sabato 1 agosto 2009

Romanzo a puntate I Dellapicca

Amos, allungato sul letto, rifletteva. Yael gli era sempre piaciuta e incontrarla lo turbava ogni volta, ma ciò che in quel momento gli risultava strano era quella piccola mulatta che la donna si teneva stretta al collo, quando si era fermato a salutarla, come se temesse qualcosa. Ma cosa? Yael era la nipote del rabbi e nessuno all'interno del ghetto avrebbe osato importunarla, quindi cos'era che l'aveva spaventata? Gli era già giunta all'orecchio la notizia che la bambina cresciuta da Yael oltre a non essere la figlia delle coppia, nata morta facendo rischiare alla madre di fare la stessa fine, era un'orfanella che la donna aveva raccolto in segno di ringraziamento al Signore per essere sopravvissuta a quel terribile parto. Non c'erano molti uomini di colore in città e soltanto alcuni tra loro avevano famiglia. Ma quella bambina era evidentemente una mulatta, figlia di un bianco e una donna di colore o viceversa. Era deciso a vederci chiaro in questa faccenda e magari, indagando, sarebbe incappato in qualche segreto di famiglia. I segreti, per restare tali, richiedono bocche cucite. Eh, eh...- pensò - magari ci si rimedia qualche soldo. Mi è andata buca con il rabbi e il Moro. Vediamo di mettere il naso in giro a annusare l'aria, e, con un sorriso, palpando con la mano il suo notevole naso, si girò nel letto e si addormentò.
Yael, appena giunta a casa dal rabbi, si precipitò nello studio, tutta agitata, Angela inquieta al collo che cercava invano di attirare la sua attenzione.
" Quando è arrivato Amos?" chiese allo zio.
" E' appena sbarcato dalla Capinera. Perché ti interessa tanto?"
La piccola Angela cominciò a piangere infastidita.
" La Capinera non è la nave del Moro?"
" Sì, e con questo?"
" Non lo so, quando l'ho visto ho avvertito una sensazione di pericolo, non per me, per Angela".
" E' perché sei troppo legata a questa bambina, guarda come la vizi. Devi anche educarla Yael. E ora vai a casa, vai a casa e stai tranquilla."
" Non vorrei che Amos..." e Yael, lasciando la frase in sospeso, cercò di calmare Angela che manifestava tutto il suo disagio, quasi lo studio buio e soffocante del vecchio la racchiudesse come un animale in trappola. Dicono che il corpo ricordi e forse la bambina ricordava la fame di quelle sue prime ore di vita, ricollegandola all'odore di libri di quel luogo e al rifiuto, soprattutto al rifiuto che in quella stanza si era concretizzato in uno scambio che, come un fagotto, l'aveva fatta passare da una mano a un altra, mentre il suo pianto lacerante, allora come oggi, riempiva quell'aria spessa, stantia che sapeva di chiuso, di lacrime, sussurri e problemi che venivano quotidianamente riversati sulle spalle del vecchio rabbi.
" Amos cosa?" la interruppe il vecchio, gli occhi dallo sguardo calmo e fermo e la barba bianca ben pettinata, che era solito accarezzare quando aveva bisogno di riflettere, come ora, per comunicare poi all'interlocutore un po' della sua sicurezza.
" Vado, la bambina è vivacissima: ha voglia di camminare" e, così dicendo, la giovane Yael uscì dalla stanza raggiungendo l'ingresso. " Fidati del rabbi..." le sussurrò la zia, prima di abbracciarla e aprirle il portoncino, mentre lei, con un sospiro di sollievo, scivolava rapida lungo il vicolo, stringendosi addosso Angela che, già rasserenata, si stava addormentando sulla sua spalla.
(continua...)

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