Davanti ripiani ricolmi di scatole di biscotti: tutti i biscotti del mondo. A destra caffè, tè e tisane. A sinistra... una macchia nera che si accendeva di luci come un albero di Natale nel buio della notte.
"Devo stare calma" pensò mentre la sensazione d'instabilità andava aumentando. Si appoggiò al carrello e spalancò la bocca in faccia alla commessa dei prodotti da banco che, guardandola interrogativa, le stava chiedendo: "Desidera?"
"Aria" rispose - fortunatamente farfugliando - mentre un vago sconcerto si disegnava sulla faccia della donna. Era passata da un reparto all'altro senza vedere nulla intorno a sé, arpionata al carrello nel quale scaraventava a caso ogni tanto qualcosa. La musica in sottofondo le rimbombò nel cervello mentre allungando la mano, indicava qualcosa. Un altro pacchetto andò a canestro, lo specchio davanti a lei che le rimandava un'immagine di sé dall'espressione atterrita, quasi irriconoscibile.
La paura, quella sì reale, si nutriva di paure immaginarie che la sua vivida fantasia sollecitava.
Spalancò di nuovo la bocca. Dov'era l'aria?
E pensare che non aveva mai fumato per paura del cancro al polmone. Ma il fumo passivo?
Impossibile difendersi dalla stupidità altrui.
"E' questione di destino" pensò allungando il tesserino della Coop alla cassiera del supermarket.
"E' la tessera sanitaria". La donna davanti a lei appoggiò qualcosa sul bancone e attese.
Qualche borbottio di disappunto alle sue spalle.
"Lei fuma?"
"No" rispose la cassiera aggiungendo "Perché?"
"Non abbiamo tempo da perdere... Allora va avanti o indietro questa fila?" e la voce alle sue spalle assunse un tono stizzito.
Si voltò. Lentamente.
"Lei fuma?" chiese, fredda.
"E a lei cosa gliene frega?"
Altri borbottii si levarono dalla fila che si stava allungando.
Era a causa di uomini come quello, della loro arroganza, maleducazione e...
"Allora si muove o dobbiamo fare notte?"
Era sempre lui, il presunto fumatore.
"Io non ho fretta" disse.
"Ho la macchina in divieto di sosta, vuole muoversi?"
"Perché mai" pensò "è l'unica vendetta che mi posso concedere, farti prendere una multa" e con sollievo senti il respiro farsi profondo. Stranamente, improvvisamente profondo. Calmo.
L'uomo in fila strabuzzò gli occhi, il volto arrossato nel quale affondavano due occhietti porcini si contrasse.
"Non si faccia venire l'infarto per così poco" soffiò, serafica, guardandolo.
Poi, con l'incedere di una regina, si diresse verso l'uscita. Non l'aveva riconosciuta, in quella donna tremebonda e impacciata non aveva colto la linea morbida dei fianchi e la bocca generosa che l'avevano ingolosito, tanto... quanto tempo fa? C'era soltanto una macchina in divieto di sosta. Bella, lustra e scintillante. Salì sulla propria vettura, mise in moto, puntò la macchina dall'altra parte della strada. Il rumore di ferraglia si perse nel suono della sua risata.
Ingranò la retro, gli attacchi di panico erano iniziati quando lui l'aveva lasciata, i colleghi che la guardavano ridacchiando quando lui entrava nell'ufficio e lei gli moriva dietro.
Lo vide uscire, un'espressione di meraviglia sul volto, le mani che, portate alla testa, lasciavano cadere i sacchetti della spesa. La bocca spalancata a cercare l'aria, mentre quella donna gli sfrecciava davanti con la macchina e lui, anche se l'aveva solo intravista per un istante davanti alla cassa del supermercato, aveva l'impressione di conoscerla. E molto bene. E il panico lo colse mentre si chiedeva il perché e la paura, quella sì reale, si nutriva di paure immaginarie che la sua vivida fantasia sollecitava.
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