mercoledì 4 maggio 2011

Una fra tante


 Il telefono squillava. Insistente. Si turò le orecchie. Inutilmente.
“Siiiii?” “Come stai?”. La sua voce le scivolò sulla pelle, le invase il cervello monopolizzandone i pensieri… Come allora. Allora quando? Quando la sua pelle beveva carezze, ascoltando parole, impossessandosi di risate…
“Come stai? Sai chi è venuto a trovarmi?”
“No” rispose, l’educazione austro-ungarica già allertata a nascondere le emozioni che quella voce le stava scatenando dentro. Come stava? Male, maledettamente male!
“Govanni” e, dopo un attimo di esitazione “te lo ricordi?”
“Sì, certo… ” balbettò.
“Abbiamo parlato di te… “
Ma non dirmi, avete parlato di me? E cosa vi siete detti? E tu, tu, cosa gli hai detto di me?
“Te lo passo, vuole salutarti”, e lo sentì ridere, quella risata leggera che usava con gli altri. Quella che gli uomini hanno sulle labbra quando parlano di donne.
Una fra tante.
Interruppe la comunicazione e poggiò la fronte sul vetro della finestra.
La pioggia scendeva stantia, gocce tutte eguali… Ne seguì una con lo sguardo mentre scivolava e spariva, una uguale alle altre, una fra tante.

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