Com'è strana la vita. Ti affanni su un problema, dai fondo a tutte le tue capacità, non dormi di notte, ti scanni... Poi una mattina il problema sul quale hai concentrato le tue forze senza nemmeno scalfirlo, ti mostra, se non la soluzione, tutta la complessa alchimia che lo sorregge. Mi ronzava insistente da un po' nella testa questa domanda: "Perché un blog?" alla quale ogni tanto come la o di un sos o un intercalare ripetititvo si affiancava un "Perché non un blog?"
Cercherò di esser sincera nella ricerca delle risposte.
Qual è la prima opportunità che il blog mi ha offerto? Uno schermo bianco e un mouse, l'equivalente tecnologico di un foglio e una penna. Per farci che cosa? Per scrivere quando l'attività dello scrivere era ancora per me un hobby, una piccola mania, un vezzo, ma dentro la voglia di misurarmi con la scrittura avanzava come uno tsunami, un'onda anomale irrefrenabile e decisa. C'era stato un terremoto sottomarino - di cui nessuno aveva percepito né la violenza né la presenza - e quella passione era salita tra lapilli e fumo a incendiare il mare. Ma era appunto lava, magma. Era una scrittura giovane che eruttava da un corpo e una cultura profondamente segnati dal tempo. E da un sapere che si era alimentato di altri studi, temi diversi, riflessioni che di fantasioso non avevano nulla o quasi. Avevo letto libri di narrativa ma rubando spazio ai miei impegni familiari e professionali. Sapevo molto sulla Legge bancaria ma strutturare un racconto sarebbe stata un'esperienza assolutamente nuova.
La passione non si era andata potenziando in me parallelamente a una tecnica narrativa pronta a incorniciarla. Io mi diversificavo in un Giano bifronte che sapeva acquisendo competenze su argomenti che lo annoiavano, e si appassionava, inventandosi una tecnica che affondava ancora come i ricordi nei dialetti che li animavano, alle storie che io aveva appena cominciava a raccontare. Capivo che questo era il terreno che miei passi riconoscevano dopo tanto camminare e tanti paesaggi che avevo sempre sentiti estranei. Se a questo aggiungiamo la difficoltà che le donne spesso avvertono nell'afferrare i pezzi che le compongono, vivendo l'essere madri in modo alternativo e non complementare all'essere donne o professioniste, risulta facile capire la mia difficoltà nell'individuazione di un carattere specifico che mi consentisse di incasellare il mio blog. Ma se il riconoscimento della mia fantasia, della voglia di raccontare era la grande sorpresa che la vita mi aveva riservato quando rischiavo di scivolare ormai definitivamente nel dejà vu, valeva la pena di darsi tanto affanno ad analizzarla, quasi si trattasse di una tecnica gestionale da approfondire? E cogliere invece questa opportunità ulteriore che il blog dava di misurarmi in ambiti diversi da sottoporre all'altrui giudizio per poter riconoscere imiei talenti? E, con nuove chance in saccoccia, partire, zaino in spalla, per terre sconosciute da esplorare e vivere?
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