venerdì 17 giugno 2011

Alla fine la vita ti prende sempre, o quasi, per i fondelli

Ho visto ieri La versione di Barney del regista Richard J. Lewis. Risulta sempre difficile portare sullo schermo (?) un romanzo, ma nel caso in questione tale scelta avrebbe richiesto, boh, una bravura sovrumana. Se il film si salva è soprattutto grazie alla indiscussa bravura di Dustin Hoffman e Paul Giamatti.
Ricordo di aver letto il libro, anzi di averlo divorato, in una notte o poco più, resa particolarmente percettiva da una febbre da cavallo per un'influenza che mi aveva costretta a letto. Mordecai Richler, quando decide di scrivere la sua autobiografia è appesantito, ma più che dagli anni, dalla vita e lo sa, ma vorrebbe conoscere le ragioni di quel peso, frugare nel sacco che gli pende sulle spalle, quel sacco gonfio di errori, bugie sussurrate a mezza voce, piccole e grandi vigliaccherie, intelligenza genialmente ignorata e presuntuosamente rivendicata. Ma è anche malato, e questo non lo sa, ma è troppo intelligente per non intuirlo. E allora, per non impazzire o esagerare con la depressione, si ancora alle parole, s'incatena alla  terra attraverso i ricordi, i suoi ricordi, quelli che lui sceglierà di selezionare per costruirsi una vita che possa rendere accettabile, giustificandola, la violenza della morte. Ma è ateo, ebreo, ironico - ancora, disgraziatamente per lui, intelligente - e quindi dalla sua memoria tracima il vero Barney, un po' coglione, apparentemente disincantato ma tanto ingenuo e fragile da credere all'amore eterno, ben sapendo che è amore di sé e per sé, e che nulla, o ben poco, ha fatto per rispettare questo sentimento, per preservarlo dai miasmi mortali del suo egoismo. A fare da sfondo alla sua storia tutta l'arroganza di quel mondo americano, stereotipato e fasullo, in cui si agitano scrittori, pseudointellettuali, registi radical-scic che passano la vita a sbranarsi, malignando uno alle spalle dell'altro e, sempre a scapito di qualcun altro, ad arricchirsi. Ma la memoria - il serbatoio della sua vera vita, il porto sicuro dal quale fuggire ma sapendo di poter sempre tornare - gli si rivolterà contro... Smangiato dall'Alzheimer, riafferrerà brandelli di emozioni autentiche, squarci momentanei di una vita che, come quasi tutti noi, avrebbe voluto diversa, ma senza avere la capacità di renderla tale.
Nel film, purtroppo, la profondità, l'ironia e l'incanto che accendono il romanzo, sfumano, rendendo la storia piacevole, ma nulla di più.

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