sabato 16 giugno 2012

La memoria dell'anima

Come tutti coloro che hanno commesso molti errori, aveva pochi rimpianti, ma uno, un rimpianto tardivo, si era fatto voluminoso, ingombrante: non avere cercato (o trovato?) testimonianze "dirette" della guerra. Si era accontentata di risposte sbrigative, sguardi obliqui... silenzi. Nei racconti dei parenti solo qualche storiella divertente - sempre la stessa - su  quegli anni, quasi la vita si fosse fermata, come nella favola de "La bella addormentata nel bosco" per quei cinque interminabili anni che si erano ingoiati anche la sua prima infanzia, di cui nessuno aveva più parlato.
"Tuo padre non era proprio in guerra... " e giù un sospiro, mentre a sua madre le parole morivano sulle labbra. "La fame, oh! la fame del tempo di guerra! Se l'avessi provata non ti sogneresti di lasciare il cibo nel piatto!" 
"Anche tu mamma avevi fame?" aveva chiesto..
"No, no, io ho sempre mangiato poco... " aveva risposto, cambiando discorso, sua madre.
A confondere le acque, ulteriormente, c'era una guerra "ufficiale" che veniva raccontata a scuola, ma era solo un arido elenco di date, nomi di battaglie, comportamenti eroici di combattenti - sempre gli stessi - che, incuranti del pericolo, morivano con il sorriso e un gagliardo "Viva l'Italia" sulle labbra. Era una guerra senza sangue, senza urla di dolore, senza bestemmie, senza stupri, furti, errori, vigliaccheria... una guerra senza audio e senza video. 
Il marito della zia aveva rischiato, appena ventenne, di perdere una gamba, in Russia, a Stalingrado, e quella ferita che gli percorreva la coscia dall'inguine al ginocchio, ogni tanto se l'accarezzava, mentre lo sguardo si perdeva, lontano, isolandolo da qualunque contesto. "E' la sordità causata, in guerra, dal fragore delle cannonate. E' la sordità che lo isola... " borbottava la zia, ma lei, confusamente, sentiva di non dover andare oltre, di poterla solo spiare quella terra di nessuno, quella terra in guerra, senza porre domande perché per nessuna ci sarebbe stata una risposta. 
La guerra era un mostro invisibile di cui s'intuiva la ferocia dalle unghiate con cui aveva sbriciolato carne e mattoni... Quanti mutilati (anche tedeschi) sulla spiaggia a Lignano, alla fine degli anni Cinquanta, e quante case sventrate lungo la strada che portava alla sua scuola. E suo padre che sputava per terra quando passava un tedesco, ma poi diceva che la colpa era delle sigarette.
"La peggiore delle guerre: una guerra civile!" Ma come?, la maestra le aveva insegnato che civile significava corretto, ammodo, ma suo padre litigava con i fratelli (gli zii) ogni volta che si vedevano in quella Trieste dove i soldati americani e inglesi passeggiavano sui moli con le "mule" triestine. Perché se la guerra era finita i soldati alleati erano rimasti? E la "Cortina di ferro" cos'era? E, anche se origliava, non capiva molto, solo che suo padre la pensava diversamente dal resto della famiglia e che loro (sua madre, sua sorella e lei) erano "messe male" con uno come lui, al quale la guerra non aveva insegnato proprio nulla. 
Non sapeva, allora, che non si parla proprio di ciò che fa più male, non si parla della sofferenza profonda, quella che scardina i principi del vivere civile; della violenza che ci portiamo dentro e che la guerra non solo esalta, ma legittima e premia... Non si parla. Per pudore, per vergogna? Di ciò che si è fatto o di ciò che non si è fatto?
Poi ci fu un vecchio partigiano, durante una manifestazione... Seduta accanto a lui, sui gradini del Duomo di Milano, lo ascoltò parlare e la guerra, il mostro invisibile, prese forma, si animò, ruggì, urlò, pianse, mostrò le ferite inferte per sempre all'anima. "Paura" lei chiese e lui le rispose: "Tanta!" e lo disse senza vergognarsi, fissandola con quegli occhi stanchi, da gatto, che hanno i vecchi. Poi, passandosi una mano gonfia, incerta, sulla faccia sudata, disse "Ho sparato e ucciso, con queste mani, e" aggiunse "è inutile che me lo chieda, se fosse necessario, lo rifarei... E' per questo, grazie a quell'orrore, che siamo qui, lei e io, in questa piazza, a manifestare, a poter manifestare, per evitare che quell'orrore si ripeta" concluse. E sorrise, travasandole dentro quella "memoria dell'anima" che fino a quel momento le era mancata, mentre intorno a loro, sopra il mare di folla, si gonfiavano di vento le bandiere. Come vele.

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