venerdì 31 ottobre 2014

Lettera a una dottoressa (continua)

E' stanca - penso guardandola. Scrive, non alza nemmeno la testa e risponde al mio saluto solo con un breve movimento del capo.
"Mi dica".
Continua a scrivere...
"Sono stati mesi di fuoco... "
"Sì?, mi dica",ripete.
Racconto.
Riprende a scrivere, sul suo viso non colgo nulla, nemmeno quando alza - finalmente - la testa e i nostri occhi s'incrociano. Sguardo piatto il suo, espressività nulla. Faccia da parkinsoniana (la sua non la mia).
"Ictus" - sussurra allungando la mano.
Le porgo la lettera di dimissione dell'ospedale dove sono stata ricoverata per l'ictus.
"Risonanza magnetica e radiografia ernie discali?" chiede interrogativa.
Le allungo una voluminosa carpetta.
Sfoglia, legge, scrive. Attenta.
"Attualmente lei prende...?"
Snocciolo terapia e posologia.
"Ha diminuito Madopar e Jumex. Perché?"
"Avevo crampi insopportabili alle gambe, soprattutto alle dita dei piedi"
"Con quali risultati? E' più rigida, più lenta?"
"Il Parkinson è migliorato, gli spasmi no".
MI fa alzare, camminare, muovere braccia e mani.
"Effettivamente, è molto sciolta... "
"Non è strano? - chiede mia sorella - ma sarà Parkison?"
La dottoressa si anima, un velo di rossore le imporpora le guance, mentre con voce tagliente sibila: "Sulla diagnosi non ci sono dubbi".
"Manteniamo inalterate terapia e posologia... considerati i risultati. Ci rivediamo tra sei mesi"
Mi restituisce la carpetta e mi dà la mano.
Esco con mia sorella. Zoppico vistosamente, i piedi inarcati e contratti mi danno un'andatura che un cinese d'altri tempi avrebbe trovato deliziosa. Le fitte alla schiena sono lancinanti.
"Il Parkinson è migliorato", cinguetta mia sorella.
"Io no", sussurro, aggrappandomi al bastone.

Gentile dottoressa, a livello statistico rappresento un successo, immagino, ma a livello umano? 

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