lunedì 31 agosto 2009

Laborit e la classe operaia

Eccone un altro: alle quattro del mattino, il cielo ancora nero come i suoi pensieri, si è alzato e ha massacrato tutti: moglie, figli, la padrona di casa. Poi, si è gettato dalla finestra. La cronaca recita: operaio, disoccupato. Quarantasettenne. Uno dei tanti che le piccole imprese - struttura portante dell'industria italiana - licenziano ogni giorno, uno dei tanti seguiti dai Centri di salute mentale. Oh Cristo! gli operai non solamente sono pochi, ma anche matti? Prova tu a restare savio quando ti inviano una lettera di licenziamento, hai una famiglia e non hai diritto nemmeno alla Cassa Integrazione, perché chi ti licenzia è il padrone di una fabbrica con pochi dipendenti. Piccola.

Ma - a proposito - come la mettiamo con "piccolo è bello"? Non erano le nostre micro imprese considerate più duttili, in grado di reggere, adattandovisi, alla crisi?

Ho davanti agli occhi questi uomini ancora prestanti, apparentemente solidi, che improvvisamente non vanno più al lavoro. Quando trilla la sveglia è la moglie ad alzarsi, a preparare la colazione(come sempre), e magari, se ne ha il tempo, anche a mettere su il sugo. Farebbe anche il letto, ma lui, il marito, non si alza, dorme della grossa, dopo essersi rigirato tutta la notte nel letto senza prendere sonno,disturbando lei. Lei che ora mantiene la famiglia, lui compreso.

E il marito, che ha soltanto chiuso gli occhi, ma non dorme, lo sente il nervosismo della moglie, lo avverte in quei gesti tirati, in quella porta che sbatte quando lei se ne va.
Cosa fa un uomo in casa tutto il giorno? Usa "stira e ammira", fa brillare il water? E' probabile che ciondoli in pigiama e poi si piazzi davanti alla tivù, i pensieri in testa che si fanno ripetitivo/ossessivi, la rabbia che incomincia a montare. Ha chiesto agli amici, ai conoscenti, ha inviato curricula, ha lasciato brandelli di dignità, la sua dignità, nelle agenzie interinali. Ora non ce la fa più: si sente in trappola. E come Laborit insegna il topino in trappola che non vede vie d'uscita, scarica la sua aggressività sul topino che gli sta accanto, prima di scaricarla su se stesso. Ha a che fare con il cervello rettile - Laborit spiega.

E' tutto logico, drammaticamente consequenziale.
Il paradiso può attendere, la classe operaia ha appena imboccato la via dell'inferno!

2 commenti:

  1. Quello che scrivi e dici è uno scenario che di surreale non ha più nulla, solo fatti, nudi e crudi. E sebbene ti riconosca questa oggettività quasi caustica, vera più del vero,questa capacità da reportage asciutto non ti calza, perchè lascia la Laura che conosco nuda, come i fatti che racconta, scoperta come carne viva, sofferente come una piaga che non si può sanare. E se ti riconosco la ragione, la razionalità più onesta e sincera, non ti voglio leggere così, ma dentro quei fatti meno giornalistici in cui tu - e tu sola- temi di essere ridondante, quelle righe pregne ed intense che io, che ti conosco solo a parole dette e scritte, riconosco come parte di te, di un'animo nobile e ricco di sfaccettature e di potenza. Quella stessa potenza che oscura quella malattia che incombe e che tanto temi con un'energia-dicevamo-salvifica e diretta anche fuori di te. Si, è l'attimo che viviamo, in questo lungo tunnel che mantiene lontana quella luce che ci permette di vivere, ma chi uccide, chi alza un'arma su se stesso o su altri, ha trovato nell'oscurità solo l'ultima assenza, perchè era già troppo triste prima. E non è il dove, ma è piuttosto il chi e il come, e quelli stanno dentro di noi e vanno nutriti con l'amore che dobbiamo a noi stessi, con il rispetto che ci portiamo, per riuscire a sopravvivere.

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  2. Probabilmente hai ragione. La scrittura,
    in questi giorni un po' difficili, registra il mio stato d'animo, scoprendomi...

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