Ci fu un inverno - che anno era l’Ottantacinqe? - in cui nevicò per un mese e il termometro scese a meno venticinque. I vecchi scossero il capo e dissero: "Ora geleranno anche le radici delle viti... "
E così fu.
Mi chiedi come si possa capire se quello che sembra autocontrollo sia invece landa artica dei sentimenti. Non dalle parole che usiamo per spiegare ma anche per mentire. Negli anni questi cuori gelati imparano a mimare i sentimenti, ma se i gesti si possono imitare, lo sguardo, il sorriso tradiscono anche i più abili. Diffida di chi non ti guarda negli occhi. Diffida di certe labbra che sembrano una sciabolata inferta a un volto e che, come ferite subite, chiedono vendetta. Lo sguardo di queste persone è raggelante perché è il riflesso di un’anima vuota. E’ un deserto senza calore, una landa gelata senza brividi, un bambino senza innocenza. Mi chiedi se io abbia conosciuto…? Sì!
Mia nipote si accoccolò ai miei piedi, sul tappeto, mettendosi comoda e io cominciai a raccontare.
L’avevo conosciuta, questa giovane donna, banalmente, entrambe in fila per fare un pagamento alla posta. Mi aveva invitata a casa sua, una casa enorme arredata con un gusto personalissimo, raffinato e inimitabile. Regina incontrastata di questo regno fuori dal tempo lei, con i suoi abiti decadenti e un po’ assurdi, soprattutto per gli abitanti di quella spruzzata di case sparpagliate sulla collina: contadine emiliane che salutavano cerimoniose continuando a dare il becchime alle galline, il grembiule annodato sui fianchi, i cani che abbaiavano diffidenti a chiunque passasse davanti ai poderi.
Appena conosciuta mi aveva detto: “Bisogna fare attenzione a non soffrire troppo: il dolore è come il vetriolo: sfigura! Brucia, come un inverno di ghiaccio... ” (continua...)
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