martedì 5 gennaio 2010

Scrivere

Scrivere è dare voce ai muti, sollievo agli angosciati. E' dimenticare la paura, relegandola nel mondo che ci lasciamo alle spalle, fuggendo su tappeti di parole come principesse su cavalli bianchi. E'guardare in faccia le nostre emozioni perdendo il vizio di spiarle dal buco della serratura.
E' osare per i tremebondi, mostrarsi per i timidi, credere per i titubanti.
Scrivere è inventare: una, due, cento vite quando l'unica che abbiamo non ci soddisfa. E' anche ricordare a noi e agli altri ciò che non deve essere dimenticato
Scrivere è costruire città di parole e accenderle di mille luci per sconfiggere la solitudine. E' capire la passione, cercando con costanza, fatica e sforzo di coglierne il gusto.
Scrivere è scoprire la nostra arroganza per indurla all'umiltà, confessando a noi stessi ciò che di solito, usando le parole come coltelli, diciamo degli altri. Scrivere è usare le parole come carezze, per comunicare mentendo, mentre le mescoliamo con l'abilità dei bari al tavolo da gioco e le lanciamo in alto come giocolieri abili nell'afferrare i loro attrezzi.
Scrivere è far gorgogliare le parole in gola come rosolio dietro a un sorriso, è farle scivolare, leggere come carezze, sulla pelle che amiamo.
Scrivere è far danzare le parole, farle volteggiare, scatenarle in sarabanda sfrenata e farle cantare... Poi, esauste, farle esplodere come fuochi d'artificio in un cielo estivo per ricordare che, come stelle cadenti, possono esaudire qualunque desiderio.

2 commenti:

  1. come sono d'accordo con te, cara laura, sull'energia delle parole, sulla loro possenza, sulla capacità di trasformare persone, situazioni quasi creandole dal nulla.
    ricordo di aver scritto una fiaba, alcuni anni fa, su una bambina che credeva agli unicorni e che vinta dalla consapevolezza che il suo unicorno, quello che la visitava nei sogni -anche in quelli ad occhi aperti- non sarebbe più tornato, si era rifugiata fra le braccia della mamma.
    tutti hanno pensato che la storia fosse stata quella, mentre il racconto doveva ancora arrivare: stava tutto nelle parole che uscivano dalla bocca della mamma, abbracciavano la piccola con amore, trasferendo su di lei l'impeto che solo certe parole hanno e sanno trasmettere, vitali e garbate, ma anche impazienti e scalpitanti tanto da trasformare le lacrime di domitilla-questo il nome della bambina-in una speranza.
    un abbraccio.
    s

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