giovedì 29 aprile 2010

Amarcord scolastico

Ieri alla televisione commentavano l'ultimo crollo di borsa, amplificato dalla speculazione. Servono nervi d'acciaio per speculare al ribasso, ma si guadagna  di più e in tempi brevi.
E i risparmiatori? Ricorderanno i miei alunni quelle lezioni? Gli argomenti esaminati secondo ottiche diverse cogliendone i vari aspetti: giuridico, tecnico, fiscale e, ultimo, quello etico? I mercati finanziari non sono, ma soprattutto non devono essere il Far West: ci sono interessi che vanno tutelati, ci sono leggi, a salvaguardia dei risparmiatori, a imbrigliare l'avidità dei raider. Ci sono? Non più: l'ingordigia è libera e cavalca nel Far West. Ricorderanno quei ragazzi, che ora sono adulti, che concludevo dicendo che l'aspetto etico era il più importante? Capitalismo e etica: un ossimoro? Era una domanda che ponevo a me stessa prima che a loro in quella Milano che si stava imbarbarendo, in quella Milano craxiana che avrebbe partorito il leghismo e Forza Italia... Avremmo potuto fare di più? A molti, troppi tra i miei alunni, mancava il supporto della famiglia. Erano soprattutto le madri lavoratrici ad avere abdicato a quel delicato compito educativo, fatto di presenza, esempio e attenzione, senza il quale un adolescente è allo sbando.  Arrivavano ai colloqui con l'insegnante stravolte, ingabbiate all'interno di troppi ruoli; molte divorziate, inserite in famiglie allargate non soltanto nel numero dei componenti, ma anche nelle problematiche. Si coglievano i segnali del disastro che si stava preparando, soprattutto in  quella città che amplificava problemi e opportunità e anticipava i tempi di reazione.
La televisione e il gruppo dei coetanei avevano la meglio sulle lezioni degli insegnanti. La scuola era faticosa, impegnativa; la televisione distraeva, divertiva, come andare a zonzo con il gruppo che dava un'appartenenza, ma omologava, e di solito verso il basso. Il mondo degli adulti scandiva una sola parola: denaro.
Loro, gli adolescenti, aggressivi per nascondere la vulnerabilità e la timidezza, erano frastornati. Noi insegnanti come strumenti didattici avevamo poco o nulla. Le scuole al pomeriggio erano chiuse, i laboratori antiquati, obsoleti. La normativa scolastica affidata a ministri impreparati era sempre più velleitaria e contradditoria, ispirata prioritariamente al conseguimento della riduzione dei fondi assegnati alla scuola.
La materia che insegnavo era squisitamente tecnica e nel corso dell'ultimo anno si affrontavano, analizzandoli, i mercati finanziari. Partire dalla definizione di mercato finanziario sarebbe stato decisamente scontato e noioso... Dovevo raccontare e incuriosire, stupire… Dovevo coinvolgere e far sognare. Con i mercati finanziari? I giovani hanno ancora un forte senso della giustizia, possono essere dei furfanti in boccio ma sanno perfettamente cosa è giusto e cosa non lo è  e non di rado l'insegnante in classe è un attore in scena: cammina o si immobilizza, modula il tono di voce, sorride, ride, diventa serio di colpo... e racconta: una storia. "Chi di voi non ha sognato almeno una volta, di diventare milionario?" Ai rampanti di domani luccicavano gli occhi, guardavano l'insegnante... e mollavano La Gazzetta dello Sport. L'argomento interessava. Come tutti coloro che hanno poche risorse, noi insegnanti , aguzzavamo l'ingegno, cercavamo di insegnare aggirando la fatica dell'apprendimento, stimolando gli studenti, il loro senso critico e non solo quello. In borsa si giocava o s'investiva? Era una considerazione etica che differenziava i due concetti? Etica e affari? Cominciavo a porre domande...La campanella era accolta con fastidio; l'ora era passata in fretta, l'operazione era stata impostata.
Compito a casa: ipotizzare la lezione di domani.
Ogni tanto una lezione mi veniva bene, come una frittella con il buco; sentivo che avevo catturato la loro attenzione, tacevano e non volava una mosca. Solo la mia voce risuonava… Il livello della comunicazione era alto: la classe, stranamente omogenea e compatta, ed io.
Era bello, ma era poco. Come combattere con un fucile contro un carro armato.
I ricordi si mescolano alle domande. Sarà dalla scuola che si dovrà ripartire? Dalla famiglia? Da quell'ossimoro: capitalismo etico, che già allora mi inquietava tanto?
Forse, forse proprio dall'etica.
"Non dalla morale, prof?"
"No!"
"Perché?"
"Troppo addomesticabile..."
Se lo ricorderanno ancora i miei ragazzi e le mie ragazze?

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