mercoledì 3 giugno 2009

I Dellapicca

Sigismondo si voltò, atterrito, e i due uomini che lo seguivano gli furono addosso. Cercò di aprirsi un varco per scappare ma, mentre uno dei due gli bloccava le braccia, l’altro gli allungò un paio di pugni, colpendolo prima allo stomaco a poi, pesantemente, al viso. Sentì il sapore aspro del sangue che gli entrava in bocca. Sputò, le mani contratte sul petto in un estremo tentativo di difesa di tutto ciò che ormai gli restava, ma lo strappo della camicia e quelle mani avide che brancolavano sul suo petto, gli fecero capire che era stato derubato. La rabbia e la disperazione gli diedero una forza e un coraggio che non avrebbe mai sospettato di possedere. Si lanciò urlando su uno dei due, e incominciò a colpirlo istericamente, mettendo in quei pugni tutta la rabbia, il dolore, la disperazione che in qualche modo fino a quel momento era riuscito a dominare. Vedeva solo il colore rosso del sangue, lo masticava cogliendone il gusto aspro mentre urlava: “ Vi ammazzo, cani bastardi, vi ammazzo, fosse l’ultima cosa …” ma, improvvisamente, l’uomo che stava davanti a lui sembrò sollevarsi da terra, lo sguardo incredulo che lo fissava, le gambe che si agitavano come se un puparo ne avesse tirato i fili. Sentì il tonfo del corpo che finiva contro il muro, seguito pochi secondi dopo dal compagno che gli si afflosciava addosso in un intreccio miserevole e scomposto di arti che sembravano disarticolati. A terra il sacchetto da cui erano fuoriusciti alcuni gioielli. Il Moro inginocchiato li stava raccogliendo.
Sigismondo crollò sulle ginocchia, passandosi la mano sul viso: “ Fossi arrivato un momento più tardi…. avessi avuto un coltello li avrei scannati. Come hai fatto a trovarmi?”
“ L’ho seguita, da lontano…
” Aspettavi che mi ammazzassero?”
“ No” rispose calmo il servitore “ ma, dato che aveva deciso di andarci da solo… “
“ Allontaniamoci prima che arrivi qualcuno” esclamò il veneziano, avvolgendosi nel mantello.
“ Non pensavo fosse in grado…” disse il Moro, seguendolo.
“ Nemmeno io” mormorò Sigismondo e, così dicendo, raddrizzò le spalle, nonostante il dolore gli attanagliasse lo stomaco.
Dopo poco più di mezz’ora si trovarono di fronte all’insegna di latta della locanda.
Entrarono. La figlia dell’oste era dietro al bancone e quando vide la faccia tumefatta di Sigismondo si avvicinò sollecita.
“ Cosa vi è successo, signore? Siete stato aggredito?"
Il Moro le disse: “ Non si preoccupi, ma ci porti in camera dell’acqua e un po’ d’aceto."
(continua...)

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