venerdì 8 luglio 2011

Storia di nebbie e acquitrini (puntata n°21)

Grazie a Dio si torna a casa! - pensava, a sua volta, Marilena, guardando dal finestrino del treno la campagna che le sfilava davanti agli occhi. Accanto a lei sedeva Gualtiero, silenzioso come sempre. Intorno, famiglie con madri che scartocciavano pane e marmellata per i bambini e padri che dormicchiavano o chiacchieravano tra loro. Le abituali chiacchiere da treno tra sconosciuti, con i figli che piagnucolavano o si rincorrevano - i più grandicelli - scansando fagotti e pacchi, infilandosi in ogni spazio libero, rimproverati dai genitori. Il treno si fermava in continuazione, caricando e scaricando passeggeri che si facevano spazio a fatica, sistemando cesti e fagotti. Marilena e Gualtiero viaggiavano in terza classe e molti tra i viaggiatori erano contadini, riconoscibili sia dall'impaccio che procurava loro indossare 'l'abito buono', sia dalle mani callose e abbronzate che tenevano in grembo, sedendo rigidi come davanti al medico o al notaio. Le donne sposate vestivano di scuro, i capelli raccolti in crocchie o annodati in trecce, coperti dai fazzoletti, rigorosamente neri. Alcune allattavano appoggiando sul seno, pudicamente, lo scialle; altre chiacchieravano scambiandosi informazioni sui paesi di provenienza, sul tempo e... sui bambini dei quali, chissà poi perché, comunicavano età, nome, anno scolastico frequentato, come fossero davanti a un impiegato dello Stato civile.
Sto diventando acida - pensò Marilena, notando che nessuno si rivolgeva a lei, divisa, quasi isolata dalla gente che la circondava da un muro invisibile. Non le era sfuggito che, invece, si rivolgevano al marito come fosse uno di loro: quando quella bottiglia di vino, spuntata da un fagotto, era arrivata - di mano in mano e di bocca in bocca -  fino a Gualtiero, era bastato ne bevesse una sorsata esclamando: "Frizzante al punto giusto come dev'essere il nostro vino" per consentirgli di dire la sua su vini, vitigni e tappi e cantine... mentre lei, Marilena,  fissava quelle sue mani bianche, lunghe e sottili, mani da 'signora', abituate a stringere matite colorate e penne, a sfogliare pagine di libri...  mani che, ora, le giacevano in grembo leggere e bianche come ali di farfalla.
Ma un brusio allarmato, seguito da un innaturale silenzio - anche i bambini sembravano essersi improvvisamente zittiti - la distolse dai suoi pensieri. Due uomini in borghese erano entrati nello scompartimento e uno dei due, quello più alto, portandosi una mano al cappello quasi fosse abituato alla divisa e a scattare sull'attenti, aveva detto a voce alta, per farsi sentire da tutti: "Controllo dei documenti!".
Marilena aveva aperto la borsetta, alcuni viaggiatori, sbottonate le giacche, avevano infilato le dita nei taschini interni, mani di donna avevano iniziato a rovistare tra i fagotti, mentre i due uomini passavano di posto in posto, di passeggero in passeggero - un'occhiata al documento e una al proprietario - veloci. Efficienti. Soltanto in quel momento Marilena aveva incrociato lo sguardo del suo dirimpettaio. Muto, opaco di terrore. In quelle mani tremanti, in quella fronte imperlata di sudore aveva colto una disperata richiesta di aiuto: fingendo di sentirsi male, aveva spostato le gambe piombando sulla spalla del marito, per lasciare all'uomo la possibilità di aprirsi un varco in quell'intrico di borse, gambe, fagotti e bambini. Lui era scattato, balzando in piedi, il terrore che lo faceva volare calpestando tutto ciò che trovava sul suo cammino. Dietro a lui, altrettanto veloci, come cani su una preda stanata, erano partiti all'inseguimento i due uomini in borghese.
(continua... )

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