giovedì 24 maggio 2012

La voglia di normalità

Lampeggiano nella stanza buia, illuminandola fiocamente, la spia del modem e quella, dimenticata accesa, della stampante. Mi giro nel letto (si fa per dire, date le difficoltà motorie) sbuffando: vorrei dormire ancora, ma sono sveglia e...  allegra. Mi piacerebbe... , oh Cristo, è meglio scendere dal letto e andare in cucina a dare da mangiare alla gatta. Ma nemmeno un progetto piccolo così? Un progetto gnomo o nano? Come indossare una tuta e uscire, arrivare fino al giardinetto davanti alla chiesa, annusare il giorno che nasce, un minuto di riposo sulla panchina e poi... in marcia, lungo via della Vittoria (sì, abito proprio in via della Vittoria, quindi non venitemi a dire che la vita non ci prende per i fondelli e  ride, rumorosamente, di noi!) sotto i noci che le ultime piogge hanno rinverdito, guardando le luci accendersi nelle case, le rose di maggio sbocciare nei cortili, le macchine sfrecciare sulla strada... con la sensazione di essere viva e "normale". Magari canticchiando, tanto nessuno mi guarderebbe. Forse ce la farei ad arrivare dal giornalaio; è un mio ex alunno e di solito scambiavamo quattro chiacchiere, cominciando immancabilmente da un commento sul tempo, sempre troppo freddo, o umido o caldo, sempre in ritardo oppure in anticipo una stagione sull'altra. Poi, dopo un'occhiata velocissima ai titoli di testa, un commento - di solito aspro, irato o, il che è ancora peggio, rassegnato, sulla politica - e via, di nuovo, sulla scia di un profumo di pane fresco, ancora caldo (che ben si combina con l'odore della carta appena stampata).
La voglia di "normalità" mi prende alla gola... la ingoio, la butto giù con la prima manciata di medicine della giornata. Mi consentono la vita, non la normalità. Apro la scatoletta della Miki, che si struscia sulle mie gambe, e... accendo il pc.
Buongiorno a tutti, ragazzi!



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