venerdì 29 maggio 2009

Elezioni europee

La complessa realtà dell’Europa che si sta realizzando potrebbe essere forse più facilmente comprensibile se la paragonassimo per un istante alla realtà del nostro Paese sostituendo alle regioni gli stati. Tra un triestino e un napoletano non c’è forse la stessa diversità che tra un romano e un londinese considerando l’aspetto fisico, quella variante della lingua che è il dialetto, la storia a monte, la realtà economica etc.?
Questa ‘diversità’ , non dimentichiamolo, fino a pochi decenni fa era vissuta, all’interno del nostro Paese, con notevole intolleranza. Chi di noi non ricorda i cartelli – nella ‘civilissima’ Torino che aveva bisogno di operai per la Fiat in espansione – con la scritta “Non si affitta ai meridionali”?
Poi nacquero i figli di questi emigranti, e i figli dei loro figli, e faticosamente s’integrarono, al punto che soltanto i loro vecchi avrebbero voluto tornare, magari soltanto a morire, dov’erano nati. Loro, i giovani, si sentivano ormai milanesi o torinesi e a stento si adattavano a passarci le ferie estive, al paesello. Mi sono chiesta spesso se si sentissero torinesi o italiani, scoprendo, con ironica sorpresa, negli anni da me vissuti a Milano, che molti di loro erano diventati leghisti.
Ho la sensazione che siano ancora ben pochi a sentirsi europei tra i cittadini dell’Unione, mentre credo che ogni cittadino degli States, ad esempio, si senta americano.
Questo dell’appartenenza è un primo, grave problema che questa Europa in divenire deve affrontare.
Dai sondaggi fatti in vista delle elezioni di giugno, le previsioni sull’affluenza risultano bassissime e questo mi fa pensare che non si sia ben capita la portata di ciò che bolle in pentola. L’Europa sembra lontana, i problemi sono qui, è il posto di lavoro nella fabbrica dietro l’angolo che si sta rischiando di perdere, è alla Asl di zona che dobbiamo aspettare sei mesi per fare un’ecografia, è la filiale locale di una certa banca che non ci concede un mutuo perché non offriamo sufficienti garanzie. Ma in tema di politica occupazionale, di concessione del credito, di assistenza sanitaria nell’ambito del Welfare, è previsto – e già tutto scritto, nero su bianco – che gli Stati membri rinunceranno alla loro sovranità a favore di quell’Europa il cui Parlamento varerà le leggi che renderanno operativo il Trattato di Lisbona. Sarà il Parlamento che scaturirà da queste elezioni a proseguire su questa strada, primo per portare a termine un’armonizzazione - che le Direttive comunitarie non hanno ancora consentito – e poi per governare, a tutti gli effetti, l’Europa.
Ho la sensazione che non tutti abbiano capito quel che sta succedendo.
(continua…)

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