"E questo chi è?" mi chiesi la prima volta in cui bussò alla mia porta, dubbiosa se farlo entrare oppure no. Era uno sconosciuto, un uomo ed era nero. Poi la mia innata curiosità ebbe il sopravvento. Abitava nel condominio, era in Italia da qualche anno e si chiamava Omer: veniva da uno dei tanti paesi africani dilaniato da guerre tribali. Parlava già bene la nostra lingua. Da quel giorno prese l'abitudine di venire ogni tanto a darmi un saluto e un giorno mi annunciò l'arrivo dall'Africa della moglie e della figlia. Non dimenticherò lo sguardo di Paola, la sua bambina di sei o sette anni, bellissima e... muta. Non parlava una parola d'italiano e si guardava intorno spaurita, attaccata alla gonna della madre che, in francese, lingua ufficiale parlata nel loro Paese d'origine, cercava di rassicurarla. Era vestita di rosa e sembrava non riuscisse a riscaldarsi come se quella ventata di freddo che l'aveva accolta in Italia, l'avesse raggelata. La moglie di Omer, anche lei silenziosa, impegnata a decifrare quel mondo che doveva apparirle così diverso dal suo, mi guardava e sorrideva. Diffidente. Paola imparò l'italiano a velocità supersonica, complice un dvd - La carica dei 101 - che sembrava affascinarla e che mi chiedeva sempre di farle vedere. Quando venivano a trovarmi i miei nipoti, scendeva e... si scatenavano. Ritagliavamo delle figurine nel cartone, le coloravamo e poi si sceglievano i vestiti da confezionare. Io ho un armadio pieno di stoffe che per le bambine divenne il luogo delle sette meraviglie. Inventavano personaggi e si calavano nei loro panni: vestito come un predone del deserto o un antico romano il maschietto e come principesse le femmine, con le mie scope che diventavano armi e gli scatoloni casette da realizzare con colla e forbici. Ascoltavamo musica o navigavamo sul computer che in pochissimo tempo impararono a usare con la facilità di apprendimento incredibile che possiedono i bambini. Poi questi pomeriggi si fecero troppo pesanti per i miei problemi di salute, i miei nipoti vennero fagocitati da corsi e impegni scolastici e ci vedemmo meno. Il padre di Paola, nel frattempo, vivendo sulla propria pelle tutte le difficoltà di coloro che affrontano un mondo sconosciuto, ostile, nel quale, a partire dalla lingua, tutto è estraneo, pensò di creare un'associazione che diventasse punto di riferimento per gli immigrati della zona. Quest'uomo intelligente e intraprendente che non si accontentava di aver trovato un lavoro e di aver potuto ricongiungersi alla sua famiglia voleva qualcosa di più. Quest'uomo lavorava, si guardava intorno, parlava con gli immigrati, ma parlava anche con la gente del posto. Aveva bussato alla mia porta, un gesto apparentemente irrilevante... Omer era ed è, come me, profondamente curioso. Vuole sapere, domanda e, aspetto che lo differenzia dagli altri, Omer sogna, non si vergogna di sognare. Un mondo diverso, un mondo migliore. Aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse a orientarsi nell'intrico della burocrazia, che compilasse domande, stendesse relazioni, conoscesse il burocratese. Per una delle tante stranezze della vita, coincidenze che non sono tali, la mia strada di ex professoressa in pensione, amante della scrittura, curiosa come lui, e ancora incredibilmente animata dalla speranza di un mondo migliore, si è incrociata con la sua.
L'associazione FUTURO è oggi una realtà e Omer, che è una vera e propria macchina da guerra, la dirige.Si sono già concretizzate alcune iniziative importanti, come il doposcuola per i bambini degli immigranti, feste intese come occasione di incontro e confronto, servizi e aiuti anche ai Paesi d'origine dei lavoratori stranieri.
Paola cresce, le è nata una sorellina, e guarda... Parla perfettamente l'italiano, in casa il francese, forse ricorda ancora il dialetto della sua tribù d'origine... Forse un domani scriverà un libro o sposerà un italiano... Chissà?
C'è ancora tanto da fare e cambiare nel mondo e si può cominciare anche così: bussando alla porta di una sconosciuta e facendo entrare uno sconosciuto.
Bellissimo , Laura! Fa il paio coi miei racconti di "incontri speciali" con immigrati. Quando pubblicai " Una storia d0amore" e "come la cana"sulla mia pagina di Facebook, infatti, chiedevo che ciascuno che avesse esperienze significative da narrare sull'argomento, lo facesse. Anche questo è un contributo importante. Non è poco. Anche passando da questi vissuti si può ottenere qualcosa, si possono creare legami e smussare diffidenze. E in più, tu come sempre, sai raccontare!Marilena
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