Splendida vita quella dello scrittore, anche se all’interno di questo post di Giulio Mozzi gli ostacoli che lo scrittore incontra sul suo cammino sono tutti correttamente segnalati. Perché in questa filière editoriale lo scrittore è l’artista, è il pifferaio magico, è il cantastorie fascinoso che sa incantare colui che legge penetrandogli dentro e aprendogli le porte del mondo fantastico che la sua arte gli consente di evocare.
Se poi, di questa capacità di narrare che gli è stata data in dono dalla complessa e oscura alchimia che decide delle caratteristiche di ognuno di noi, lo scrittore volesse fare strumento idoneo a consentirgli di vivere, trampolino di lancio per acquisire notorietà, se non addirittura espressione di una genialità o presunta tale idonea a farlo diventare ricco e famoso, beh, allora la faccenda si complicherebbe notevolmente e, su questo punto è inutile mi dilunghi perché l’autore del post, Giulio Mozzi, è concisamente esaustivo.
Arte e denaro accostati producono un suono stridente, sono come il Diavolo e l’Acqua Santa. Essere uno scrittore e non uno scribacchino dipende da quello che si scrive e da come lo si scrive e, sarò un’illusa?, questo è l’aspetto che più inquieta chi narra o tenta di farlo. L’artista è un vanesio, nonostante possa essere anche timidissimo, e la sua arte è come il panno rosso del matador: danza davanti al pubblico dell’arena incatenandone lo sguardo a ogni gesto, a ogni spostamento, a ogni guizzar di muscoli del matador che, appunto, mata, uccide o viene ucciso.
Che cos’è infatti l’arte, qualsiasi forma d’arte, se non l’espressione estrema, e quindi anomala, della normalità?
Nessun commento:
Posta un commento