Leggo su internet consigli per scrittori inesperti che, se nulla possono togliere alla mia passione per la scrittura, mi fanno riflettere sulla "vocazione" dello scrittore, sulle modalità con cui si manifesta, sulla difficoltà che incontra chi voglia tentare di ingabbiare entro parametri rigidi l'impalpabile leggerezza di una passione, com'è, appunto, quella del narrare...
Ho trovato anche un blog in cui si afferma che la scrittura nulla avrebbe a che fare con la lettura.
Io ho sempre pensato che ogni scrittore si portasse addosso come caratteristica genetica il vizio della lettura, una smodata dipendenza dalla carta stampata, e non soltanto perché hanno in comune, lettura e scrittura, la parola (mi si potrebbe obiettare che è potente mezzo di comunicazione anche verbale) ma perché la parola scritta è diversa... Come? Come una donna nuda o vestita, che sempre donna è, ma se vogliamo entrare nel complesso gioco della seduzione e della schermaglia amorosa la dobbiamo coprire, non per proteggerla dal freddo, ma per sollecitare l'immaginario che dell'abito si servirà, come lo scrittore della parola, quale mezzo, accesso alla fantasia e all'imprevedibilità dell'erotismo rispetto alla prevedibilità della sessualità.
Chi scrive ama le storie, i racconti, le fole che ha sentito dalla voce di sua madre o che ha letto. E i cartoni animati, la tv o il cinema, moderni dispensatori di illusioni fiabesche? Be', li ha visti, ma lui, il potenziale scrittore, non se la beve così come gli viene raccontata. E' persona alla quale la storia, come la vita d'altronde, non basta. Deve cambiarla, inventare un finale diverso, immaginare un personaggio che, creato su due piedi, entri in gioco sparigliando il tutto, altrimenti che storia/vita sarebbe? Il lettore e potenziale scrittore può essere dominato soltanto dalla bravura dello scrittore e, comunque preferisce immergersi nella storia, piuttosto che esserne sommerso poiché le modalità, i tempi e le pause della lettura, le decide lui, contrariamente a quanto avviene sul piccolo o grande schermo. Per questo motivo privilegia e ha privilegiato il libro, perché gli permette d'interagire con lo scrittore, criticare, rimuginare....
Per quanto attiene alla tecnica narrativa è importante, ma segue, come la polvere sulla scia di un refolo di vento, la scoperta della passione narrativa.
Ciò che vero non è deve però essere verosimile e, quindi, rispettoso dei nessi logici che legano eventi e personaggi nel loro interagire. Siamo d'accordo, ma le rotte sul mare sono o potrebbero essere infinite ed è questo bisogno di spazi illimitati che spinge uno scrittore a prendere il mare, a navigare come Colombo alla cieca, a rischiare un naufragio per soddisfare la sua insopprimibile curiosità. A mio avviso, imparerà a navigare sulle ali della fantasia, e questa sarà il suo vento in poppa anche se, come con il vento le vele, dovrà essere contenuta e domata. Che vuol dire tenuta al guinzaglio non alla catena, perché se si può apprendere la tecnica narrativa, quel mix di infantile potenza/prepotenza, scatenata immaginazione, arrogante presunzione e insopprimibile curiosità che alimenta il narrare non può essere ingabbiato, soltanto filtrato depurandolo di ciò che lo ha reso nostro per restituirlo al mondo come sentimento universale. Poi seguirà la fase tecnica con i suoi tempi, la fatica, la lettura e rilettura, la sintesi che si ottiene tagliando...
Lo scrittore non è fatto soltanto di controllo e competenze. E la passione? Viene data per scontata? Ma il miracolo e/o mistero è proprio la passione narrativa con la sua incontenibile esplosione di genialità, il resto è acquisizione di regole, necessarie anche se faticose e queste sì uniformi e standardizzate.
Che stanno lì in attesa di... un colpo di genio che le azzeri?
Scherzo, ma non del tutto.
Voi cosa ne pensate?scrittura
Come non capire il tuo sfogo. Se la scrittura è passione, pulsione compulsiva che trascende la regola, se è sentire le parole comporsi nelle dita e prodursi di getto, su carta o sul video poco importa; se è davvero l'esigenza incontenibile che molti di noi avvertono salire come una marea, e sommergerli, allora ha due tempi. C'è un tempo per consentire all'universo parallelo che è per me la creazione di un racconto, credibile perchè affonda le sue radici nel vissuto di chi lo compone senza per questo necessariamente ricalcarne le orme; c'è un tempo perchè la regola convenzionale, ma anche l'affinatura dello stile, la revisione attraverso canoni stabiliti ma anche secondo must che permettono al lettore di apprezzare fino in fondo la qualità dello scritto. La seconda fase, paradossalmente, è la più difficile. Scemata l'euforia della creazione, l'artista lascia il posto all'artigiano, il cui lavoro di cesello dovrà ottenere all'opera l'ottimizzazione delle sue potenzialità. Artista e artigiano, dunque, due facce dell'autore. Ma sebbene si senta spesso affermare che non è il talento creativo il fondamento su cui si basa la 'fortuna' di uno scrittore, quanto lo sia piuttosto la capacità di confezionare un'opera scevra da grossi errori, e dunque adeguata all'incontro con il pubblico, io dissento. Preferisco leggere - e scrivere- passi gonfi di evocazione, tratteggi di un'idea che mi permetto ( e che permetto ad un fantomatico lettore) di espandere in seguito, input assolutamente impagabili per un'immaginazione fervida, di cui la lettura si nutre, e mai in modo autoreferenziale.
RispondiEliminaUn abbraccio,
s
Come al solito, Silva, ci capiamo....
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