il peso della neve.
Aprì la finestra e si sporse, sospettosa. Tutto taceva, mentre la neve che continuava, incessante, a cadere già ricopriva le piccolissime impronte.
Tintinnò, o fu soltanto una sua impressione?, un suono di campanelli.
" Manca soltanto che mi suonino Jngle bells..." pensò, richiudendo la finestra, mentre lo sguardo le cadeva sul davanzale dove un pettirosso intirizzito la fissava, apparentemente senza temerla. Immobile. Quando lo raccolse si rese conto che il gelo l'aveva ucciso. Era bellissimo, perfetto nella sua immobilità. Il vetro le rimandò la sua immagine: biondi capelli di grano incorniciavano il volto piccolo, dagli zigomi pronunciati. Negli occhi, chiarissimi, il gelo dell'inverno.
Rimase immobile, impietrita.
Si infilò il pettirosso sotto il maglione, vicino al cuore, e rimase in attesa.
Il frullo d'ali fu più lieve di un sospiro, ma lo gnomo lo percepì.
Lei sobbalzò e i campanelli tintinnarono festosi nella sua testa. Guardò fuori dalla finestra e sentì sussurrare la neve, perché, voi bambini ben lo sapete, la neve sussurra. E canta. Canta.
E, sempre - è inutile che ve lo ripeta - scendendo, danza.
Sussurra, canta e danza per la felicità dei bambini e di chi conserva, nell'anima, una traccia d'infanzia.

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