giovedì 11 marzo 2010

Egon Shiele

Egon Shiele occhieggia minuto, gli occhi grandi, neri e febbricitanti che fissano dagli ingrandimenti fotografici affissi alle pareti il visitatore. Esplode e, in fretta con la velocità con la quale una meteora solca il cielo luminosa e poi si spegne, compie il suo itinerario artistico All'ombra di Klimt, il maestro a cui s'ispira non soltanto nel tratto pittorico, ma nel bisogno di infrangere le regole di un perbenismo borghese che inquadra e irreggimenta, muove i primi passi. Il tratto iniziale è precisissimo e attento, ma le prime figure femminili già tradiscono una passionalità che il suo corpo minuto non sembra in grado di contenere. E' al rosso che affida il compito di evidenziarla, il rosso che esplode negli abiti, che incatena lo sguardo agli stivaletti dai quali slanciate e impudiche emergono le gambe nervose delle sue modelle, viste di lato, spalancate, di schiena, con i talloni rotondi che tastano il terreno e si allontanano... Da lui? Da un mondo che sta per esplodere nell'orrore della prima guerra mondiale? La femminilità diventa l'anima della sua pittura, la femminilità che aggredisce il visitatore in quella carrellata di donne scomposte che ritraggono un immaginario femminile che spazia dalla madre cieca, esposta in una delle sale, che può spegnere gli occhi sul mondo perché il suo compito è solo quello di prosciugarsi allattando i figli, alle donne che esibisconi attributi femminili che sembrano inglobarle negando loro qualunque valenza che esuli da quella sessuale.
I quadri che non ritraggono figure femminili ritrovano una ricercatezza di maniera che nei colori accesi tenta di comunicare il prorompere delle emozioni e delle contraddizioni alle quali Freud darà una legittimazione accendendo i riflettori su un vissuto nascosto, prepotente, non più strizzabile nei bustini e occultabile sotto le gonne lunghe di cui la prima guerra mondiale farà piazza pulita definitivamente.
L'apoteosi di un percorso artistico che è scoperta di se stesso e delle proprie più intime pulsioni si conclude - nella mostra - su un corpo femminile adagiato e offerto allo sguardo di chi guarda su un lenzuolo stropicciato che incornicia cangiante più che un corpo un potere che quel lenzuolo sembra negare o evidenziare? lasciandoci intuire che cosa significhi per il grande pittore austriaco l’imperscrutabile potere di seduzione dell’eterno femminino.

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